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Che cosa contribuisce maggiormente al progresso di un Paese? 10 milioni in esportazione di armi o 10 milioni nella produzione di pannelli solari? Il disboscamento, e la vendita di 10 milioni di legname o 10 milioni investiti in una stazione ferroviaria? Se consideriamo l’indicatore economico per eccellenza, il Prodotto Interno Lordo, le opzioni elencate si equivalgono ma è ovvio che l’impatto in termini di progresso sociale e benessere individuale sarebbe molto diverso.

Per avere un quadro più veritiero della situazione di un Paese, infatti, serve una combinazione di dati che tengano conto delle sfaccettature dell’economia (ad esempio indici di disuguaglianza, paniere dei consumi, produttività etc.), e indicatori che valutino il progresso (come l’impatto sociale e ambientale, o la partecipazione democratica e diritti civili). E infatti, l’attenzione verso quello che ormai viene spesso definito ‘indice di benessere e progresso’, sembra essere quasi globale. Dal Paraguay all’Olanda, dalla Banca Mondiale alla Commissione Europea, tutti cercano di quantificare la felicità.

Nel Regno Unito, da anni il governo perfeziona la metodologia per calcolare il livello di soddisfazione della popolazione. L’Ons, Ufficio per le Statistiche Nazionali, chiede ai cittadini di identificare quali aspetti abbiano un impatto sul loro benessere e spesso si tratta di fattori difficili da definire e certamente complicati da quantificare. Salute e tranquillità finanziaria, soddisfazione professionale e nelle relazioni personali, partecipazione democratica e senso di comunità sembrano essere importanti quanto reddito e pressione fiscale. In questo modo Ons è in grado di monitorare il livello di soddisfazione rispetto a politiche e servizi, e valuta frustrazioni e serenità correlando i dati alla percezione di problemi sociali.

Le analisi regionali rivelavo che il livello di soddisfazione personale ha poco a che fare con gli indicatori puramente economici visto che i Nord irlandesi pur con un Gva pro capite di £17,948 (Gross Value Added, un indice simile al Pil calcolato su base regionale) sono i più felici nel Regno Unito mentre i londinesi, con un Gva di £40,215, sono quelli meno soddisfatti della propria vita.

I dati raccolti da Ons vengono usati nella formulazione di politiche pubbliche e nell’analisi di problematiche sociali, permettendo a governo e comuni, ma spesso anche associazioni e imprese, di fare scelte più consapevoli, e che possano avere un impatto positivo sul progresso sociale e sul benessere degli individui (qui il grafico interattivo).

L’Italia è stata pioniera nella misurazione sistematica del benessere: da oltre 20 anni il Sole24Ore pubblica un rapporto annuale sull’Indice di Qualità della Vita e più di recente, dalla collaborazione tra Cnel e Istat, è nato Bes, un progetto che misura e valuta il progresso della società italiana. Bes si inserisce a pieno titolo nel dibattito internazionale sul “superamento del Pil” e tiene conto delle dimensioni sociali e ambientali del benessere, combinandole con analisi di sostenibilità.

Il benessere degli individui è intrinsecamente legato a fattori prettamente locali: le scuole vicino a casa, i servizi di trasporto pubblico, il costo delle utenze domestiche, la sicurezza nel nostro quartiere, hanno un impatto diretto e immediato sulla qualità della nostra vita quindi i dati regionali e locali sono i più interessanti perché aiutano a tracciare una mappa dettagliata del benessere in Italia, evidenziando le cause di variazioni regionali e individuando trend socio-economici.

Prendendo un esempio a caso dallo studio UrBes del 2015 scopriamo che la Provincia e il Comune di Cagliari presentano un profilo economico e produttivo in linea con i valori, spesso poco confortanti, del Mezzogiorno. Nella provincia di Cagliari solo 52,2% delle persone dai 20 ai 64 anni risulta occupato (un dato inferiore di 7,6 punti rispetto alla media nazionale), ma la qualità della vita è comunque piuttosto alta.

Aspetti come la disponibilità di aree pedonali pari a 96,2 mq per 100 abitanti (notevolmente superiore alla media nazionale), il facile accesso a servizi culturali, come le biblioteche pubbliche che, infatti, attraggono 124,4 visite ogni 100 abitanti (bel sopra la media nazionale) o il verde urbano, che nel capoluogo della Sardegna è pari a 56,4 mq per abitante (la media nazionale è di 32,2 mq) certamente contribuiscono notevolmente al livello di benessere dei cagliaritani.

Il reddito disponibile pro capite delle famiglie consumatrici nella provincia di Cagliari è di 15.894 euro, inferiore a quello nazionale (17.307 euro) ma a compensare questo dato negativo, c’è uno degli indicatori più decisivi per il livello di benessere, e cioè un tasso di criminalità particolarmente basso. Tutti i valori riguardanti la sicurezza dei cittadini sono infatti particolarmente positivi: il tasso di omicidi è molto contenuto e in diminuzione (0,3 per 100.000 abitanti contro i 0,9 a livello nazionale), così come lo sono i furti in abitazione (180,7 per 100.000 abitanti contro i 396,6 a livello nazionale).

L’importanza del contesto locale non è sfuggita all’Oecd, pioniera nello sviluppo di metodologie per valutare il progresso socio-economico degli Stati membri, che di recente ha lanciato un indice di comparazione internazionale di benessere. Il Regional Well-being, infatti, è presentato su una piattaforma di raccolta permanente di dati, incentrata proprio sugli indicatori locali e che combina dati statistici con le priorità identificate dai cittadini. Oecd chiede “Come va la vita?” e permette poi di personalizzare le mappe interattive per confrontare il livello di benessere della nostra regione con quello di 362 regioni nei vari Paesi Oecd.

Nel Better Life Index dell’Oecd, l’Italia si colloca sopra la media per equilibrio lavoro-vita privata e per salute ma è sotto la media per benessere soggettivo, qualità dell’ambientale e istruzione. Il 90% degli italiani (ben sopra la media Oecd) dichiara di avere qualcuno su cui contare nel momento del bisogno, ma nel complesso siamo meno soddisfatti della media degli altri Paesi.

E le variazioni regionali sono, anche in questo caso, notevoli. Ad esempio il livello di benessere percepito nel Lazio, secondo l’Oecd è simile a quello della regione di Madrid e nel Sud della Svezia. La casa sembra essere una particolare fonte di frustrazione per i laziali, mentre gli indici di sicurezza e salute sono sopra la media Oecd. L’Emilia Romagna invece ha un indice di benessere simile a quello dell’Alsazia, e della regione Coreana del Gangwon. I livelli di partecipazione civica e sanità sono sopra la media, ma è il livello d’inquinamento a preoccupare.

Queste comparazioni possono rivelarsi utilissime per amministratori locali e governo che hanno accesso a dati granulari e sempre aggiornati, e riscontri internazionali per valutare quali problematiche siano più urgenti, e quali servizi più efficienti. Gli indici di benessere, infatti, valorizzano la dimensione umana delle statistiche economiche e possono aiutare i governi a determinare quali politiche contribuiscano al progresso di un Paese più di quanto non faccia la misurazione del pil, che, come diceva Robert Kennedy già nel 1968, è “misura tutto tranne quello che veramente conta nella vita”.

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