Nel 2014, la retribuzione media di un italiano è stata pari a 28.977 euro lordi all’anno, cioè 1.560 euro netti al mese, ma con “una differenza notevole in base al ruolo ricoperto e al livello contrattuale”: lo stipendio di un amministratore delegato arriva ad essere equivalente a 11,2 volte quello di un operaio. A fotografare il mercato delle retribuzioni in Italia è il Jp Salary Outlook 2015, rapporto redatto dall’Osservatorio di JobPricing, portale che fa riferimento alla società di consulenza Hr Pros.

I quasi 29mila euro di retribuzione annua lorda collocano l’Italia al nono posto tra i 15 Paesi della zona euro, in linea con i dati Ocse. “Siamo abbondantemente dietro i nostri principali competitor come Francia e Germania – si legge nel rapporto -, ma siamo dietro anche all’Irlanda e solo poco più avanti della Spagna (rispettivamente ottava e decima, ndr), Paesi che hanno subito più di noi gli effetti della grande crisi in atto dal 2008″. E la situazione peggiora se si tiene conto dello stipendio netto da lavoro dipendente, “dove invece l’Italia si trova agli ultimi posti, a causa del cuneo fiscale e indipendentemente dalla situazione familiare del lavoratore”.

Analizzando le differenze retributive per qualifica professionale, poi, emerge un netto divario tra i dirigenti, che guadagnano in media 107mila euro lordi all’anno, i quadri con poco meno di 54mila euro, gli impiegati con 31mila euro e, infine, gli operai che portano a casa quasi 24mila euro. In poche parole, chi occupa una posizione dirigenziale guadagna oltre quattro volte un operaio, oltre tre volte un impiegato e due volte un quadro. Il divario si allarga ulteriormente tenendo conto del “multiplo retributivo“, cioè l’indicatore che mette a confronto la fascia più bassa di stipendi operai con quella più alta per le retribuzioni degli amministratori delegati: si passa da 18mila a 210mila euro, con una differenza pari appunto a 11,2 volte.

Da non trascurare, poi, l’ormai storico divario geografico: i lavoratori occupati nel Nord guadagnano mediamente il 4,4% in più rispetto ai colleghi del Centro e il 19,8% rispetto al Sud e alle Isole. Il rapporto spiega questa differenza con la maggiore concentrazione di grandi aziende multinazionali e, di conseguenza, di più alti profili manageriali al Settentrione, aggiungendo che al Sud il costo della vita è inferiore e, pertanto, si abbassa anche il livello retributivo offerto. La Regione dove si guadagna di più è la Valle d’Aosta (oltre 31mila euro lordi all’anno), seguita da Trentino Alto Adige e Lombardia. In Calabria invece si trovano le retribuzioni più basse, circa 22mila euro, con Sardegna e Basilicata rispettivamente al penultimo e terzultimo posto. Milano è la provincia dove le buste paga sono più ricche, con un indice pari a 125,3 se si considera 100 il valore medio in Italia, con Roma e Trieste a seguire in classifica. Eppure, se si rapportano gli stipendi al costo medio della vita, la classifica cambia volto: la capitale balza al primo posto, con Firenze seconda e Venezia terza.

Le retribuzioni si differenziano, naturalmente, anche a seconda del settore dove si lavora. A dominare la classifica è ancora il segmento banche e società finanziarie, dove lo stipendio medio annuale si attesta a quota 41mila euro. Seguono le società di ingegneria, farmaceutica e assicurazioni, con valori medi che si aggirano sui 38mila euro. Se si isolano invece le retribuzioni dei dirigenti, si scopre invece che il manager di un’azienda del settore moda e lusso guadagna in media 130mila euro all’anno. In fondo a questa graduatoria, si trovano invece i lavoratori dell’agricoltura e dell’allevamento, con stipendi da circa 22mila euro annui, seguiti dai dipendenti che forniscono servizi alla persona e, poi, alle imprese. In questi calcoli, bisogna tenere conto del differente grado di specializzazione richiesto dai vari comparti: nell’agricoltura, il 90% dei lavoratori sono operai, nei servizi finanziari il 73% sono impiegati.

Per quanto riguarda le differenze di genere, invece, gli uomini guadagnano in media 29.981 euro contro i 27.890 euro delle donne, un dato che evidenzia un divario del 7,2 per cento. Questo divario, sottolinea il rapporto, è tra i più bassi all’interno dell’Unione Europea: meglio di noi fanno solo Slovenia, Malta e Polonia, anche se, è bene ricordarlo, il dato riportato dallo studio risale al 2012. Anche l’età e il grado di istruzione fanno la differenza in busta paga. Nel dettaglio, il rapporto parla di un gap retributivo generazionale pari al 107%, mettendo a confronto i valori medi degli stipendi di chi ha appena cominciato a lavorare e di chi sta per andare in pensione: basti pensare che un operaio ventenne guadagna 20mila euro all’anno, mentre un manager di 65 anni porta a casa oltre 122mila euro. Sul fronte dell’istruzione, infine, il conseguimento della laurea determina, in media, una busta paga più ricca del 58%: chi ha frequentato l’università guadagna in media 41mila euro l’anno, contro i 26mila di chi non è in possesso di un titolo accademico.

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