Fino agli anni ’80 erano braccianti agricoli, allevatori e casalinghe, ma nel giro di tre decenni era riusciti a trasformarsi in imprenditori miliardari. È una scalata sociale ed economica gigantesca quella compiuta dalla famiglia Virga di Marineo, in provincia di Palermo. Una scalata garantita, però, dall’appoggio di Cosa nostra: è per questo motivo che gli uomini della Dia di Palermo, stamattina hanno messo i sigilli ai beni della famiglia d’imprenditori, accusata di essere contigua al mandamento mafioso di Corleone.

A finire sotto sequestro beni per un miliardo e 600 milioni: un impero fatto di 33 aziende, attive soprattutto nella produzione del calcestruzzo 700 tra case, appartamenti, magazzini ville e immobili, 80 conti correnti bancari, 40 rapporti assicurativi e oltre 40 automezzi.

Secondo i detective dell’Antimafia i Virga sono riusciti, nel tempo, a sviluppare e a imporre il loro “gruppo imprenditoriale” anche attraverso il cosiddetto “metodo Siino”, battezzato così per il suo inventore, Angelo Siino, e consistente nell’organizzazione di “cartelli” tra imprenditori, per l’aggiudicazione “pilotata” degli appalti pubblici, con tangenti fisse da girare ai politici, ai boss mafiosi e una parte da indirizzare personalmente a Totò Riina. È dentro a quel sistema che i Virga avrebbero fatto fortuna: oggi il maxi sequestro ha colpito Gaetano Virga, imprenditore del settore calcestruzzi la cui azienda ha sede a Marineo, e i suoi familiari. Il patrimonio nel mirino, è intestato ai fratelli Carmelo Virga 66 anni, Vincenzo 78 anni, Anna 76 anni, Francesco 71 anni e Rosa 68 anni, imprenditori originari della provincia di Palermo.

Per arrivare al maxi sequestro gli uomini dell’intelligence antimafia hanno preso spunto dalle dichiarazioni di decine di collaboratori di giustizia: da Giovanni Brusca a Nino Giuffrè. “Ho sentito parlare degli imprenditori Virga di Marineo già nel 1986 quando ho cominciato ad affiancare il Provenzano e ad occuparmi del mandamento di Caccamo” ha messo a verbale Giuffrè, per anni braccio destro di Bernardo Provenzano. “I più grossi appalti li gestiva cioè con il presidente Nicolosi (ex  governatore della Sicilia ndr) e Virga. Queste erano le persone più coinvolte nella spartizione dei lavori in Sicilia, sono a conoscenza che dopo la Litomix, il Barreso fece fare la fornitura del Calcestruzzo dal Virga Carmelo”. Il collaboratore di giustizia Salvatore Barbagallo spiega anche di aver visto Carmelo Virga “presente ad una discussione” con lo stesso Siino. “Preciso che il Virga – aggiunge il pentito – ha potuto assistere alla discussione proprio perché uomo d’onore“.

Ma non è solo una storia di vicinanza a Cosa nostra quella dei Virga: negli ultimi tempi, infatti, gli imprenditori di Marineo si erano avvicinati al mondo dell’antimafia. “Gaetano Virga con il padre Carmelo, le menti della famiglia, aveva pensato di avvicinarsi alle associazioni antiracket per cercare di ‘ripulirsi’ dopo essere stati indagati”, ha spiegato Riccardo Sciuto, capo operativo della Dia di Palermo. ”

Ci sono alcune attività tecniche – ha aggiunto Sciuto che hanno segnalato la scelta precisa di avvicinarsi all’antiracket anche con denunce nei confronti di presunti esattori. Le indagini stanno dimostrando che più che una estorsione era una dazione quella che i Virga versavano alla famiglia di Misilmeri”. Gaetano Virga, in effetti, aveva presentato numerose denunce contro il racket delle estorsioni. Le sue testimonianze avevano consentito di arrestare cinque persone ritenute i capimafia e gli esattori di Misilmeri.L’operazione dei carabinieri – nel corso della quale finirono in manette Francesco Lo Gerfo ritenuto il capomafia di Misilmeri, e Stefano Polizzi, presunto estorsore sul quale si sono concentrate le testimonianze – portò anche allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Misilmeri.

Nel 2010, tra maggio e novembre, Polizzi avrebbe chiesto il pizzo proprio al cantiere edile di Virga minacciandolo. “Ricordati che hai dei figli, mi hanno detto”, aveva raccontato agli investigatori. “Quando Polizzi è venuto nei nostri uffici – aveva aggiunto – ha affrontato mio zio molto animatamente. Li ho visti discutere da una finestra all’interno della nostra azienda a Marineo. Nella zona tutti sapevano quello che faceva Polizzi. Mio zio l’ha mandato via dicendogli che non avrebbe avuto un centesimo, ma si è ripresentato successivamente”. Virga da quel momento era diventato un simbolo. Uno degli imprenditori antiracket che aveva avuto il sostegno delle associazioni Addiopizzo, Libero Futuro e Fai: e nei terreni in cui costruiva esponeva persino il logo dell’antiracket. La maschera dell’antimafia per coprire un’origine segnata dalla vicinanza a Cosa nostra.

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