Il 30 ottobre del 1938 la Cbs trasmise il radiodramma di Orson Welles dal titolo “La guerra dei mondi”. Venne inscenato un attacco degli alieni agli Stati Uniti d’America. Furono menzionate inesistenti istituzioni accademiche per dare credibilità all’invasione. Vennero ascoltati finti testimoni oculari per raccontare l’evento con gli occhi dei presenti. Fu infine fatto ricorso alla più banale letteratura fantascientifica per descrivere lo sbarco degli extraterrestri.

Ancora oggi gli studenti di comunicazione di tutto il mondo ridono di quell’evento, studiandolo sui manuali di storia e chiedendosi come abbiano fatto circa un milione di cittadini americani a credere che gli Usa fossero davvero sotto attacco alieno. Eppure, circa 70 anni dopo, la storia si ripete.

I mezzi di comunicazione sono riusciti a dipingere di nuovo un mondo che non esiste. L’epicentro del racconto stavolta riguarda un solo alieno. Si tratta di Matteo Achilli. Classe ’92, Matteo è un giovane imprenditore digitale, salito alle cronache per aver fondato Egomnia, un social network per il lavoro. È stato definito lo “Zuckerberg italiano” da Bbc, Business insider, Corriere della Sera, Panorama, La7, Huffington Post, Millionaire e tanti altri. La sua storia è stata considerata meritevole di un film cucito su misura, The Startup, che verrà proiettato in circa 200 sale cinematografiche dal 6 aprile 2017.

Un mito, un eroe nazionale, un alieno made in Italy che starebbe conquistando il mondo del digitale. O almeno questa è la favola dipinta. La realtà dice, invece, che Egomnia è un social network disabitato, non produce un fatturato rilevante e non presenta alcun elemento degno di notiziabilità giornalistica, figurarsi meritare un film sulla storia del fondatore.

Dal punto di vista degli utenti, il social network che dovrebbe mettere in connessione lavoratori e aziende risulta una landa desolata. Una rapida ricerca all’interno del sito consente di verificare quanto la piattaforma sia solo una pallida imitazione di LinkedIn, vero leader nel social networking di stampo professionale. Per la categoria ‘Marketing’, ad esempio, su Egomnia sono presenti 21 offerte di lavoro in tutta Italia mentre su LinkedIn ne sono presenti 1.057 nella sola città di Milano.

Dal punto di vista del fatturato, una puntuale ricostruzione dei fatti di Gian Luca Comandini – esperto digitale e opinionista Rai per programmi come Mi manda RaiTre – evidenzia lo scollamento tra la realtà delle cose e le mirabolanti dichiarazioni di Achilli riprese dai giornali. “Bastava leggere una copia del bilancio e utilizzare strumenti di monitoraggio del traffico web – spiega Comandini – per scoprire che il sito è inattivo, la pagina Facebook popolata da molti fan fittizi e l’azienda lontana anni luce dai numeri del vero Zuckerberg. Al 31 dicembre 2015, Egomnia Srl presentava un utile netto di 5.500 euro, un margine operativo lordo di circa 11.000 euro e debiti per 120.000 euro circa.

Dal punto di vista della notiziabilità,  il campanello d’allarme arriva da una web star nostrana esportata in Inghilterra. “Se gira la voce che noi italiani ci inventiamo tutto, la nostra reputazione nel mondo non va bene” – racconta in un video postato su Facebook Marco Camisani Calzolari, ospite fisso di RaiUno con la rubrica Pronto soccorso digitale – “La Bbc ci è caduta perché ha creduto che i giornalisti italiani avessero verificato prima di scrivere”. Camisani Calzolari lo definisce “una sorta di hacking dei media”, un’operazione di mistificazione completa della realtà apparentemente impossibile in un panorama comunicativo complesso come quello del web e in particolare dei social network.

A preoccupare è soprattutto la retorica buonista e motivazionale di Achilli, speranzoso che The Startup possa “divenire un modello d’ispirazione basato sulla dimostrazione ai coetanei che rimboccandosi le maniche tutti ce la possano fare”.

Al contrario, chi scrive si augura che i giovani italiani volgano lo sguardo ben altrove. Chiunque operi nel settore del digitale con competenza e cognizione di causa ha seguito l’evoluzione di Achilli sperando che, prima o poi, la stampa smettesse di inseguire titoli iperbolici e iniziasse a curarsi della sostanza dei fatti. Sfortunatamente non è mai successo.

Il suggerimento è dunque quello di recarsi al cinema e gustare la storia di Matteo Achilli per quello che è, ovvero un film di fantascienza. Riaccese le luci in sala, e finiti i popcorn, sarà bene tornare alla realtà consapevoli che, anche stavolta, è stato tutto uno scherzo.

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