“Prima uno, poi due, alla fine erano cinque gli elicotteri che ci ronzavano sopra la testa. Mentre un fiume di gendarmi ha sbarrato le strade”. E’ stato questo il risveglio degli abitanti della zona residenziale di Dammartin-en-Gäule, non distante dal capannone dove questa mattina intorno alle 10 si sono asserragliati i fratelli Kouachi e che alle 17, con il blitz delle forze speciali francesi, si è trasformato nella loro tomba.

Sul piccolo paese – 9mila anime a nord di Parigi – per tutto il giorno si sono concentrati gli occhi della Francia e del mondo. Qui, infatti, si è arrestata la fuga dei due killer della strage di Charlie Hebdo. Per tre giorni i fratelli Kouchi sono stati braccati dalle forze dell’ordine che a Dammartin-en-Gäule non solo hanno creato un esteso cordone di sicurezza, ma hanno messo in atto un piano di emergenza che prevede la chiusura delle scuole. E mentre di fronte alla tipografia regnava lo stallo tra polizia e terroristi, gli abitanti e i genitori del paesino temevano per la vita dei loro figli.

Sorpresi da quello che stava avvenendo intorno, i ragazzi che stavano facendo educazione fisica sono dovuti rientrare in classe lasciando negli spogliatoi zainetti e vestiti. Anche i primi familiari e amici giunti sul posto sono stati fatti entrare negli edifici scolastici: “Ci hanno invitati ad entrare, ma non ci hanno più permesso di andare via e tornare a casa” racconta a ilfattoquotidiano.it Vincent Daragon, venuto a vedere come stava la sua giovane cognata e a “verificare che le forze dell’ordine stessero davvero facendo bene il loro lavoro”. Ha poi precisato che “non ci lasciavano uscire nemmeno per fumare una sigaretta. Alla fine stavamo impazzendo e la preside ha convinto i gendarmi a lasciarci andare, ma siamo rimasti lì dentro 4 ore”.

I genitori arrivati più tardi hanno vissuto ore d’angoscia. Loro non hanno potuto mettere piede nell’edificio: “La scuola non mi ha nemmeno avvisata! Sono venuta di corsa dopo aver sentito la televisione. Sono davvero amareggiata, penso che avrebbero potuto gestire la cosa diversamente” si lamenta la madre di una bambina di 8 anni. “A me la scuola ha scritto” dice invece il padre di un quindicenne: “Peccato che mi abbiano già mandato tre messaggi diversi per dirmi dove potrò recuperare mio figlio. E non so ancora a che ora!”.

Incollati alla radio, circondati da giornalisti e con i gendarmi che non erano in grado o non potevano dare informazioni, per loro l’attesa è stata infinita. “Finalmente posso andare a recuperare le mie bambine” sospira una donna quando si è avuta notizia dell’esito del blitz e la polizia le ha dato il via libera. “Questa giornata è stato un vero orrore – ha aggiunto – Viviamo un orrore da mercoledì, ma oggi… non ho più parole, non riesco nemmeno a… mi spiace ma non posso nemmeno dire come mi sento, sono troppo scossa. Voglio solo recuperare le mie bambine”.

Ore terribili anche per i parenti degli impiegati dell’azienda situata proprio di fronte alla tipografia assediata. “Non ho praticamente avuto notizie di mio fratello di 20 anni. Avevano i telefoni staccati e le comunicazioni erano complicate”. Si commuove Neila Atyah, che ha passato tutta la giornata al limite del perimetro di sicurezza e ha potuto tirare un sospiro di sollievo solo nel tardo pomeriggio: “Dopo ore sono almeno riuscita a sapere che sta bene e che tra poco tornerà a casa”.

Un’anziana signora in lacrime racconta: “Mia figlia sta bene, l’ho appena sentita e sta bene. Mi ha detto che li hanno fatti spostare nel magazzino. Aveva detto che li avrebbero tirati fuori di lì, ma poi hanno rimandato a dopo il blitz e adesso finalmente è finita. E’ finita” ripete incredula. “Sono salvi. E quelle bestie sono morte”.

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