Mentre gli azionisti di Veneto Banca, come rilevava la senatrice Pd Laura Puppato a ilfattoquotidiano.it, guardano con apprensione all’inchiesta della magistratura sull’istituto di Montebelluna, c’è chi può tirare un sospiro di sollievo. E’ il caso di Bruno Vespa, che era entrato nell’azionariato della popolare veneta oltre 5 anni fa con un pacchetto azionario ben più corposo di quello della Puppato, visto che all’epoca era valutato circa 8 milioni di euro contro i 9mila della senatrice piddina. L’anchorman di Rai 1, che è legato al dominus di Veneto Banca Vincenzo Consoli anche per il tramite della Masseria Cuturi in provincia di Taranto, però, ha da tempo rivenduto le azioni della popolare. Lo ha raccontato lui stesso a ilfattoquotidiano.it dopo che da Montebelluna, interpellata in merito, era arrivato un secco diniego motivato con “questioni di privacy” che impedirebbero la consultazione del libro soci.

“Non esistono più da moltissimo tempo, da anni. Andate a vedere i libri soci. Sono cose pubbliche”, garantisce Vespa che pure dice di non ricordare quando ha venduto. Da qui l’assenza di opinioni particolari sull’inchiesta della magistratura che martedì ha registrato una serie di perquisizioni a tappeto nelle sedi della banca e nelle abitazioni di amministratori, ex amministratori e soci. “So quello che ho letto sui giornali. E’ un’indagine che c’è da tempo, mi pare che le banche popolari non siano molto amate dal sistema, no? E’ un problema complicato perché tutte quante, hanno una tradizione molto lunga. E’ vero che di questi tempi con la globalizzazione, eccetera, sono necessarie le fusioni ed è necessaria una riforma che in parte è stata fatta e per la quale il voto capitario non ha molto senso: chi ha cento non può contare come uno che ha uno. Insomma, mi pare che ci sia una battaglia in corso, che dura da anni, tra una vigilanza, la Banca d’Italia, e un mondo che ancora è legato ai centri propulsori di questi istituti, come per esempio l’Azione cattolica. Un sistema che ha fatto anche molto bene a tante piccole imprese. L’ispezione in Veneto Banca rientra in questo clima. Io poi come stiano queste partite tecniche francamente non lo so. Le indagini sono in corso, si vedrà”.

Del resto, ormai, l’unico filo che ancora lo lega, seppure indirettamente, a Montebelluna, è quello della Masseria con cui Vespa e la moglie Augusta Iannini a luglio del 2011 sono entrati in società con Consoli e con Paolo Rossi Chauvenet, un dentista di Padova che dal 2008 al 2014 è stato consigliere “indipendente” di Veneto Banca e la cui moglie, Lorenza Cracco, è in affari con il commercialista di Giancarlo Galan, Paolo Venuti. “E’ una masseria in cui sono socio con Vincenzo Consoli e con altre due persone – spiega Vespa -. Ma non c’entra niente con il mio vino: quello che è in commercio e che stiamo presentando è della famiglia Vespa e non ha nulla a che vedere con gli altri soci e con il vino della Masseria Cuturi che ha avuto dei problemi, dei dissensi anche tra soci. E dove sono azionista diciamo dormiente, mentre produco il mio vino altrove con i vigneti che ho affittato, con le uve che ho comprato per conto mio”. Vespa, poi, ha compiuto per conto suo anche l’ingresso nell’azienda agricola che invece la famiglia Consoli comprò nel 2008 per 3 milioni di euro anche grazie a un finanziamento di Veneto Banca. “I soldi che io ho messo nella Masseria Cuturi, fino all’ultimo centesimo, sono frutto dei miei risparmi. Non c’è stato nessun finanziamento nè da parte di Veneto Banca, nè da parte di nessun altra banca. E per quanto ne so io Veneto Banca non ha finanziato neanche gli altri soci che sono entrati a titolo personale con delle società che avevano. Io sono entrato con il mio nome, con il nome di mia moglie e con soldi nostri, senza avere un centesimo di millesimo da nessun altro. Posso anche dire che essendo subentrato dopo, ho anche pagato le mie quote più di quanto le avessero pagate gli altri. Forse era giusto così, visto che sono arrivato per ultimo”.

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