Era al timone in quella notte. E secondo il pm dichiarò anche il falso. Per questo, Roberto Paoloni, il comandante del cargo Jolly Nero, deve essere condannato a 20 anni e 7 mesi di reclusione. Questa la richiesta del pm Walter Cotugno nel processo per il crollo della Torre Piloti del porto di Genova, abbattuta dalla nave della società Ignazio Messina il 7 maggio 2013. L’impatto con il Jolly Nero provocò 9 morti e 4 feriti. Quella sera, il comandante era Paoloni, imputato per omicidio colposo plurimo, crollo di costruzioni, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso. Proprio quest’ultima accusa ha portato a un aumento della richiesta di pena da parte dell’accusa di 3 anni e 7 mesi.

Secondo quanto sostiene la procura, infatti, Paoloni non annotò sul giornale di navigazione che i contagiri della nave – come testimoniato anche da alcune foto pubblicate in esclusiva da ilfattoquotidiano.it – non funzionavano e attestò oltretutto nella check list degli apparati del ponte di comando della nave che i contagiri erano integri. Per questo, la richiesta di pena base di 17 anni per i reati di cui è accusato è stata inasprita da Cotugno, che ha chiesto anche l’interdizione temporanea da uffici direttivi e perpetua dai pubblici uffici, oltre all’esonero dal comando per 10 mesi, in considerazione dei 2 mesi già applicati dopo l’incidente. Richieste durissime, quelle del pubblico ministero, che seguono quella a 17 anni per il consigliere d’amministrazione e delegato all’armamento della società Ignazio Messina, Giampaolo Olmetti, per le stesse accuse – tranne il falso – di cui deve rispondere anche Paoloni.

Olmetti, ha sostenuto venerdì scorso il pm, “non ha mai analizzato bene la situazione o disposto correttivi per evitare il ripetersi di situazioni di pericoloso con le navi della flotta Messina tenendo conto anche di oltre una ventina di casi precedenti”. Il consigliere della società armatrice non avrebbe posto rimedio a un problema che più volte si verificò sulle navi della loro flotta, lo stesso occorso a Genova quattro anni fa. La prima volta sarebbe accaduto nel 2003 a Marina di Carrara: in quel caso ad essere coinvolto sarebbe stato il Jolly Platino, come ha raccontato al pm Cotugno il marittimo Raffaele Paliotto dando il là a un secondo filone d’indagine – ancora aperto – riguardo il buco nelle certificazioni di sicurezza rilasciate dal Registro navale italiano.

Il Jolly Nero finì contro la Torre Piloti nel corso di una manovra in retromarcia per uscire dal porto ligure. A causa di un guasto al motore, il cargo non riuscì a invertire il senso di marcia e demolì la torre, provocando 9 morti tra gli uomini della Guardia Costiera, piloti e rimorchiatori. Pur essendosi verificati inconvenienti simili durante le manovre, sostiene Cotugno, diversi organi tecnici “hanno rilevato che ci sono state azioni correttive non adeguate ai gravi rischi prevedibili con default del motore”. Una condotta “frutto di una scelta” e che “è durata negli anni, inserita nella gestione aziendale” anche al fine di “contenere i costi”.

Che quella notte, con Paoloni al comando delle operazioni, costò la vita a 9 persone. Il comandante non ha mai raccontato la propria versione dei fatti. Si era avvalso della facoltà di non rispondere in fase istruttoria e anche durante il processo non ha mai reso dichiarazioni, annunciate e poi ritirate. Un ‘giallo’, visto che invece gli altri imputati sono tutti comparsi in aula, per essere interrogati – come il pilota del porto Antonio Anfossi – o per parlare spontaneamente. Loro, dopo le due giornate interamente dedicate ad Olmetti e Paoloni, dovranno attendere la ripresa dell’udienza, fissata venerdì, per conoscere qual è la richiesta del pubblico ministero.

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