Libia. Porto Empedocle. Tunisi. Gaggiano. Italia-Tunisia, andata e ritorno, da clandestino. Nel mezzo, l’attentato al museo Bardo, nel quale Touil Abdelmajid, 22 anni marocchino, arrestato ieri sera nel Milanese e detenuto nel carcere di San Vittore, sarebbe coinvolto. Secondo le autorità tunisine ha avuto un ruolo “indiretto” nell’assalto. Per questo il Paese Nordafricano ha chiesto a Roma di arrestarlo con un mandato di cattura internazionale. I nostri servizi segreti hanno fatto il resto. Hanno segnalato la presenza di Abdelmajid nel Milanese. E ad aprile sono scesi in campo i Ros e la Digos, che hanno indirizzato le loro ricerche nell’area di Legnano. Hanno poi ristretto il raggio di azione a Gaggiano, fino a individuare l’appartamento dove il presunto attentatore era ospitato dalla famiglia (i cui componenti sono immigrati regolari ed estranei all’operazione). Giorni di appostamenti. Poi le manette. Scattate ieri sera, mentre Abdelmajid camminava sulla strada provinciale vicino all’appartamento. Nella casa di via Pitagora, gli investigatori hanno trovato e sequestrato del materiale che sarà analizzato dall’intelligence. Le accuse mosse dalle autorità di Tunisi sono gravissime: omicidio volontario con premeditazione, cospirazione ai fini di commettere reati contro la sicurezza interna dello Stato, incendio, sequestro di persona, adesione a organizzazione terroristica, attentati per mutare la forma di governo. Mentre in Italia è indagato dalla Procura di Milano, come atto dovuto, per terrorismo internazionale. Ma i pm milanesi hanno avviato approfondimenti per capire quale sia stata la sua eventuale responsabilità nel blitz al museo Bardo.

Tunisi: “Touil coinvolto indirettamente nell’attacco”
In serata il governo tunisino ha però corretto parzialmente il quadro tratteggiato subito dopo l’arresto, dal quale emergeva che Touil Abdelmajid ha pianificato e partecipato all’esecuzione dell’assalto. La Tunisia ha confermato che il ragazzo si trovava a Tunisi il giorno dell’attentato e avrebbe avuto un coinvolgimento “indiretto“, fornendo sostegno logistico al gruppo armato responsabile dell’assalto. E’ quanto ha specificato il portavoce del ministero dell’Interno tunisino, Mohamed Ali Laroui. Il 22enne ha “prestato sostegno al gruppo terroristico che ha condotto l’attacco”, ha detto Laroui, senza spiegare quale tipo di sostegno abbia fornito.

Approfondimenti sul suo ruolo da parte dei pm di Milano
Ma gli inquirenti milanesi non sanno, allo stato, quale ruolo avrebbe avuto. E dalle carte a disposizione, infatti, non è chiaro se all’uomo venga contestato, ad esempio, di essere stato uno degli esecutori della strage o di aver fornito un supporto e di quale tipo e da dove. Per questo stanno effettuando approfondimenti e accertamenti e sono in contatto con la Procura di Roma dove è aperto un fascicolo d’indagine sulla strage avvenuta in Tunisia. Gli accertamenti dei pm milanesi, dunque, saranno poi trasmessi ai colleghi romani. Da quanto risulta, però, al momento agli inquirenti non è stato messo a disposizione alcun elemento dalle autorità tunisine sul ruolo che avrebbe avuto il marocchino nell’attentato e l’arresto è stato effettuato perché pendeva un mandato di cattura internazionale. In ipotesi, non essendoci certezze sul punto, è possibile anche che l’uomo sia arrivato in Italia a febbraio dopo aver rinunciato a partecipare alla strage che in un primo momento aveva pianificato con altri. Tutte le ipotesi, dunque, sono al vaglio. Approfondimenti, inoltre, potrebbero essere richiesti anche dalla Corte d’Appello di Milano, competente per il procedimento di estradizione. I giudici, infatti, hanno la facoltà di chiedere sia integrazioni di atti alle autorità tunisine che gli esiti dei primi accertamenti alla Procura.

