I reati contestati a Clemente Mastella nell’inchiesta sulle presunte clientele all’Arpa Campania sono pesanti: associazione per delinquere, appropriazione indebita, tentata concussione, peculato, truffa e abuso d’ufficio. Sono collegati a vicende riferite in vagonate di pagine di giornali: le assunzioni di 158 raccomandati nell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, le pressioni a un manager ospedaliero per favorire la nomina di un primario, la illecita compravendita di una casa di Roma ex patrimonio Inail che attraverso l’Udeur è finita in possesso ai suoi figli a prezzo di favore e aggirando le norme sui diritti di prelazione.

Ma secondo i suoi avvocati, l’ex Guardasigilli ed ex senatore va prosciolto subito e in udienza preliminare da tutte le accuse per una serie di ragioni. Il pm, dicono i legali, non gli ha contestato nessun reato inerente la gestione dell’agenzia, nel file dei raccomandati il nome di Mastella compare tra quelli dei segnalatori solo una volta, e non c’è prova che sia stato lui a sollecitare quell’assunzione e nemmeno conosceva il dottore che doveva essere nominato primario. Nelle 20 pagine circa della memoria difensiva depositata dagli difensori di Mastella, il professore Alfonso Furgiuele e l’avvocato Severino Nappi, compare però una ulteriore argomentazione che colpisce: alcuni dei reati relativi alla casa romana di Largo Arenula 34 vanno archiviati – affermano gli avvocati – perché manca la querela della parte offesa, il partito Udeur. Il presidente e capo indiscusso dell’Udeur è da sempre Mastella. A prendere alla lettera questo rilievo, il giudice dovrebbe proscioglierlo perché non si è autodenunciato. Bisogna però aggiungere che la querela poteva essere presentata anche dal tesoriere o da altra figura politica di rilievo all’interno del partito. In quegli anni il tesoriere era Tancredi Cimmino. Sentito due volte dal pm come testimone, Cimmino ha verbalizzato numerose accuse a Mastella. Ma non ha mai formalizzato una querela. Nel 2006, molto prima di essere ascoltato dagli inquirenti, aveva abbandonato il Campanile in polemica con la gestione mastelliana, candidandosi senza successo alle politiche nelle liste di Idv.

La mattina del 31 marzo il Gup di Napoli Eduardo De Gregorio aprirà quella che dovrebbe essere l’ultima udienza preliminare per i 53 imputati per i quali il pm Francesco Curcio ha chiesto un processo. Alla sbarra gli attuali e precedenti dirigenti campani dell’Udeur e gli ex vertici dell’Arpac. Tra i nomi spiccano quelli di Clemente Mastella e della moglie Sandra Lonardo, consigliere regionale ed ex presidente dell’assemblea legislativa campana. Il procedimento negli ultimi mesi è andato avanti nonostante la richiesta dell’avvocato Furgiuele di congelarlo, in attesa che la Corte Costituzionale sciogliesse il nodo sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Senato. E’ in ballo la richiesta di trasferire la posizione di Mastella (e dei suoi coimputati) davanti al Tribunale dei Ministri. La Consulta ha i suoi tempi, e sono lunghi. Nel frattempo il Gup ha rigettato l’istanza e ha deciso di andare avanti.

Nella loro memoria, i legali di Mastella criticano severamente l’impianto accusatorio della Procura di Napoli. A cominciare dalla questione delle assunzioni all’Arpac. “La mera indicazione Mastella C.” accanto al nome di soltanto uno delle 158 persone inserite nell’elenco ritrovato nel pc della segretaria del Capobianco (direttore Arpac, ndr) ed assunte dall’Arpac… rappresenta un indizio di scarsa rilevanza, giacché sprovvisto dei requisiti della ‘gravità’ e della ‘precisione’, oltre che privo di ulteriori elementi probatori con cui essere in ‘concordanza’ – scrivono gli avvocati Furgiuele e Nappi – ed invero, vista la genericità del riferimento, non è dato sapere né chi abbia materialmente provveduto ad inserire il nome dell’imputato né su impulso di chi ciò sia stato fatto”. I legali inoltre sottolineano che anche il pm ha utilizzato in fondo alcuni ragionamenti simili a quelli della difesa, visto che non ha incriminato tutti i ‘segnalatori’ (e nell’elenco deglii sponsor delle assunzioni c’erano politici di ogni partito e schieramento) ma solo alcuni. Definendo questa scelta “una irragionevole disparità di trattamento”.

Riguardo alla casa Inail di Largo Arenula 34, la ex sede del quotidiano di partito dell’Udeur (che nel frattempo ha chiuso), gli avvocati sminuzzano le accuse di truffa, peculato e appropriazione indebita attraverso una minuziosa ricostruzione dei passaggi societari che dimostrerebbero la regolarità delle procedure che hanno condotto all’acquisto dell’immobile e all’intestazione ai figli di Mastella. Questi i punti chiave: il Campanile srl, la prima società editrice del quotidiano di partito, era una società di persone fisiche e non di partito (creata da Mastella e da Tancredi Cimmino); i passaggi di denaro sono avvenuti attraverso i conti personali di Mastella e senza attingere alle risorse del partito; le procedure di compravendita della casa sono regolari perché il diritto di prelazione è stato esercitato da chi ne aveva diritto, senza raggiri o simulazioni; l’importo era adeguato, anzi non c’è stato lo sconto del 30% perché l’edificio era ritenuto di pregio. In ogni caso, rimarcano Furgiuele e Nappi, il codice penale è chiaro: per perseguire l’eventuale truffa e l’appropriazione indebita, senza aggravanti, ci voleva la querela. E doveva presentarla l’Udeur, oppure la nuova cooperativa che rilevò le edizioni del quotidiano dell’Udeur. Il partito dove impera Mastella.

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