Se l’incontro tra Gianni Letta e Luigi Zanda ci sia stato o meno non è dato sapere. Di sicuro c’è solo che i desideri nutriti da Forza Italia su un possibile annacquamento del nuovo codice Antimafia alla fine hanno trovato terreno fertile nell’azione legislativa del Pd. Al Senato, infatti, il disegno di legge sostenuto da magistrati come il pm Nino Di Matteo, associazioni antimafia come Libera ma anche la Cgil e Legambiente, è stato cambiato ancora una volta. Il motivo? “Il problema dei problemi è l’inserimento dei reati contro la pubblica amministrazione nel novero dei reati inseriti nel catalogo, insieme a quelli di mafia, di terrorismo e di altri reati associativi, per i quali si possono applicare le misure di prevenzione, sia quelle personali che patrimoniali”, ha spiegato in aula il senatore Giuseppe Lumia, relatore del provvedimento insieme al collega Giorgio Pagliari. I due dem hanno presentato un emendamento che modifica ancora una volta il testo del ddl, approvato a voto palese, con 147 voti favorevoli, 40 contrari e 21 astenuti.

Nella versione licenziata dalla Camera e approdata al Senato – dove è rimasto dimenticato in commissione tra il novembre 2015 l’aprile 2017 – la più importante novità contenuta nel codice Antimafia era l’estensione del sequestro dei beni, già previsto per i mafiosi, anche alle persone accusate di una serie di reati. Nel dettaglio sono il peculato, la malversazione, l’induzione indebita a dare o promettere utilità, la concussione, la corruzione per esercizio della funzione, per atti contrari ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, l’istigazione alla corruzione.

L’emendamento di Lumia e Pagliari modifica proprio quella parte del nuovo codice: l’applicazione delle misure di prevenzione ai delitti contro la pubblica amministrazione viene legata alla forma associativa. In pratica si possono sequestrare i beni solo a chi viene accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato o di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti che vanno quindi dal peculato alla corruzione.  Una modifica che ovviamente restringe la possibilità di utilizzare le misure di prevenzione genericamente agli indiziati di reati contro la pubblica amministrazione, senza che siano stati compiuti in associazione a delinquere. E per questo motivo che i senatori del M5s hanno votato contro l’emendamento dei dem: “Quest’emendamento è troppo restrittivo. A favore di chi viene fatto il depotenziamento della norma? Non lo sappiamo”, ha detto in aula il senatore Enrico Cappelletti, annunciando il voto contrario dei pentastellati.  Solo per fare un esempio: nella prima versione del codice il sequestro dei beni avrebbe colpito anche Silvio Berlusconi che nel processo Ruby ter è accusato di aver pagato alcuni testimoni del primo processo (per corruzione e prostituzione minorile) al termine del quale è stato assolto. All’ex premier è contestata la corruzione in atti giudiziari senza il vincolo associativo: con l’emendamento presentato oggi in Senato, dunque, la sua posizione sarebbe al riparo da eventuali sequestri di beni.

Appena pochi giorni – secondo un retroscena pubblicato pochi giorni fa da Liana Milella su Repubblica – l’ex cavaliere avrebbe spedito Gianni Letta dal capogruppo del Pd al Senato per provare ad ottenere un alleggerimento della misura. Zanda aveva smentito definendo la legge “strategica” per il Pd e anche il senatore Lumia respinge al mittente qualsiasi contestazione simile, citando un autorevolissimo parere a sostegno del suo emendamento: quello del procuratore antimafia, Franco Roberti.  “La nostra- dice Lumia – non è stata una manovra politica, non siamo interessati ad ampliare la maggioranza o a nessun altro ragionamento simile. Il nostro emendamento è puramente tecnico: tutti i reati che fanno scattare quelle misure di prevenzione personale e patrimoniale indicate nel codice sono collegati da questo filo che è la caratteristica associativa. Il reato di mafia è di per sé associativo, i reati di terrorismo hanno questa caratteristica, ci sono magari altri reati che non conosciamo ma che sono inseriti nel codice, come ad esempio quello inerente alle associazioni sportive che esercitano violenza negli stadi, oppure, ad esempio, è prevista la misura di prevenzione personale e patrimoniale per la ricostituzione del partito fascista. In questo senso il nostro emendamento non è assolutamente frutto di mediazioni politiche ma risponde ad una specifica richiesta del procuratore Roberti“.

Il numero uno della Dna, però, nega una sua istanza diretta in questo senso ma parla semplicemente di un parere. “Mi è stato chiesto se le modifiche al codice così come erano fossero coerenti con l’ordinamento vigente ed io ho risposto di no. Il testo così come è uscito dalla commissione del Senato è un decalogo di reati: ma la misura di prevenzione si concede analizzando o il giudizio di pericolosità e di abitualità a delinquere del soggetto, oppure il contesto associativo. Per esempio: come si valuta la pericolosità o l’abitualità a delinquere di un funzionario che viene indagato per la prima volta per peculato o per corruzione? Sarebbe stato molto complicato. Tutto diventa più semplice con l’inserimento del vincolo associativo anche per i reati contro la pubblica amministrazione. In questo modo basta che sia contestata anche l’associazione a delinquere per ottenere il sequestro dei beni prima della condanna dell’imputato”. In questo modo, però, un “corrotto singolo“, che non fa parte di un’associazione a delinquere, si salva dalle misure di prevenzione sia in fase d’indagine che in caso di assoluzione anche se magari ha a disposizione un patrimonio non commisurato ai suoi guadagni. “Secondo me si sarebbe salvato comunque – dice Roberti – perché raggiungere la prova della pericolosità o dell’abitualità a delinquere sarebbe stato molto difficile. E in ogni caso ormai molte inchieste dimostrano che la corruzione va spesso a braccetto con associazione“.

Una spiegazione dettagliata e prettamente tecnica quella del numero uno di via Giulia che è stata trasformata immediatamente in alibi perfetto per pezzi della maggioranza desiderosi di ottenere un alleggerimento del testo. Verdiniani e alfaniani hanno fatto subito pesare i loro voti, fondamentali per l’approvazione del testo. “Con questa modifica il ddl è perfettamente conforme allo spirito del codice antimafia. Non lo sarebbe stato nel caso di mancato legame dei reati contro la pubblica amministrazione al vincolo associativo”, ha commentato entusiasta in aula l’alfaniano Nico D’Ascola.  “Voglio votare questo provvedimento che contrasta la criminalità organizzata e voi non mi potete fare il torto di non permettermelo perché mi ponete in una condizione di disagio di coscienza. Il mio è un grido: modificate questo testo, fateci correggere alcuni punti e permettete a tutti di votarlo”, ha detto il senatore di Ala, Ciro Falanga, dettando nel dettaglio le modifiche da lui auspicate: “Collegate i reati contro la pubblica amministrazione all’ex articolo 416 del codice penale. È un’esigenza anche tecnica per far sì che la pericolosità sociale, indispensabile per l’avvio delle procedure di prevenzione, sia chiaramente ravvisabile, anche per i reati contro la pubblica amministrazione”. Ventiquattro ore dopo è stato accontentato.

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