Il calendario dell’autunno inizia a infittirsi e a descrivere un percorso di mobilitazione contro la manovra economica, e contro il governo Berlusconi, che al di là della linearità delle date presenta moventi e progetti diversi. Un ruolo centrale lo ha assunto di nuovo la Cgil che si appresta a realizzare uno degli scioperi “più duri” degli ultimi anni solo dopo aver costruito l’unità sociale con Cisl, Uil e… Confindustria sia con l’accordo del 28 giugno che con il documento comune sulla crisi. La scena della conferenza stampa tenuta dalle “parti sociali” a palazzo Chigi in cui Emma Marcegaglia ha parlato a nome di tutti, anche di Susanna Camusso, risuona ancora nelle orecchie del mondo cigiellino e mostra quale errore di valutazione il segretario generale, e il gruppo dirigente che lo sostiene, abbia compiuto nell’ultima fase.

Ora, però, sia pure con una schizofrenia evidente, la Cgil prova a riprendere in mano il pallino della mobilitazione, provando nuovamente a sperimentare la tattica della “svolta” a sinistra per riequilibrare i rapporti con le altre parti, Confindustria in primis. E anche per parare i mal di pancia interni togliendo agibilità alla Fiom. In ogni caso il 6 settembre potrebbe diventare una data importante e di grande mobilitazione se davvero lo sciopero incontrerà una contestazione diffusa della manovra e una rabbia generale.

Intelligente, in ogni caso, la decisione della Usb di scioperare, sia pure su una piattaforma distinta da quella della Cgil – e nei fatti alternativa – nella stessa data del 6 settembre. Nel recupero di iniziativa a sinistra della Cgil, la decisione dell’Usb e degli altri sindacati, tra cui l’Orsa, ripristina le posizioni della sinistra sindacale e offre la possibilità a quei settori critici della stessa Cgil di sviluppare una iniziativa unitaria. Del resto, l’appello “Dobbiamo fermarli”, che ha superato le 1200 adesioni, è composto da delegati Cgil ma anche del sindacalismo di base e la scelta dello sciopero del 6 settembre ne rafforza i margini di iniziativa (comitati per lo sciopero? Comitati unitari di lotta, altro).

Nell’autunno che viene c’è però anche un’altra componente sociale che è decisa a giocare un ruolo. Potremmo chiamarla la cittadinanza attiva ma si tratta di settori, come il Popolo viola o i grillini, che interpretano anche esigenze sociali di equità contro la “casta” politica, alternative a un sistema politico e sindacale che spesso appare irreggimentato e burocratico. E così il 10 settembre si terrà a Roma la manifestazione “viola” che vuole accamparsi in piazza San Giovanni nella notte tra il 10 e l’11 seguendo l’esempio degli Indignados spagnoli e probabilmente determinando una dinamica importante dagli esiti imprevedibili. Lo stesso giorno anche Grillo sarà in piazza, davanti a Montecitorio, per chiedere un Parlamento pulito – ricordando le leggi di iniziativa popolare su cui il suo movimento ha raccolto le firme due anni fa – ma anche riprendendo un’iniziativa politica più generale. Ancora il 10 settembre, infine, l’assemblea nazionale promossa da Roma Bene Comune.

Difficile dire se queste iniziative faranno male al governo. Se lo sciopero dovesse intercettare una “rivolta” generale e quindi vedere un’adesione massiccia qualcosa potrebbe succedere. Così come se “l’accampamento” di piazza San Giovanni dovesse vedere un afflusso inaspettato, allora si movimenterebbe anche la scena politica.

Chi, certamente, è destinato a soffrire di questo calendario è il Pd, stretto tra i richiami al “bene nazionale” fatti dal Capo dello Stato, le pressioni del suo elettorato, gli atteggiamenti ondivaghi del suo gruppo dirigente. Il Pd è già andato nel pallone per la decisione della Cgil di scioperare. Immaginiamoci cosa accadrebbe se un migliaio di tende stazionassero nel centro di Roma chiedendo una rinnovamento generale della politica. E, ancora, cosa potrebbe accadere se si realizzasse un incontro tra piazze e istanze che, ai blocchi di partenza, appaiono poco componibili.

In realtà c’è chi lavora per fare in modo che movimento sindacale e movimenti giovanili, precari e “anti-casta” si incontrino. La Fiom si è già detta disponibile a dare vita al movimento degli Indignados italiani e il 30 agosto terrà un’assemblea nazionale aperta a movimenti, associazioni, comitati – ricordiamo anche il protagonismo dei referendari per l’acqua pubblica o dei NoTav – per provare a raccordare le iniziative. Nella stessa direzione va l’appello “Dobbiamo fermarli” firmato da esponenti del mondo viola, oltre che da molti settori della sinistra sindacale e radicale e che propone una grande assemblea nazionale il prossimo 1 ottobre.

Sullo sfondo c’è una data che ormai rimbalza tra una riunione e un sito internet, tra Facebook e Twitter: il 15 ottobre, giornata dell’indignazione europea promossa dai movimenti spagnoli. Per quel sabato si prepara una grande manifestazione a Roma – esattamente un anno dopo la manifestazione della Fiom del 2010 che invase la capitale. Sarà una manifestazione contro il governo, contro i sacrifici, per una politica economica diversa. Non potrà che creare fastidi anche al Pd. L’autunno dirà se sarà anche una manifestazione costituente di una nuova stagione politica.

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Silviomat

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