“Viola la Costituzione”. “Tornano i processi di piazza”. “Svilisce l’Antimafia”. Sembrano i berlusconiani dei tempi d’oro, e invece sono solo i renziani al tempo di Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio non è da meno e ha scelto il comizio serale ad Ancona per l’attacco (“Non si usi l’Antimafia per regolare i conti nel Pd”), mentre i suoi compatti dal primo pomeriggio erano andati alla guerra contro Rosy Bindi. “Mi fa molto male”, ha detto Renzi, “che si utilizzi la vicenda per una discussione tutta interna, per regolare dei conti interni al Partito democratico: l’antimafia è un valore per tutti, non può essere usata in modo strumentale. La Bindi e De Luca se la vedranno in tribunale”. La deputata ed esponente della minoranza Pd ha risposto in serata con una nota: “Ho taciuto per tutto il pomeriggio”, si legge, “di fronte al tentativo di delegittimare la Commissione e la mia persona. Ed ora per il nome di un candidato, la cui condizione era conosciuta da tutti, ci si indigna contro il lavoro di Commissione e presidente. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, certamente non sono io”. A difenderla il leader dei critici in Parlamento ed segretario Pierluigi Bersani: “Vedo che adesso qualcuno dà la colpa all’antimafia, questo mi sembra il paradosso più grande, l’antimafia sta applicando un codice che tutti abbiamo approvato in Parlamento, dopo di che questa vicenda nell’insieme è sconcertante e mettendola insieme a tante altre cose mi fa dire: ‘attenzione a che non si stia perdendo il filo del discorso, cioè la bussola di questa nostra democrazia“.

L’ultimo scontro tra i democratici è andato in scena poco dopo l’ora di pranzo. Neanche il tempo per la presidente della commissione Antimafia di annunciare che anche il candidato governatore Pd Vincenzo De Luca è tra gli impresentabili e subito un’intera parte del Partito democratico è corsa in difesa del condannato in primo grado per abuso d’ufficio e ineleggibile per la legge Severino. L’Antimafia segnala che pende un giudizio a carico di De Luca, nel procedimento per il reato di concussione continuata commesso dal maggio 1998 e con “condotta in corso” (e altri delitti, quali abuso d’ufficio, truffa aggravata, associazione per delinquere). “Denunciare i candidati impresentabili alle elezioni regionali”, ha commentato il capogruppo al Senato Luigi Zanda, “è cosa necessaria e giusta, ma che lo faccia l’Antimafia è opinabile e ancor più che nella lista entri chi ha procedimenti in corso e non per mafia. Ed è pura barbarie politica che ciò avvenga con questa tempistica”. Il primo a commentare è stato il renzianissimo Ernesto Carbone: “Rosy Bindi sta violando la Costituzione”, ha scritto su Twitter il deputato. “Allucinante che si pieghi la commissione antimafia a vendette interne di corrente partitica”. La replica poco dopo della Bindi in conferenza stampa: “Posso non abbassarmi alla risposta a questa domanda?”.

Ma l’attacco di Carbone è stato solo l’inizio. “Come noto”, ha detto il presidente Pd Matteo Orfini, “non ho mai avuto un buon rapporto con De Luca. Ciononostante, quello che sta accadendo in queste ore è davvero incredibile. L’iniziativa della presidente della commissione Antimafia ci riporta indietro di secoli, quando i processi si facevano nelle piazze aizzando la folla”. Poi in fila intervengono tutti i più fedeli del presidente del Consiglio. Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha rincarato la dose: “La commissione Antimafia non può essere usata per vendette politiche. È uno strumento troppo importante, non può essere svilito così #Bindi”. Interviene anche Pina Picierno: “Non capisco in base a quale criterio”, scrive sempre sui social network, “una commissione parlamentare si arroghi il diritto di distinguere i buoni dai cattivi a 48h dal voto #antimafia”.

Nel dibattito è intervenuto anche il costituzionalista ed ex senatore Pd Stefano Ceccanti: “L’attenta lettura degli articoli 3 e 4 del Codice”, ha commentato, “ci dice che la presidente Bindi ha agito fuori dalla legge anzi contro legge. Infatti l’articolo 4 consente solo una generica attività di monitoraggio sulle candidature che non legittima lista di proscrizione. Infatti le Commissioni Antimafia precedenti avevano fato analoghi codici ma mai liste del genere. La lista, con questo timing, viola anche l’articolo 3 del Codice, che consente il diritto di replica”.

Uno spettacolo che imbarazza addirittura il ministro dell’Interno Angelino Alfano (“Ho visto dichiarazioni di una ferocia senza precedenti dentro uno stesso partito”) e il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta: “Caos eterno all’interno del Partito democratico”, ha detto il capogruppo azzurro, “hanno candidato un personaggio ineleggibile come De Luca in Campania e adesso, dopo la legittima iniziativa della Commissione Antimafia, sbraitano contro Rosy Bindi. Uno spettacolo squallido che il nostro Paese non merita”.

Intanto Beppe Grillo su Twitter ha chiesto le dimissioni dell’ex sindaco di Salerno e lancia l’hashtag #delucaritirati: “De Luca impresentabile. Il voto a De Luca è inutile, quello a Valeria Ciarambino è utilissimo”. Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ha accusato il candidato governatore di avere in corso procedimento per reati legati alla mafia: “La commissione Antimafia”, ha scritto su Facebook “ha appena partorito i nomi degli impresentabili a queste elezioni regionali. Ovvero gente che ha processi in corso per reati legati alla mafia. Vincenzo De Luca è tra questi per il reato di concussione continuata”. Parole contestate dai democratici: “Accusa inaccettabili, il processo riguarda altro”, ha detto il vicecapogruppo vicario Ettore Rosato.

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