La mortalità delle api è ancora un indicatore che documenta il benessere ecologico ed economico del paese. Attraverso l’impollinazione le api sostengono la vita dell’84% delle piante, e del 75% di quelle di interesse alimentare. In Italia si stimano un milione e 100mila alveari, gestiti da circa 75.000 apicoltori, per un valore economico di circa 1.500 milioni di euro all’anno. Così, mentre l’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) è impegnata in alcuni progetti scientifici per esprimersi sul legame fra alcuni agrofarmaci sistemici (su tutti gli insetticidi neonicotinoidi) e la moria delle api, sono stati pubblicati diversi e autorevoli studi che dimostrano inequivocabilmente tale legame.

Gli insetticidi neonicotinoidi sono una delle principali cause della disastrosa moria delle api, e questo è confermato anche dai dati della ricerca che il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha affidato al Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), coordinata da Marco Lodesani. Certo alla moria delle api contribuiscono anche fattori di ambientali, come il cambiamento climatico o gli stress nutrizionali, o la scelta di ceppi d’api non autoctone, ma da quando il ministero della Salute ha sospeso l’uso dei neonicotinoidi per la concia di sementi, soprattutto del mais nel Nord Italia, la moria è considerevolmente diminuita. Perciò è importante che tale sospensione, in scadenza al 30 di giugno 2012, sia prorogata. E anzi occorre vietare definitivamente l’uso dei neonicotinoidi (di cui eravamo fra i primi utilizzatori in Europa), non solo nella concia del mais, ma anche in tutte le altre colture dove sono impiegati in spray o nella fertirrigazione.

Tanto più questi insetticidi non aiutano nemmeno ad aumentare le produzioni, come attestano i dati degli ultimi anni. “Dal 2002 al 2008 il calo della produzione nazionale di miele è arrivato progressivamente al 50%” dice Francesco Panella, presidente Unaapi (Unione nazionale apicoltori italiani): “Dopo la sospensione dei neonicotinoidi, invece, siamo ritornati alle nostre produzioni. Oggi, nonostante la crisi, l’apicoltura è uno dei pochi settori dove le aziende stanno crescendo”.

“C’è poco da discutere su questi insetticidi” commenta Vincenzo Girolami, docente di entomologia agraria all’Università di Padova:  “Servono solo ad aumentare il budget delle multinazionali e non le produzioni. Da quando sono stati sospesi per la concia del mais, la produzione del mais stesso è aumentata in modo incredibile. È da trent’anni che mi batto perché gli agricoltori siano abbastanza furbi da non usarli. Ora sul fattore della mortalità delle api interverrà l’Efsa, che la gente pensa sia un autorità europea indipendente, ma questo non mi lascia affatto tranquillo: metà dei miei colleghi ricercatori non sono veramente indipendenti ma sono in pratica pagati dalle multinazionali, tanto in Germania quanto in Inghilterra”. Perfino il pm Raffaele Guariniello, della Procura della Repubblica di Torino, è intervenuto nella vicenda mesi fa, conducendo un’inchiesta e accusando la Bayer CropScience di Milano e la Syngenta Crop Protection Italia di “diffusione di malattie degli animali pericolose per il patrimonio zootecnico e per l’economia nazionale”. Insomma la ricerca del Cra e di tutte le università che vi hanno collaborato, ha portato finalmente alla creazione di una rete di monitoraggio nazionale degli alveari e del loro stato sanitario: da ciò si è visto che per salvare le api, e dunque l’agricoltura, bisogna cambiare i metodi di lotta agli insetti dannosi. Oppure tornare a far ruotare le colture.

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