Una donna è stata violentata e picchiata brutalmente in Puglia qualche giorno fa. La donna versa in gravi condizioni in ospedale. Da più parti mi viene consigliato di non diffondere questa notizia: perché?

Contrariamente a quanto accade solitamente, quando cioè le notizie che riguardano stalking e violenze vengono commentate e diffuse sui social network da molte donne e anche uomini, in questo caso la notizia è stata riportata solo da qualche quotidiano e diffusa pochissimo.

La donna ha 76 anni e verrebbe da pensare che non se ne è scritto per una forma nemmeno tanto velata di discriminazione verso le anziane: “Tanto è vecchia”, pare essere il messaggio sotteso all’indifferenza; l’indignazione, quando c’è, è riservata al sopruso verso chi è giovane.

Mi sono ribellata dunque a questa ipotesi e ho diffuso la notizia per scoprire, ancora una volta, che la reticenza di molti gruppi femministi e giornalisti è dovuta al fatto che la violenza sia stata commessa da un ragazzo rifugiato di un centro Cara. 
Questa e solo questa la ragione dell’occultamento del fatto.

Anni fa partecipai a Milano a un incontro contro la violenza organizzato da un’importante organizzazione che di violenza si occupava. Si trattava dell’omicidio di una donna a Roma da parte di un cittadino rumeno. Con mio grandissimo stupore e rabbia, tutta la riunione fu spesa, ed eravamo solo donne, a valutare se fosse meglio diffondere o no la notizia perché trattavasi di cittadino dell’est europa e non si voleva incentivare il razzismo. Solo poche parole furono pronunciate a memoria della vittima.

Come femminista e come donna di sinistra mi ribello a questo comportamento e lo ritengo responsabile dell’allontanamento di molti cittadini e cittadine dai partiti e movimenti “di sinistra” 

Che una violenza sia commessa da un uomo italiano o da un migrante, vecchio o  giovane che sia, non deve assolutamente cambiare la nostra reazione: la denuncia va sempre e comunque espressa. Certo spiegando, certo motivando. Ma condannando sempre con fermezza.

Già ebbi modo di esprimerlo a inizio 2016 in occasione delle violenze a Colonia  che vennero archiviate con  l’esilarante raccomandazione per difendere le donne dalla violenza, espressa della sindaca della città tedesca: “Se i ragazzi nordafricani o mediorientali si avvicinano a voi, state loro a distanza ‘eine ArmeLange ‘, cioè teneteli a distanza di un braccio.

Il voler “proteggere” i migranti responsabili di reati odiosi, così come il ritenere che diffondendo le notizie negative che li riguardano, esattamente così come faremmo per i crimini commessi dai cittadini italiani, ritenendo che così facendo si possa fomentare il razzismo, stanno alla base dell’attuale pensiero di una certa sinistra italiana: elitaria e profondamente discriminante.

“Il popolo è pancia”, mi disse fiera una nota intellettuale ‘di sinistra’ lasciandomi basita.

E se il popolo è pancia, e dunque non in grado di ragionare con la propria testa, ecco che c’è chi si è autoeletto interprete di quel popolo incapace di intendere e volere.

E allora quel popolo che viene valutato non in grado di comprendere con la propria testa che una violenza è sempre una violenza indipendente da chi la commetta, lo si mantiene al di fuori delle scelte democratiche. “Non diffondendo troppo questo tipo di notizie” come mi è stato più volte consigliato, perché non sarebbe in grado di comprendere.

E con la stessa attitudine tronfia ed elitaria si trattano gli emigranti, i richiedenti asilo: proteggendoli tutti indistintamente come fossero bambini o incapaci di intendere, discriminandoli davvero in questo modo considerandoli così inferiori a noi.

Mi ribello e invito a ribellarci al dualismo che ci viene oggi proposto come unica possibilità: o sei razzista o accetti tutti i migranti a prescindere dal loro comportamento.

Esiste una terza possibilità ed è l’apertura e l’accoglienza mediata da regole e leggi,  necessaria per qualsiasi democrazia che voglia davvero accogliere tutti e tutte senza alcuna discriminazione. Facciamo che questa opportunità esista e si diffonda, senza timore di essere criticate ed emarginate!

C’è un ultimo punto, che è quello che mi sta più a cuore, ed è quello dell’educazione foriera di una buona convivenza.

In Nord Europa e in Canada si stanno sviluppando ottimi moduli educativi per i cittadini migranti che oltre all’indispensabile introduzione alla lingua del Paese ospitante, mirano a far conoscere usi e costumi anche per quanto riguarda i rapporti tra i sessi, che, come sappiamo, sono in Europa profondamente diversi da quelli vissuti nei Paesi di origine dai cittadini migranti.

Dopo la grande manifestazione per i migranti dello scorso maggio a Milano, quali sono stati i progetti educativi intrapresi per facilitare la convivenza?

L’educazione, la conoscenza, l’abbattimento delle barriere linguistiche, il rispetto: tutti valori democratici e ‘di sinistra’ sui quali invito a lavorare.

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