Salvate le Feste del Pd, le vecchie feste dell’Unità, e salverete il partito dalla bancarotta. È questo, in sostanza, il messaggio lanciato da Lele Roveri, organizzatore da anni della Festa dell’Unità più grande d’Italia e dell’unica che ancora porta questo nome (le altre ormai sono più anonime Feste democratiche): la festa della federazione provinciale di Bologna. Il problema numero uno nel capoluogo emiliano, come in tutta Italia (e in prospettiva delle prossime edizioni), è quello dei volontari: “Non siamo ancora in emergenza, ma da quest’anno stiamo iniziando a collaborare con le associazioni, perché in futuro lo zoccolo duro dei 65enni non potrà più lavorare”.

La festa dell’Unità del capoluogo emiliano conterà quest’anno 5 mila volontari “interni” (non tutti iscritti al Pd) e un migliaio messi al lavoro da altri soggetti tra cui l’Arci (una potenza a Bologna) e l’Avis, l’associazione dei donatori del sangue. Tutte associazioni già attive negli anni scorsi alle feste, ma che da quest’anno prenderanno in mano direttamente alcune iniziative della rassegna. Il partito, conferma Roveri, durante l’anno restituirà i “favori” alle varie associazioni: “Un po’ di mutualità deve esserci”.

Roveri è invece molto schietto nei confronti dei vertici del partito nazionale: “Il problema non è quello di trovare volontari, ma è l’auto-finanziamento. Senza le feste de l’Unità, il partito muore. Questo a Roma non lo capiscono”. Secondo Roveri il passaggio dai Ds al Pd ha pesato molto sul fatto che le feste abbiano perso peso.

L’unico posto dove le feste continuano ad andare forte, assicura lo stesso Roveri, è proprio l’Emilia, e in particolare Bologna: “Nei paesi della nostra provincia facciamo 120 feste, 6 anni fa erano 85”. Un dato in controtendenza con quello nazionale, spiega.

A Bologna quest’anno l’auto-finanziamento sarà fondamentale. Gli utili della festa bolognese, che negli anni scorsi si fermavano a 160 mila euro, quest’anno dovranno raggiungere almeno i 300 mila euro: in ballo c’è la sopravvivenza delle casse della federazione bolognese che ha dovuto affrontare la spesa extra e inattesa della campagna elettorale per le comunali, dopo le dimissioni del sindaco Delbono per lo scandalo Cinzia-gate. Oggi le elezioni sono state vinte, Virginio Merola è il nuovo sindaco, al Pd sono tutti felici, ma a recuperare quelle spese è stata chiamata la “macchina da guerra” di Lele Roveri che ogni anno fa numeri da capogiro: “Quest’anno taglieremo i costi, eviteremo gli sprechi e faremo di tutto per raggiungere quel limite dei 300 mila”, tutti destinati alla politica, spiega Roveri. Anche perché la campagna elettorale di Merola è costata qualcosa come mezzo milione di euro, la più ricca in assoluto, e quei soldi da qualche parte devono saltare fuori.

La Festa dell’Unità della Federazione di Bologna è un grande business economico (800 mila visitatori in 25 giorni, 4 milioni di euro di incasso lordo) con 105 attività, oltre 25 ristoranti e offerte commerciali di ogni tipo, concerti con nomi famosi, personaggi politici di calibro nazionale. Eppure la forza-lavoro di questa grande industria tutta emiliana sta piano piano andando in pensione e il ricambio rischia di non essere sufficiente.

I volontari sono già all’opera per la rassegna che si aprirà il 25 agosto per chiudersi il 19 settembre. Tra gli ospiti della festa ci saranno la premio Nobel iraniana Shirin Ebadi, Pierluigi Bersani, Rosy Bindi e due ministri Pdl, Altero Matteoli e Anna Maria Bernini. Tra gli artisti: il figlio di Bob Marley, i Modena City Ramblers e Sabina Guzzanti.

Poi c’è la questione della festa nazionale. Bologna non ospita più la festa principale del partito dal 2007, l’ultima festa dei vecchi Democratici di Sinistra. Sarà un caso che i vertici non scelgano più Bologna? “Dai primi tempi del Pd, gli anni veltroniani – spiega Roveri – la festa nazionale doveva essere più una location suggestiva, piuttosto che una festa verace come quelle bolognesi, tutta muscoli e tagliatelle”. E vecchi volontari col fazzoletto rosso al collo. Ancora per qualche anno, se non altro.

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