Fischiato dai tifosi. Difeso più per educazione che per convinzione dalla società. Forse scaricato persino dai suoi uomini, che contro l’Atalanta hanno fatto tutto fuorché giocare per il loro tecnico, senza idee ma soprattutto anima. La crisi della Roma è la crisi di Rudi Garcia. Dopo un mercato con qualche imperfezione ma comunque sontuoso, con alle spalle il rodaggio di due stagioni, il francese non ha più alibi: per la piazza (e non solo) è lui il problema della squadra che era e resta la più forte del campionato. Ma rischia di vedersi sfuggire per l’ennesima volta lo scudetto.

La sconfitta – tattica, prima ancora che nel punteggio – contro l’Inter di Mancini, l’umiliazione di Barcellona, anche il tonfo casalingo contro l’Atalanta. La Roma si allontana dalla vetta in campionato e vede l’eliminazione in Champions. Stavolta l’allenatore non è il classico capro espiatorio. D’accordo, non è facile fare calcio nella Capitale. Ci sono stati tanti infortuni e anche pesanti. Sono stati fatti degli errori sul mercato (mancano almeno un centrale di difesa e un terzino a questa rosa). Ma non basta per giustificare gli errori del mister. Le sue colpe non sono figlie di un momento infelice ma frutto di una valutazione a lungo termine: da due anni la Roma è in fase involutiva. Dopo una prima stagione brillante, la seconda è stata assolutamente deludente. E la terza ne ricalca le orme, con le stesse figuracce europee (7-1 col Bayern, 6-1 col Barcellona) e addirittura cinque punti in meno dello scorso anno.

Quest’estate la piazza invocava un grande colpo sul mercato. La società ha comprato Dzeko e Salah, ma probabilmente è arrivato il momento di prendere un fuoriclasse anche in panchina. I nomi a disposizione non mancano: da Luciano Spalletti, che tornerebbe di corsa, all’ex ct Cesare Prandelli, che con Roma ha una storia in sospeso. Sparando alto, un altro grande del passato, Fabio Capello, che ha firmato l’ultimo scudetto giallorosso. Ma il vero sogno si chiama Carlo Ancelotti: romanista nel cuore, ha sempre detto che avrebbe voluto allenare la Roma. Potrebbe essere l’occasione giusta per portarlo nella Capitale, ma per convincerlo ci vorrà un progetto da big europea. Solo con un nome del genere la Roma degli americani potrà diventare grande come da anni vorrebbe essere.

La domanda, a questo punto, non è più se ma quando cambiare. L’addio a fine stagione sembrava scontato con qualsiasi risultato; se la situazione continuerà a precipitare non si potrà aspettare sino a giugno. Impossibile subito, per tempi tecnici (tante partite in calendario) e mancata convinzione (da Sabatini a Baldissoni, pare chiare l’intenzione della società di concedere un’ultima chance al tecnico). C’è la pausa di Natale, come fece di recente l’Inter nel 2010 con Benitez (e l’arrivo di Leonardo sotto l’albero portò buoni risultati). Ma probabilmente lo snodo decisivo sarà la prossima settimana: martedì 9 il dentro-fuori contro il Bate Borisov all’Olimpico, domenica 13 la sfida al San Paolo contro il Napoli. Due partite, cinque giorni per decidere le sorti di una stagione. E il destino di Garcia. Con un dubbio atroce per tifosi, società, forse persino i giocatori: meglio vincere o perdere? A meno di una svolta clamorosa, il ciclo di Rudi in giallorosso sembra finito comunque. La qualificazione agli ottavi di Champions renderebbe più difficile l’esonero, rimandando solo ciò che ormai pare inevitabile. Siamo pur sempre a dicembre in fondo, nulla è compromesso. La Roma può ancora vincere il campionato. Ma forse non con Garcia.

Twitter: @lVendemiale

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