Sono giovani e donne a pagare le conseguenze della crisi economica. Non solo dal 2007 al 2013 la disoccupazione giovanile è aumentata del 96%, ma in questi anni l’Italia è diventata il paese europeo con la più alta percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano, il 22,2%. Alle donne, invece, la crisi ha portato un incremento del 43% del gap salariale rispetto agli uomini e maggiori difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia. È quanto emerge dal dossier “Piove sempre sul bagnato”, messo a punto dall’associazione Openpolis e dedicato al lavoro negli anni della terribile crisi che sta investendo Italia e Europa. Otto anni dopo il suo inizio, le conseguenze continuano a farsi sentire. Con la disoccupazione in aumento del 108% , l’Italia si colloca tra i Paesi che hanno subito maggiormente gli effetti della crisi. E se con l’occupazione sono diminuiti anche gli infortuni sul lavoro, lo stesso non può dirsi per le morti bianche, che nel 2014, dopo il calo registrato negli anni precedenti, sono tornate a crescere, raggiungendo quota 744, il numero più alto dal 2008.

DISOCCUPAZIONE RECORD A rendere critica la situazione lavorativa italiana, il fatto che la disoccupazione sia aumentata su tutto il territorio nazionale. Da Nord a Sud nessuna eccezione. Se nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione ha avuto un incremento maggiore in termini assoluti, con Calabria (12,03%), Campania (10,05%), Puglia (10,04%) e Sicilia (9,93%) in testa, che hanno così superato la soglia del 20%, nel Nord Est ci sono stati gli aumenti percentuali più consistenti, con l’Emilia Romagna che ha avuto un’impennata della disoccupazione del 286% e il Veneto del 131%. Sono, quindi, le regioni economicamente più forti ad aver maggiormente risentito della crisi economica. Anche se, come sottolinea il dossier di Openpolis, sono anche quelle che hanno retto meglio l’onda d’urto. Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, infatti, hanno tenuto più sotto controllo il tasso di disoccupazione, aumentato rispettivamente del 4,96%, 4,01% e 4%. Dati inferiori alla media nazionale, pari a 6,6 punti percentuali.

PAESI IN CONTROTENDENZA Una media quella italiana che è oltre il doppio di quella europea, dove la percentuale di disoccupati è aumentata di tre punti, passando dal 7,2% del 2007 al 10,2% del 2014. Ma in Europa non mancano gli esempi virtuosi. Polonia, Malta e Germania, nonostante la crisi, hanno avuto una diminuzione della disoccupazione. I primi due dello 0,6%, mentre la Germania del 3,5%. Così, mentre in media in Europa la disoccupazione è cresciuta del 41,67%, in Germania è diminuita del 41,18%. Lo stesso vale per l’occupazione. Anche su questo fronte l’Italia, passando dal 62,8% del 2007 al 59,8% del 2013, con una diminuzione del 4,78%, ha doppiato l’Unione europea, dove il calo è stato del 2%. E anche in questo caso la tendenza ha interessato tutto il territorio nazionale. Si è smarcato solo il Trentino Alto Adige, dove l’occupazione è rimasta stabile. Nel resto d’Italia gli occupati sono diminuiti, con percentuali particolarmente negative in Puglia, Molise, Campania, Calabria e Sicilia. Nelle cinque regioni, infatti, il calo è stato superiore al 10%, cinque volte più alto rispetto alla media europea.

GUAI AI GIOVANI Sono loro a pagare il prezzo più alto della crisi. In Italia si è passati dal 20,4% di giovani disoccupati del 2007 al 40% del 2013. Un aumento del 96%, a fronte del 50% registrato in Europa. A quelli che cercano ma non trovano lavoro, si aggiungono poi i cosiddetti Neet (Not engaged in Education, Employment or Training), ragazzi tra i 15 e i 24 anni che né studiano né cercano lavoro. In Italia sono il 22,2%, la percentuale più alta di tutta Europa, dove la media si attesta al 13%. Nemmeno in questo caso ci sono differenze tra Nord e Sud. In tutto lo Stivale la disoccupazione giovanile galoppa e i Neet crescono in maniera esponenziale. Abruzzo (+30%) e Calabria (+29) le regioni dove i giovani disoccupati sono aumentati di più in termini assoluti, mentre sono Marche (+300%), Emilia Romagna (+281%) e Veneto (250%) a far registrare gli incrementi più rilevanti. Per quanto riguarda i Neet, invece, oltre alla crescita record rilevata in Abruzzo, Emilia Romagna e Umbria, dove sono aumentati del 144,4%, 125% e 111%, fa riflettere il dato di Sicilia, Calabria e Campania, dove rappresentano oltre il 30% dei giovani tra i 15 e i 24 anni.

ABBASSO LE DONNE Non è che per le donne le cose vadano meglio. Due i nodi da sciogliere per quanto riguarda il lavoro femminile: le differenze retributive rispetto agli uomini e le difficoltà di conciliare lavoro e maternità. Non solo in Italia, in tutta l’Ue le donne guadagnano meno dei colleghi uomini. Ma mentre nella maggior parte degli stati membri il divario è diminuito, l’Italia si colloca tra quei sette paesi in cui è ulteriormente aumentato. Dal 2007 al 2013, infatti, l’incremento è stato pari al 43%. Unica consolazione per le donne italiane, il fatto che il divario salariale sia del 7,3%, dato che colloca l’Italia al 25esimo posto con una differenza tra le più basse d’Europa. A complicare però la situazione lavorativa femminile i problemi innescati dalle difficoltà di gestire famiglia e lavoro. Difficoltà che spesso portano le donne con figli a rinunciare alla loro occupazione. I dati mostrano che il tasso di occupazione delle donne si abbassa con l’aumento del numero dei figli, passando dal 57,8% delle mamme con un figlio, al 50,9% di quelle con due bambini fino a scendere al 35,5% tra chi ha tre o più figli. Ben lontana dalla nostra la situazione danese, dove tra le donne con tre o più bambini il tasso di occupazione è al 77%, quasi 20 punti percentuali in più rispetto alle donne italiane con un solo figlio.

LAVORO SICURO Qualche barlume di speranza per il mondo del lavoro arriva dalla sicurezza. Dal 2008 al 2012 in Italia gli infortuni sono diminuiti del 31,44%. Una tendenza che accomuna tutte le regioni italiane, ma che è stata particolarmente evidente nelle Marche (-33,1%), in Umbria (-33%) e in Friuli Venezia Giulia (-31,6%). Nelle tre regioni il calo degli infortuni è stato superiore alla media nazionale. Nello stesso periodo anche le morti bianche hanno segnato una costante diminuzione. Ma negli ultimi due anni il numero di coloro che hanno perso la vita lavorando è tornato a salire, segnando nel 2014 un record negativo con 744 vittime, il numero più alto registrato dal 2008 ad oggi. Su questo fronte comunque l’Italia si allinea alla media europea. E, nel caso degli infortuni, la situazione italiana è risultata anche migliore. Fino al 2012, ultimo anno per cui è disponibile un dato complessivo, nei paesi Ue le morti bianche sono diminuite del 38%, mentre gli infortuni sul lavoro dell’11,17%. Meglio dell’Italia e del suo calo del 31,44% solo Slovenia, Grecia, Spagna e Repubblica Ceca. Si discostano dalla tendenza generale, invece, Lussemburgo, Croazia e Malta, dove i decessi sul lavoro sono aumentati, e la Svezia, che a differenza del resto dell’Unione europea, ha registrato una crescita, seppur minima (0,53%), degli infortuni

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