Il governo Renzi sta modificando la disciplina del processo tributario. Le nuove norme, salvo eccezioni, entreranno in vigore il prossimo anno. I cambiamenti più rilevanti per i contribuenti sono quelli che riguardano l’assistenza tecnica nelle liti. Resta la possibilità di difendersi da soli in quelle che vedono in ballo cifre inferiori ai 3mila euro, ma cambia l’elenco dei difensori abilitati, in cui entrano i dipendenti dei Centri di assistenza fiscale.

Il funzionamento del processo tributario è fondamentale per l’Erario. Lo dimostrano i numeri forniti dal Tesoro sul 2014: il valore dei ricorsi di primo grado ammonta a oltre 17 miliardi di euro. La macchina giudiziaria è però appesantita: se le liti pendenti sono 573.522, le nuove raggiungono quota 242.044. Già queste cifre possono apparire impressionanti. Ma ciò che è davvero allarmante è il peso delle controversie per importi inferiori a 20mila euro: 240mila nuove liti a fronte di un controvalore di 500 milioni di euro. Il governo Renzi interviene agendo su due fronti. Da un lato sono incentivati alcuni strumenti che consentono di prevenire le liti (gli interpelli), mentre la mediazione viene estesa agli atti di Equitalia e dei Comuni. Dall’altro le liti pretestuose sono fortemente penalizzate con la condanna al risarcimento del danno processuale a carico della parte – non solo il contribuente, ma anche Equitalia e l’Agenzia delle Entrate – che intraprenda un giudizio che sa essere perdente. Nel tentativo di velocizzare la macchina giudiziaria, viene poi ampliato l’uso della posta elettronica certificata (pec) per comunicazioni e notificazioni.

Quando è indispensabile pagare un difensore? – Come per il passato l’assistenza tecnica non sarà necessaria per le liti bagatellari, vale a dire per le controversie relative a piccoli importi. Ciò che cambierà sarà soltanto il valore della lite che consentirà al contribuente di stare in giudizio da solo: l’importo sarà innalzato da 2.582 euro a 3.000 euro. Al di sopra di quella cifra sarà invece confermato l’obbligo per i contribuenti di farsi assistere in giudizio da un difensore abilitato. Il decreto delegato amplia però l’elenco dei professionisti che possono svolgere questo ruolo. La principale novità sarà la possibilità per i dipendenti dei Caf di difendere i propri assistiti, ad esempio qualora sia contestata la detraibilità di un onere indicato nella dichiarazione dei redditi compilata e trasmessa dal Caf. Tutte le controversie tributarie potranno essere trattate da avvocati, dottori commercialisti, consulenti del lavoro. Ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, dottori agronomi e forestali, agrotecnici e periti agrari potranno trattare esclusivamente controversie riguardanti la materia catastale, mentre le controversie relative ai tributi doganali potranno essere trattate anche dagli spedizionieri doganali.

Chi perde paga le spese di giudizio. Vale anche per Equitalia – Il decreto delegato rafforzerà il principio secondo cui le spese di giudizio “seguono la soccombenza”: fuori dal burocratese significa che chi perderà la partita pagherà anche le spese dell’avversario (l’onorario del difensore, comprensivo di spese generali, contributi previdenziali e Iva) e dell’intero gioco (il contributo unificato, vale a dire il tributo dovuto per l’accesso al servizio giustizia). Le spese di giudizio potranno essere compensate (per intero o solo in parte) soltanto in due ipotesi, vale a dire in caso di soccombenza reciproca e qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, da indicare in sentenza. Mettendo un punto fermo su una questione ancora dibattuta, il decreto delegato stabilisce poi che, in aggiunta a queste spese, chi perde potrà essere condannato al risarcimento dei danni se risulterà che abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave (la cosiddetta responsabilità aggravata per lite temeraria). Ciò vuol dire che l’Agenzia delle Entrate e Equitalia potranno essere condannate a risarcire il contribuente qualora non abbiano ritirato in autotutela un atto manifestamente viziato, e, simmetricamente, il contribuente subirà la stessa sorte nel caso in cui abbia depositato un ricorso pretestuoso.

Per evitare il processo ci sono reclamo e mediazione – Per incentivare la risoluzione stragiudiziale delle controversie fiscali oggi si prevede che il processo sia preceduto dalla cosiddetta “mediazione”, un procedimento amministrativo con il quale l’amministrazione finanziaria valuta nuovamente la legittimità dell’atto impugnato dal contribuente. La mediazione deve essere tentata per le controversie di valore fino a 20.000 euro, relative agli atti emessi dalla sola Agenzia delle Entrate.
Il decreto delegato estenderà l’ambito di operatività dell’istituto agli agenti della riscossione e a tutti gli enti impositori: il fine dichiarato è di ridurre drasticamente il contenzioso con Equitalia e con gli enti locali, come già avvenuto per l’Agenzia delle Entrate. Non saranno reclamabili né le controversie riguardanti il recupero degli aiuti di Stato, né le controversie di valore indeterminabile, a eccezione di quelle in materia catastale (classamento, rendite ecc.).
La mediazione assicurerà al contribuente la riduzione al 35% delle sanzioni amministrative, mentre non si applicheranno sanzioni e interessi sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali. Qualora la controversia abbia a oggetto un atto impositivo o esattoriale, la mediazione si perfezionerà con il versamento, entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, delle somme dovute o della prima rata. Invece nel caso in cui la controversia riguardi un rimborso sarà necessaria la sottoscrizione dell’accordo indicante somme dovute, termini e modalità di pagamento. L’accordo costituirà titolo per avviare un procedimento d’ingiunzione contro l’ente creditore: in buona sostanza il contribuente potrà rivolgersi al giudice ordinario perché ordini all’ente creditore di pagare quanto concordato.

Interpelli: uno, nessuno e centomila – Oltre che sulla mediazione, il decreto delegato interverrà anche sull’interpello, uno strumento che garantisce al contribuente il supporto dell’amministrazione finanziaria nell’individuazione delle scelte fiscali corrette. L’interpello è una domanda che il contribuente rivolge agli uffici prima di attuare una certa attività. Il decreto delegato ne disciplinerà quattro tipologie: 1) l’interpello ordinario, sulla interpretazione delle disposizioni fiscali (qual è la regola?) o sulla qualificazione di un caso concreto (la regola vale nel mio caso?); 2) l’interpello probatorio, sulla sussistenza delle condizioni per l’adozione di un certo regime tributario (nel mio caso ricorrono i presupposti per una certa agevolazione?); 3) l’interpello anti abuso, sulla elusività delle operazioni realizzate (la riorganizzazione societaria in atto costituisce abuso del diritto?); 4) l’interpello disapplicativo, obbligatorio per beneficiare di deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre agevolazioni che la legge limita per prevenire abusi. L’amministrazione finanziaria dovrà rispondere al contribuente per iscritto entro 90 o 120 giorni, mentre il suo silenzio equivarrà ad assenso. La risposta vincolerà l’ufficio perché sarà nullo qualsiasi atto a essa difforme.

Meno carta, più Pec – Il decreto delegato amplierà l’uso della posta elettronica certificata per le comunicazioni e le notificazioni nel processo tributario. L’indirizzo Pec del difensore (o del contribuente, se sta in giudizio personalmente) dovrà essere indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo. Qualora manchi o il messaggio non sia consegnato per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni saranno eseguite esclusivamente mediante deposito nella segreteria del giudice. Gli atti saranno notificati tra le parti e depositati presso il giudice per via telematica.

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