Forme di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano che arrivavano sul mercato nazionale e internazionale nonostante non rispondessero agli standard di qualità previsti dal marchio. È questa l’accusa che ha travolto tre importanti società lattiero-casearie tra Reggio Emilia e Mantova. Nel mirino della Procura reggiana sono finite la Nuova Castelli Spa di Reggio Emilia e altre due società controllate da essa, la Casearia Tricolore, e la Casearia Gentile con sede a Mantova, insieme a una quindicina di caseifici e magazzini di stoccaggio da cui sarebbero passate migliaia di forme non adatte a essere vendute.

Nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani risultano al momento indagati gli imprenditori legati alle aziende coinvolti. Tra questi: Dante Bigi, fondatore della Nuova Castelli, conosciuto nell’ambiente come uno dei massimi esportatori italiani di Parmigiano Reggiano. Due anni fa la Nuova Castelli di Bigi era finita nell’occhio del ciclone per il progetto, poi tramontato, di un “mega magazzino” per la stagionatura di formaggio che avrebbe potuto ospitare fino a 500mila forme. Insieme a lui nei guai anche Luigi Fici, amministratore delegato della Nuova Castelli, e il mantovano Mario Panazza, presidente del cda della Casearia Gentile e anche nel Cda di Casearia Tricolore. L’accusa per i tre è di frode nell’esercizio del commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. Secondo gli inquirenti gli imprenditori, in concorso tra loro, producevano Parmigiano Reggiano e Grana Padano contraffatti, immettendoli sul mercato italiano e soprattutto straniero, senza rispettare i requisiti richiesti.

Le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo antifrode di Parma insieme al comando provinciale di Reggio Emilia, ai militari del Nac di Roma e di Palermo, hanno portato a perquisizioni in Emilia Romagna e Lombardia, facendo scoprire una quantità di prodotti che presentavano difetti. Formaggi in cui si potevano vedere buchi e fessurazioni, croste irregolari, e in cui risultava essere stato utilizzato un conservante che consente di prolungare lo stato di preservazione degli alimenti. I prodotti erano pronti per essere venduti, ma invece sono stati sequestrati nell’operazione insieme alla documentazione relativa.

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