I cittadini italiani più virtuosi che dalle prime ore di questa mattina hanno  provato a rispondere online alle domande del 15° censimento della popolazione italiana gestito dall’Istat, glorioso istituto nazionale di statistica, hanno avuto una pessima sorpresa: il sito ha manifestato importanti episodi di rallentamento ed evidenti malfunzionamenti. Colpa dell’eccessivo affollamento sulle pagine web, si è affrettato a spiegare l’Istat in un comunicato stampa: picchi di 500 mila collegamenti contemporanei.

Sarà anche vero ma la risposta lascia l’amaro in bocca: il censimento riguarda circa 8 milioni di famiglie italiane e la circostanza che l’Istat abbia sottovalutato il numero dei cittadini che avrebbero provato a compilare il modulo online significa che l’Istituto – che in fatto di numeri non dovrebbe avere eguali nel Paese – ha una visione dell’Italia più analogica di quanto non sia nella realtà.

Si tratta, d’altra parte, di una conclusione che trova conferma anche nella circostanza che per accedere all’area online di compilazione del questionario è necessario utilizzare una password stampata sul frontespizio della modulistica trasmessa alle famiglie italiane su carta a mezzo posta. Tale formalità, della quale si sarebbe potuto agevolmente fare a meno, risponde probabilmente allo scopo di sincerarsi che il questionario sia effettivamente compilato solo da chi ha accesso alla buca delle lettere delle famiglie italiane, altro indice sintomatico dell’approccio assai poco moderno con il quale l’Istituto di statistica guarda al Paese: possibile che nell’era dell’accesso e nella società dell’informazione, non ci fosse un rimedio altrettanto sicuro – ammesso che questo lo sia – per garantire che ciascuno si compilasse online il proprio questionario?

Bello smacco per il ministro dell’Innovazione Renato Brunetta, intrepido difensore della posta elettronica certificata: nel 2011 se il postino non suona alla porta, gli italiani non possono compilare neppure un questionario informativo online. Difficile muovendo da queste premesse sentirsi un Paese moderno.

O l’Istat ci vede meno digitali di quanto siamo nella realtà o c’è davvero ancora tanto da lavorare per combattere l’analfabetismo informatico nel nostro Paese. Sempre ammesso, naturalmente, che sia interesse di chi ci governa combattere il digital divide.

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