Dimettersi per una multa è troppo? Chris Huhne, ministro dell’Ambiente britannico nonché numero due del partito LibDem, ha lasciato ieri, dopo la decisione del Crown Prosecution Service, di procedere contro di lui per una multa del 2003. Il grave reato di cui è accusato può far sorridere: Huhne aveva convinto la ex moglie Vicky Price, nota economista spesso intervistata in tv, a dire che era lei alla guida della macchina beccata dall’autovelox per eccesso di velocità. Dimissioni non richieste, ma che in Inghilterra di fronte a un’incriminazione del genere sono un atto quasi dovuto. Huhne si è dimesso dichiarandosi innocente, ha detto che risponderà alle accuse in tribunale e in sostanza lo ha fatto per non arrecare danno al partito e alla coalizione di governo. “Non ridete”, ha detto così.

Perché qui il rapporto tra etica e politica è molto stretto. E soprattutto è considerato grave non la multa per eccesso di velocità, ma il fatto che un ministro abbia intralciato il corso della giustizia e mentito ai suoi elettori. Il reato per cui è incriminato è infatti “ostruzione della giustizia”, per il quale è prevista la pena massima dell’ergastolo. Nessun giudice sarà così talebano da arrivare a tanto, ma Huhne e la ex moglie, incriminata come complice, rischiano di finire in carcere per due anni.

È forse antipatico continuare a fare confronti. Ma di fronte a notizie come questa, difficile non pensare all’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, che sta cercando di patteggiare (quindi non si dichiara innocente, come Huhne) per i 13 milioni rubati al partito. Non si dimette Lusi e men che mai ci pensa il pidiellino Riccardo Conti, quello con i poteri magici che riesce a far lievitare in una notte il prezzo di un palazzo nel centro di Roma da 26, 5 a 44, 5 milioni di euro. E con loro tutti gli altri colti in flagranza, processati, condannati, casta di intoccabili trincerati dietro i privilegi parlamentari. Le dimissioni di Huhne, per un motivo in apparenza futile, sono invece il segno del rispetto che un ministro deve ai suoi elettori e ai cittadini. E lui rischia di fare la fine di tanti suo predecessori, ancora in cella per aver gonfiato le note spese e comprato le fioriere del giardino o la gabbietta dell’uccellino con i soldi dei contribuenti.

Il Fatto Quotidiano, 4 Febbraio 2012

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