La nuova maglia della nazionale libica con i colori del Cnt

Il nuovo corso della Libia passa anche attraverso una partita di calcio. Che definisce e sottolinea la rottura con il passato e suggerisce nuove strade per il futuro. Stiamo parlando dell’incontro che si è tenuto sabato scorso allo stadio Petro Sport de Il Cairo, in Egitto, tra la rappresentativa libica e il Mozambico, gara valida per le qualificazioni alla Coppa d’Africa 2012, in programma nel prossimo mese di gennaio in Guinea Equatoriale e Gabon. La partita non è stata disputata in Libia per comprensibili ragioni di sicurezza. E gli spalti del Petro Sport erano vuoti. Anche qui, per evitare problemi di qualsiasi tipo.

La nazionale libica, ex giochino personale di Saadi, il figlio di Gheddafi con la passione per il calcio, si è presentata in campo per la prima volta con una maglia che riprendeva chiaramente i colori e la bandiera adottata dal Consiglio nazionale di transizione (Cnt). La casacca verde che tanto piaceva al regime è stata consegnata alla memoria, come simbolo di un periodo storico che in Libia sono ormai in pochi a difendere.

Per la cronaca, la partita è finita 1 a 0 a favore della Libia. Al triplice fischio finale, nel centro di Tripoli è iniziata una festa che è durata ore. E al diavolo le precauzioni e il timore di scontri o attentati, l’occasione per dare un calcio al passato era troppo ghiotta per lasciarsela scappare. Anzi, sono stati tantissimi i sostenitori a seguire in diretta la gara su un grande schermo allestito per l’evento nella piazza Verde della capitale libica. Perché il calcio, da quelle parti, era controllato in modo esclusivo dalla famiglia Gheddafi. Che decideva quale squadra fare vincere e come. E guai a esprimere il proprio dissenso durante un incontro. si racconta infatti che negli anni scorsi alcune persone siano state condannate a morte per aver manifestato il proprio disappunto nei confronti di Saadi. E che il Rais abbia impedito per lungo tempo di citare il nome di chi segnava un gol dal megafono dello stadio. Già, perché il padrone assoluto era lui e nessuno poteva superarlo in importanza e prestigio. Per questo, la partita contro il Mozambico aveva un significato particolare. Rappresentava, di fatto, la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Quasi sicuramente migliore.

La vittoria contro il Mozambico permette ora alla Libia di accarezzare l’idea di partecipare alla prossima Coppa d’Africa. E’ seconda nel girone C di qualificazione. Riuscisse a fare risultato nell’ultima gara contro lo Zambia capolista, avrebbe un discreto numero di possibilità di accedere alla fase finale del torneo continentale, raggiungendo così quota 3 nella speciale classifica che elenca le partecipazioni alla manifestazione. L’ultima risaliva al 2006. E la maglia che indossavano i giocatori era di colore verde, verde regime.

E dire che alla vigilia della gara erano in pochissimi a sperare nell’impresa. La ragione è presto detta. Il selezionatore brasiliano Marcos Paquetà ha fatto una fatica del diavolo a mettere in campo una formazione competitiva. Dei trenta giocatori convocati, hanno risposto all’appello soltanto in quattordici. E’ stato necessario chiamare alcuni ragazzi delle rappresentative minori per dare sostanza al gruppo. Tra gli assenti, anche Tariq Ibrahim al-Tayib, uno dei più forti giocatori libici, lasciato a casa perché qualche settimana prima si era schierato pubblicamente contro “i ribelli cani e ratti”. In compenso, c’era l’attaccante trentunenne Riyadh al-Laafi, l’autore del gol decisivo, che al termine della partita si è messo a piangere per la gioia, con lo sguardo rivolto al cielo per salutare suo fratello Moneer, ucciso dai fedelissimi di Gheddafi durante gli scontri di giugno a Misurata.

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