“Il velo non lo metto”. Così Marine Le Pen, avvisata il giorno prima dall’ufficio del Mufti del Libano, Abdellatif Deriane, che per protocollo avrebbe dovuto coprirsi il capo, annulla l’incontro. Ma più che una protesta è sembrato un comizio strumentale alla campagna elettorale alle presidenziali. Infatti, la leader del Front National si è presentata circondata da giornalisti.

Neanche “la più alta autorità sunnita del mondo – ha dichiarato la politica riferendosi alla sua visita al grande Imam di Al-Azhar al Cairo, Ahmed al-Tayeb, nel 2015 – non aveva avuto la stessa pretesa”, ha tuonato dal portone sotto l’ufficio del religioso libanese, rigorosamente filmata. Il video, poco dopo, è finito su internet provocando l’esaltazione dei sostenitori francesi e nostrani del nazionalismo più puro che hanno visto questo gesto come il segnale della intransigenza della Le Pen verso l’islam. Ma qui bisogna cominciare con una considerazione. Proprio la Le Pen è la fautrice – nonché insegnante di Salvini – del “a casa mia si seguono le mie regole”. E visto che si doveva incontrare con la più importante guida religiosa sunnita libanese, che aveva avuto la cortesia di avvisarla per tempo, 24 ore prima, che si doveva mettere un semplice velo sul capo – non un burqa – doveva rispettare quanto richiesto dal proprietario di casa. Almeno per essere coerente al suo mantra “a casa mia comando io”.

Ma i toni da guerra, o meglio da crociata della Le Pen, che ha detto di voler “preservare la presenza dei cristiani in Medioriente”, ricordando gli avi colonizzatori francesi, non sono andati giù neanche ai cristiani. In particolare a quelli che non hanno gradito il suo “fondamentalismo” contro l’Islam, visto che loro, i cristiani, ci convivono da 1400 anni e sono memori di ciò che ha prodotto l’intolleranza: una guerra civile dove si uccideva anche in base all’appartenenza religiosa. Quei toni da stadio, la mancanza di conoscenza della complessità del Medioriente, della convivenza fra le fedi, possono andar bene in una riunione del partito del Front National in via Vichy. Non certo in paesi fragili che fanno di tutto per cercare una strada di coesistenza.

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