Niente quorum per il primo referendum consultivo d’Italia sulla sanità. Si è fermata al 44,06% dei votanti la consultazione indetta domenica 13 novembre a Mirandola, per chiedere alla Regione Emilia Romagna di riportare l’ospedale Santa Maria Bianca allo status di struttura d’area, e non di prossimità, com’è dal 2011. Meno della metà, quindi, degli aventi diritto al voto, un numero insufficiente a rendere valida la votazione. Il 99 per cento di chi ha votato (7982 elettori) ha risposto sì alla domanda: “Volete voi che l’amministrazione comunale avvii un percorso partecipativo per valutare la possibilità di rendere nuovamente operativo l’ospedale di Mirandola, come già avveniva prima del sisma 2012?”

E tuttavia, il comitato referendario, che la scorsa primavera ha raccolto 1.500 firme per portare la città alle urne, con l’appoggio del Movimento 5 Stelle, di Sel, di Rifondazione Comunista e di una parte di Forza Italia, esulta comunque: “Nonostante l’ostracismo del Pd, della Lega e di una parte di FI, l’affluenza è stata alta”. Più di quella, ad esempio, che si è registrata alle scorse elezioni regionali, quando l’Emilia Romagna scelse Stefano Bonaccini come successore di Vasco Errani al governo della regione. A Mirandola, infatti, nel 2015 votò il 43,29% degli aventi diritto, “il che dimostra – spiega Marian Lugli, unico consigliere comunale di Forza Italia della città a supportare la consultazione – che il tema dell’ospedale è più che sentito”. E per il fronte pro referendum, “questa è comunque una vittoria”.

La strada della consultazione, infatti, è stata in salita. E non senza polemiche. Da un lato, il fronte dei sì al referendum, convinto della necessità di coinvolgere il Comune di Mirandola in un percorso partecipativo volto a indurre la Regione a riclassificare il Santa Maria Bianca, “perché da quando è stato declassato ci troviamo di fronte a posti letto dimezzati, interi reparti chiusi, riduzione del personale, servizi fortemente ridimensionati, attrezzature dirottate e investimenti spostati su altre strutture”.

Dall’altra, il Pd, appoggiato dalla Lega Nord e da una parte di FI, contrario al voto tanto da invitare pubblicamente i cittadini all’astensione. “La sanità è materia della Regione, e non del Comune, e il presidente Bonaccini si è già impegnato per migliorare l’ospedale – diceva Maurizio Cavicchioli, segretario del Pd di Mirandola – in più il referendum, consultivo e quindi non vincolante, costerà ai cittadini di Mirandola 70.000 euro, soldi buttati alle ortiche”.

L’esito del voto, tuttavia, non ha messo a tacere le polemiche, né chiuso la questione, perché il quorum, sfiorato, ha un valore politico. “Il quorum non l’abbiamo avuto per pochissimo – scrive su Facebook Giulia Gibertoni, capogruppo a 5 Stelle in Regione – ma questo nulla toglie al risultato storico che abbiamo raggiunto insieme. Di cui il partito di governo dovrà tener conto, magari a partire dalle dimissioni del suo sindaco”. I 5 stelle, poi, annunciano provvedimenti in viale Aldo Moro, sede del parlamentino regionale, e a Roma: “Presenteremo interrogazioni regionali e parlamentari, perché il 20% circa dei cittadini di Mirandola non ha ricevuto in tempo la comunicazione del Comune sul referendum, che sarebbe dovuta arrivare 10 giorni prima del voto. Ad altri è giunta in ritardo. E tuttavia, il quorum è rimasto al 50%”. Mentre a Cavezzo si pensa già di ripetere l’esperienza, sempre con l’obiettivo di veder riclassificato il Santa Maria Bianca. “Stiamo aspettando l’ammissibilità del quesito referendario – spiega Katia Motta, portavoce di Uniamoci – e poi porteremo la consultazione anche lì”.

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