Morire ai tempi di Facebook non è più una questione privata. La moda dettata dai social è quella di commemorare i defunti con frasi commoventi, immagini, citazioni, foto profilo e quant’altro. Vale per le celebrità, quanto per le persone comuni. Nell’epoca della condivisione ci si sente quasi in dovere di unirsi alla massa nel ricordare la star compianta: tra i casi degli ultimi anni ricordiamo Lucio Dalla, Lou Reed, Gabriel Garcia Marquez, Marco Simoncelli, Michael Jackson fino ad arrivare pochi giorni fa a Giorgio Faletti. Non importa più se davvero si conoscono o si apprezzato i libri, le canzoni o le imprese della stella in questione, l’importante è unirsi al commiato.

Questo fenomeno ribalta la pratica diffusa nell’ultimo secolo della rimozione della morte. La morte, essendo un tema doloroso veniva nella cultura occidentale (fino a pochi anni fa) ignorata, per lenire la sofferenza si preferiva parlare di altro. Da quando i social network sono diventati un mezzo di comunicazione di massa ampiamente diffuso pare invece che stia tornando in auge la pratica della celebrazione della morte, come era esistita ad esempio nel medioevo, durante il quale si era soliti celebrare i defunti per molti giorni con lunghe e partecipate liturgie. Questo fenomeno è ancora più palese quando il defunto non è un vip, ma una persona normale, che viene ricordata da parenti e amici sui social network.

La nostra vita è di fatto l’unica cosa che realmente si possiede, e il fatto che chiunque possa commentarne la fine, anche senza conoscere la persona, non a tutti può piacere.

Questa pratica di “condivisione della morte” può sembrare a un primo sguardo di cattivo gusto, visto che l’immagine e il nome del compianto finiscono in mezzo al fiume di pattume che è la bacheca di Facebook, in cui si mescolano eventi personali a pubblicità di viaggi, articoli sulle mode dell’estate, foto di ragazze in bikini o ragazzoni palestrati, gattini che cercano padrone, tizi che vendono moto, i commenti ai risultati dei Mondiali, l’ultima sparata di Grillo, Renzi o Berlusconi e selfie imbarazzanti di sconosciuti.

C’è insomma il rischio di mescolare veri sentimenti a sentimenti di plastica, ovattando il reale significato di ciò che si voleva dire. Ma in fondo non è così anche la vita nel mondo reale? Le cose veramente importanti succedono in mezzo a tutte le altre, tra il traffico, il rumore della tv, il direttore che grida, l’idraulico che deve venire a riparare un tubo che perde e una bolletta che è da pagare. Sui social è solo più evidente questa confusione semantica, ma alla fine il caotico risultato di mescolanza tra sentimenti autentici e rumore di fondo non si discosta molto da quello della quotidianità, ed è forse questo a renderlo così insopportabile.

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