Gli italiani sono masochisti. E’ questo l’assunto di base del governo che, con la legge di bilancio, anziché rottamare l’iniqua e dannosa legge Fornero introduce gli strumenti giusti per farsi male da soli. Si chiamano Ape e Rita e – intendiamoci – utilizzarli non è ancora un obbligo ma una “libera” scelta. Per illustrare i due geniali meccanismi, il team economico di Palazzo Chigi ha elaborato 33 slide con degli esempi concreti. Hai 63 anni e non ce la fai più a lavorare? Magari sei anche così sfigato da avere solo 20 anni di contributi versati? Niente paura, il governo ha la soluzione per te: si chiama Ape Volontaria e ti permette di andare in pensione con 3 anni d’anticipo rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. Guarda come fa Marco, uno proprio come te. O quasi. Marco avrebbe diritto a una pensione lorda di 1.000 euro al mese, vale a dire un assegno netto mensile di 865 euro se solo aspettasse altri tre anni. Ma Marco vuole smettere di lavorare subito e per vivere gli basta anche molto meno di 865 euro perché si è messo a dieta e non fuma. Così usa l’Ape e chiede un anticipo dell’85% della sua pensione. Dalla banca riceverà così 736 euro al mese per 3 anni (l’85% della sua pensione netta) e poi, quando finalmente scatterà il pensionamento effettivo, dall’Inps riceverà un assegno di 725 euro netti (83,8%). E’ un pochino di meno, ma Marco dovrà pur ripagare il prestito generosamente concessogli dalla banca per l’Ape e i premi della polizza assicurativa connessa. Niente paura però: la decurtazione dell’assegno è solo ventennale e a 86 anni Marco potrà concedersi una bottiglia di champagne e un sigaro per festeggiare l’arrivo dell’assegno “pieno” di 865 euro. Se Marco non fosse a dieta e volesse come anticipo il 100% della sua pensione netta non osiamo immaginare di quanto scenderebbe il suo assegno pensionistico per i successivi vent’anni. Ma nessuno obbliga nessuno a chiedere l’Ape: è solo “un’opportunità”.

Stesso discorso per “Rita”, che non è una gentile amica ma l’acronimo di “Rendita integrativa temporanea anticipata”. Di cosa si tratta? Di un meccanismo con il quale anziché indebitarvi per andare in pensione in anticipo, utilizzate direttamente i vostri risparmi previdenziali per finanziarvi. Il governo infatti ha deciso di introdurre una modifica per chi ha più di 63 anni che consiste nella possibilità di utilizzare in tutto o in parte il capitale accumulato nel proprio fondo pensione per ottenere una rendita mensile negli anni che mancano alla pensione di vecchiaia. In questo modo non si otterrà più alcuna integrazione al già magro assegno pensionistico futuro, ma si userà il risparmio previdenziale semplicemente per andarsene prima. Un esempio calzante? E’ quello di Giulia, che nell’arco della vita lavorativa ha accumulato poco più di 27.500 euro nel fondo previdenziale e che, una volta in pensione, potrebbe ottenere un’integrazione vita natural durante di 98 euro mensili all’assegno dell’Inps. Ora invece Giulia ha l’opportunità di rinunciare all’integrazione e usare questi fondi (il suo Tfr più i contributi integrativi) per stare a casa prima. A tre anni d’anticipo corrispondono 650 euro netti al mese, a 2 anni 950 euro. E se Giulia punta a vivere alla grande può anche utilizzare “Rita” per un solo anno ottenendo un mensile netto di ben 1.950 euro. Certo, poi l’assegno Inps sarà quello che sarà, ma vuoi mettere la soddisfazione di essersi mangiato tutto il risparmio previdenziale?

E se si è davvero masochisti, si può sempre seguire l’esempio di Luca che in un colpo solo decide di indebitarsi per vent’anni con l’Ape e di mangiarsi anche tutto il capitale versato al fondo di previdenza integrativa utilizzando “Rita”. Così anziché avere un’integrazione al reddito pensionistico che gli è costata tutto il suo Tfr e gli altri contributi versati nel corso degli anni, quando arriverà alla pensione avrà invece un assegno decurtato della rata di capitale, interessi e polizza assicurativa da pagare. In sintesi, quella del governo è una manovra che fa cadere tutti i costi della flessibilità in uscita sulle tasche dei lavoratori che perciò si guarderanno bene dall’aderire a questi nuovi strumenti di “flessibilità” a meno che non siano davvero disperati. E questo la dice lunga sul concetto di equità sociale che ispira Palazzo Chigi.

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