Il primo Muslim ban era stato cancellato dai giudici e Donald Trump aveva annunciato che ne avrebbe scritto un altro. Ed ecco che oggi è arrivata la nuova versione del “travel ban”, firmata dal presidente degli Stati Uniti, che vieta l’ingresso dei cittadini provenienti da alcuni Paesi a maggioranza musulmana. Ad annunciarlo era stata Kellyanne Conway, una delle più strette collaboratrici del presidente americano, in un’intervista a Fox News.

Il nuovo divieto, teso a proteggere gli Usa dalla “minaccia terroristica“, entrerà in vigore il 16 marzo e, rispetto alla versione originaria, non riguarderà chi arriva dall’Iraq, ha spiegato ancora Conway, aggiungendo che “i rifugiati siriani saranno trattati come tutti i rifugiati”. I detentori di visti e carta verde saranno protetti e potranno viaggiare negli Usa. Il bando bis firmato conferma i periodi di sospensione previsti dal provvedimento precedente: 90 giorni per i sei Paesi musulmani e 120 per i rifugiati. Confermata anche la riduzione del numero complessivo di rifugiati che verranno accettati nell’anno fiscale 2017: 50mila, contro i 110mila concessi dall’amministrazione Obama.

“L’Fbi sta indagando su più di 300 rifugiati” afferma il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, sottolineando che il nuovo decreto sull’immigrazione tutela gli americani e chi immigra legalmente: “È un decreto, è un esercizio appropriato dei poteri del presidente”. L’annuncio del nuovo bando è stato illustrato anche dal segretario di stato Rex Tillerson, e il segretario alla Homeland security John Kelly, ma nessuno di loro ha risposto alle domande dei giornalisti. In una nota il portavoce del ministero degli Esteri di Baghdad, Ahmad Jamal, ha espresso “grande soddisfazione per l’ordine esecutivo del presidente Usa Donald Trump che esclude gli iracheni dal divieto di ingresso negli Usa”. Per l’Iraq si tratta di “un passo importante nella giusta direzione che rafforza l’alleanza strategica tra Baghdad e Washington in molti settori e soprattutto nella lotta al terrorismo“.

“L’Iraq rappresenta un caso particolare” che merita un “diverso trattamento” sia per l’impegno nella lotta all’Is che per la “stretta cooperazione” tra Baghdad e Washington si legge nel testo del nuovo ordine. “L’Iraq è un caso particolare. Porzioni dell’Iraq restano zone di combattimento. Dal 2014, l’Is ha avuto un’influenza dominante su un territorio significativo nel nord e nel centro dell’Iraq – si legge – Nonostante questa influenza si sia significativamente ridotta grazie agli sforzi e ai sacrifici del governo iracheno e delle Forze Armate, insieme alla coalizione a guida Usa, il conflitto in corso ha avuto ripercussioni sulla capacità del governo iracheno di garantire la sicurezza ai confini e individuare documenti di viaggio contraffatti”. Ma “le relazioni di stretta cooperazione tra gli Usa e il governo democraticamente eletto dell’Iraq, la forte presenza diplomatica degli Usa in Iraq, la significativa presenza di forze Usa in Iraq e l’impegno dell’Iraq a combattere l’Is giustificano un diverso trattamento per l’Iraq“, si legge ancora nel provvedimento che sottolinea come il gruppo sia un “nemico comune dell’Iraq e degli Usa”

Dalla nuova versione il presidente Usa ha anche eliminato qualunque riferimento ai cristiani, gruppo che aveva provato a tutelare nel suo precedente decreto. Nella versione precedente del decreto, firmata il 27 gennaio, Trump aveva stabilito che i cristiani siriani potevano entrare negli Stati Uniti, mentre l’ingresso era vietato in maniera indefinita al resto dei rifugiati provenienti dalla Siria e con altre fedi religiose. Il nuovo bando però viene comunque fortemente criticato dall’opposizione: “È anti-americano” dice il leader dei democratici in Senato, Chuck Schumer.

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