Di esternazioni Napolitano nel corso del suo secondo mandato ne ha fatte molte, ma quelle di ieri in occasione del suo tradizionale messaggio di auguri alle alte cariche dello Stato sono un concentrato esplosivo. Pare quasi di assistere a quegli spettacoli pirotecnici dove sul finire vengono sparati fuochi d’artificio sempre più strabilianti. Come in quel caso non si sa se ci sia già stato il botto finale o cosa ci si debba ancora aspettare. Parlare di entrata a gamba tesa nella vita politica è riduttivo, se non pensando al fatto che lui dovrebbe limitarsi ad arbitrare e invece gioca con una squadra, quella del governo, contro l’altra squadra. Ma vi è di più, egli s’intromette anche nelle vicende interne al suo partito di provenienza per scongiurarne la rottura, quasi che più che Presidente della Repubblica sia Presidente del Pd.

Come se non bastasse Napolitano sottolinea poi il rischio di elezioni anticipate, che il suo successore dovrà evidentemente evitare a tutti i costi, si attaccano i sindacati poiché non accettano quel jobs act imposto dal Governo e dulcis in fundo si ammoniscono le opposizioni a non fare ostruzionismo bloccando l’Italicum e la riforma costituzionale. Lui che dovrebbe essere il custode della Costituzione spinge insomma un Parlamento sempre più riottoso a mutarla, modificandone alcune regole fondamentali.

Nel nostro ordinamento il Presidente è il rappresentante dell’unità nazionale, ne è il simbolo, la sua condotta deve essere imparziale e neutrale, e non può mai diventare organo d’indirizzo politico, non svolge alcuna funzione attiva nella determinazione delle scelte politiche. Il suo potere di esternazione non è illimitato e i limiti sono chiaramente indicati. Napolitano raccomanda a tutti “maggior senso del limite”, peccato che sia proprio lui ad averli oltreppassati tutti.

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