L’Onu ha approvato la “no fly zone” e dopo poche ore sono iniziati i bombardamenti in Libia, guidati da Francia e Gran Bretagna, ma anche con la partecipazione alle operazioni del nostro Paese.

La guerra in Libia sta raccogliendo in Italia largo consenso tra le parti politiche. Ma nel Paese le posizioni non sono univoche. Ne è una prova il dibattito aperto sul nostro giornale da Massimo Fini, che in un articolo intitolato “Così la comunità internazionale crea figli e figliastri”, pubblicato sabato scorso a poche ore dall’inizio dei raid aerei, ha espresso chiaramente la sua contrarietà all’iniziativa militare.

“Noi – scrive Fini – che non abbiamo baciato la mano a Gheddafi, che non abbiamo permesso ai suoi cavalli berberi di esibirsi alla caserma Salvo d’Acquisto e al dittatore di volteggiare liberamente per Roma avendo al seguito 500 troie, e che parteggiamo per i rivoltosi di Bengasi, siamo assolutamente contrari a qualsiasi intervento armato in Libia. Per ragioni di principio e perché questi interventi internazionali sono del tutto arbitrari. Dividono gli Stati in figli e figliastri. Salta definitivamente il principio internazionale di “non ingerenza militare negli affari interni di uno Stato sovrano” insieme al diritto di Autodeterminazione dei popoli sancito a Helsinki nel 1975 e sottoscritto da quasi tutti i Paesi del mondo, compresi quelli che stanno per intervenire in Libia”. LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO DI MASSIMO FINI

Oggi, in un articolo scritto per il nostro sito, l’inviato di guerra Mimmo Lombezzi risponde a Massimo Fini e dice “Ecco perché è giusto intervenire in Libia”.

“Perché – scrive Lombezzi – oggi è giusto fermare Gheddafi ? Per le migliaia di giovani formatisi su Facebook (e non nelle madrasse) che sono scesi in piazza contro i fucili del raìs. Per gli ufficiali libici che hanno preferito morire fucilati piuttosto che sparare sul loro popolo. Per Mohammed Nabbous, il blogger ucciso dalle milizie di Gheddafi mentre documentava l’aggressione a Bengasi . Per riscattare la memoria dei lager, degli stupri, delle forche e delle “marce della morte” che hanno scandito l’occupazione italiana della Libia. Perchè quando le telecamere entreranno nei lager dove vengono stuprate le rifugiate eritree che avevamo “respinto”, il paese che si vanta di combattere lo “stalking” forse avrà qualche imbarazzo. Soprattutto, bisogna intervenire per dare una chance alla democrazia in un paese vicino dopo aver speso un decennio ad “esportarla” lontano soprattutto per baciare le mani a Bush. “Nessuno” scrive Massimo Fini “ha mai proposto una “no fly zone” in Cecenia dove le armate russe di Eltsin e “dell’amico Putin hanno consumato il più grande genocidio dell’era moderna: 250 mila morti su una popolazione di un milione”. E’ vero. Ma se in Libia possiamo farlo perchè non cominciare da qui?” LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO DI MIMMO LOMBEZZI

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