Si vede che le elezioni amministrative sono alle porte. E si vede anche che i sondaggi stanno penalizzando in modo feroce tutti i partiti, non solo quelli colpiti dagli scandali. E siccome tira una gran brutta aria ieri, sulle ceneri ancora calde della Lega, Pierluigi Bersani ha imbracciato la manichetta del pompiere per spegnere sul nascere ogni nuovo incendio polemico sulla legge sui rimborsi elettorali ai partiti.

“Facciamo subito un testo per cambiare questo scandalo!”, è stato il grido (populista) di battaglia. Un Lusi, in fondo, può anche sfuggire al controllo, così come un Belsito. Solo che, adesso, in Parlamento gli sguardi si sono fatti mogi mogi. Intanto Ugo Sposetti l’uomo che ha risanato le casse dei Ds e che ha ancora in mano le chiavi delle Fondazioni che fanno capo al Nazareno e che è anche il padre della famigerata legge in questione, quella sui rimborsi, la sua legge la difende strenuamente: “Togliere i finanziamenti ai partiti – ha detto anche ieri – è una pura follia”.

Però, dopo il crollo del Carroccio sotto i colpi dei fondi in Tanzania, delle macchine del Trota e del denaro per il “gigolò” di Rosy Mauro, sembra comunque più igienico dare addosso alla legge; l’imbufalito elettorato italiano potrebbe ammorbidirsi un po’. Val la pena provarci. Ecco, dunque, l ’ armiamoci e partiamo “con una nuova legge!”. “I fatti gravissimi delle inchieste giudiziarie – scrive Pier Luigi Bersani, ad Alfano e Casini con un’enfasi da Istituto Luce – rendono ormai improrogabile il cambiamento delle normative”. Applausi a scena aperta. Casini e Alfano si sono prodotti in un minuetto grondante miele ed entusiasmo: “Siamo d’accordo con te”, ha risposto a tambur battente il leader Udc. “Con me sfonda una porta aperta”, ha ecceduto, come sempre con zelo il segretario pidiellino. Insomma, una corsa sfrenata a chi si taglia per primo le vene.

Bersani, davanti ad un simile coro, ha persino esagerato: “Mi pare ci siano le condizioni politiche per approvare in tempi brevissimi una legge di pochi articoli che abbia una corsia di assoluta priorità”. A quel punto, però, Casini ha voluto far vedere che, in effetti, era arrivato prima lui: “Caro Pier Luigi, molti degli argomenti che mi sottoponi sono contenuti nella proposta di legge, di cui sono primo firmatario. Procediamo rapidamente, passando dalle parole ai fatti”. E Alfano? Poteva essere da meno? Figurarsi. Eccolo, anche lui a rivendicare la primogenitura dell’idea: “L’ho già detto che mi farò carico di un testo sul quale lavora già il Pdl”. Ma guarda un po’. Certo, a onor del vero, il primo a muoversi era stato Di Pietro. Che grazie al suo innegabile fiuto giudiziario (Bossi era ancora segretario), aveva battuto tutti sul tempo presentando in Cassazione due quesiti per abrogare i rimborsi via referendum “per una politica di austerità”.

Sarebbe sorprendente. Come è stato sorprendente ieri veder riemergere dalla polvere delle commissioni ben 18 disegni di legge in materia di tagli (a firma Turco, Castagnetti, Pisicchio, Briguglio, Iannaccone, Donadi, Gozi…) e sentire persino Fini che ordinava subito “un testo unico da esaminarsi prima dell’estate”. Dal Pd, Matteo Renzi ha chiesto a Monti addirittura di abolire il finanziamento “domattina” mentre il tesoriere Antonio Misiani, ha invocato un “rafforzamento delle sanzioni”.

Una corsa davvero sfrenata. Che – siamo pronti a scommettere – s’inchioderà di nuovo. Quando le amministrative saranno ormai un ricordo lontano…

Il Fatto Quotidiano, 7 Aprile 2012

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