Dall’espulsione dall’Italia all’arresto: gli spostamenti del presunto terrorista
Abdelmajid era arrivato in Italia, a Torre Salsa, il 17 febbraio scorso insieme a 90 migranti a bordo di una carretta del mare partita dal Nordafrica. Era stato identificato ed espulso dalle autorità italiane a Porto Empedocle (Agrigento). Ed è questa l’unica traccia lasciata. Il provvedimento e il foglio di via riportano la stessa data: 17 febbraio. Anche se in realtà – secondo quanto si apprende – si sarebbe trattato più precisamente di una “intimazione” (cioè un foglio in cui si notifica l’obbligo di lasciare il Paese entro 15 giorni, che viene consegnato in stato di libertà). Poi era tornato in Tunisia, non si sa né quando né come. E qui avrebbe preso parte alla strage del Bardo dove il 18 marzo un commando di terroristi islamici ha ucciso 24 persone, tra cui quattro gli italiani e ferito altre 45. Infine è tornato in Italia, ancora una volta da clandestino. Buchi neri e tante domande. Perché Abdelmajid arriva in Italia su un barcone per poi raggiungere di nuovo la Tunisia e prendere parte alla mattanza del Bardo? Come fa a tornare nel nostro Paese? Cosa fa e chi incontra dal giorno del suo rientro fino all’arresto di ieri sera? Saranno le indagini a colmare questi vuoti. Ma il lavoro è solo all’inizio e procederà a ritroso, perché per i nostri investigatori Touil Abdelmajid, prima della segnalazione dei servizi segreti, era un “perfetto sconosciuto“, ha precisato il dirigente della Digos di Milano Bruno Megale durante la conferenza stampa in questura alla quale erano presenti il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e il comandante del Ros Giovanni Sozzo. Megale ha aggiunto che la madre il 14 aprile (subito dopo l’attentato) aveva denunciato lo smarrimento del passaporto del figlio alla stazione dei carabinieri di Trezzano sul Naviglio. Un tassello importante quest’ultimo, che insieme alla segnalazione da parte dei nostri 007 ha portato all’arresto del presunto jihadista che in Italia, al momento, non risulta vicino agli ambienti radicali.

Fratello: “E’ sempre rimasto in Italia”
Ma la ricostruzione degli investigatori tunisini viene smentita dai parenti del 22enne. “Mio fratello è innocente, non ha commesso nessun reato”, ha detto ai giornalisti un fratello di Touil Abdelmajid, mentre rincasava in bicicletta nella palazzina al civico 14 di via Pitagora a Gaggiano: “E’ arrivato su un barcone come tanti altri e da quel momento non è più partito” ma è “rimasto sempre in Italia”.

Vicini di casa: “La polizia ha sbagliato persona”
A Gaggiano il ragazzo non è molto conosciuto, lo vedevano poco ma tutti sostengono che era in Italia nei giorni della strage. “Stava spesso a casa, a volte andava a mangiare alla Caritas – racconta un vicino – È un bravo ragazzo, cercava lavoro. Siamo increduli, sicuramente la polizia ha sbagliato persona“. “Frequentava una scuola per imparare l’italiano a Trezzano – dice una signora del quartiere – ho sentito che una professoressa ricorda di averlo visto in classe il giorno dell’attentato. La madre si è impegnata molto per i figli. Mi sembra tutto assurdo – continua – un terrorista internazionale che vive a Gaggiano, in casa con madre, fratelli e nipotino, che va a scuola e mangia alla Caritas. Mi sembra strano”.

Il legale: “Venerdì la prima udienza di estradizione”
“Venerdì si terrà la prima udienza per l’eventuale estradizione”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Silvia Fiorentini, avvocato di Abdelmajid. L’udienza si terrà davanti ai giudici della quinta sezione penale della Corte d’Appello di Milano. Sarà il primo passaggio tecnico del procedimento e in quella data verrà effettuata l’identificazione della persona per cui la Tunisia ha chiesto l’estradizione. In quella udienza, inoltre, verrà anche chiesto al marocchino se intende dare il consenso alla sua consegna alle autorità tunisine. Se da parte del marocchino ci sarà opposizione all’estradizione, come è probabile, il procedimento verrà poi aggiornato ad altra data per la discussione nel merito sul mandato di cattura e sulla richiesta di estradizione. In seguito i giudici dovranno decidere sa dare l’ok alla consegna del giovane alla Tunisia. Sulla carta potrebbe essere valutato anche il fatto che in Tunisia vige la pena di morte. E in questo caso potrebbe arrivare il “no” da parte dei giudici italiani.

Renzi e Alfano: “Congratulazioni alle forze dell’ordine”
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano si congratula con le forze dell’ordine per “l’eccellente lavoro”: “Congratulazioni ai nostri uomini in divisa, agli inquirenti e all’intelligence, che hanno saputo tessere con alta professionalità la rete investigativa, senza escludere alcun canale di possibile infiltrazione”. Anche il premier Matteo Renzi esprime soddisfazione per l’operazione e affida il suo commento a Twitter: “Grazie alle forze dell’ordine che hanno arrestato in Lombardia uno dei ricercati della strage di Tunisi. Orgoglioso della vostra professionalità”.

Salvini e M5S: “Alfano dimettiti”
Ma la polemica politica si concentra sul particolare dell’arrivo in Italia a bordo di un barcone del presunto terrorista. Su Facebook, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini torna a chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno: “Il terrorista arrestato oggi a Milano era arrivato in Italia all’inizio dell’anno su un barcone partito dalla Tunisia. Un pericolo che la Lega denunciava da tempo. Alfano dimettiti”. Mentre il Movimento 5 Stelle chiede il “Daspo” per il titolare del Viminale: “Abbiamo sentito dire ad Alfano che non c’è un pericolo consistente in Italia, ma la realtà è che la sua totale incompetenza al Viminale sta trasformando il nostro Paese in una retrovia per cellule jihadiste. Il ‘Daspo’ se lo prenda lui, e a vita, dalla scena politica nazionale”, hanno dichiarato i deputati M5S delle Commissioni Esteri e Affari Costituzionali.

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