Renzi sbatte il suo 41% sul tavolo. Presenta le sue riforme, sventaglia i suoi nomi, rivendica di aver messo da parte Mineo e gli altri per ridisegnare la Costituzione. E’ la “renzizzazione”, forse definitiva. Scuola, pubblica amministrazione, fisco, imprese, corruzione, ambiente, agricoltura, edilizia, grandi opere, trasparenza. E poi le nomine di una decina di enti, dalla Consob all’Enit, dall’Agenzia delle Entrate all’Istat e al Demanio. La conferenza stampa al termine di due ore di consiglio dei ministri tiene dentro tutto, è un bignami di molto di ciò di cui un governo deve occuparsi. In più il presidente del Consiglio scatena anche la sua forza da segretario nei confronti dei 14 senatori aventiniani e ancora di più sul sindaco dimissionario di Venezia, Giorgio Orsoni, che oggi gli aveva dato del “fariseo”. “Non guardiamo in faccia nessuno” dice Renzi: si riferisce a Orsoni, ma è un motto che vale per tutto e per tutti. Se prima del 25 maggio Renzi era definito decisionista, dopo quella data si è trasformato in uno schiacciasassi. Chi si trova dall’altra parte, viene travolto. Il lessico è sempre quello, un po’ da slogan, quello cioè che proprio i 14 senatori autosospesi gli hanno rimproverato: “affossare”, “palude”, “vivacchiare” le parole negative, da combattere. Tutto gira dietro a un concetto: “Non ho preso il 40% per per stare a vivacchiare. Mentre qualcuno passa la giornata a vedere cosa fa un senatore noi stiamo rivoluzionando l’Italia”. 

Quindi mentre il Pd si prepara a uno scontro duro nell’assemblea nazionale che domani (14 giugno) dovrà eleggere il nuovo presidente, Renzi tratta i critici alle riforme istituzionali come se soffiasse su un castello di carte. “Se utilizzi il tuo voto decisivo in commissione per affossare un progetto del governo, non stai esercitando la tua libertà di coscienza ma stai cercando di affossare la legge costituzionale – dice – E’ del tutto normale, evidente e pacifico il potere sostitutivo. Non è epurazione nè espulsione ma coerenza”. Il capo del governo la legge così: “La sostituzione di singoli parlamentari da commissioni dove la maggioranza ha un voto di scarto può essere considerata in tutti i modi ma non certo come esercizio di un potere dittatoriale“. Quindi “se stai in commissione e non segui la linea del tuo partito, hai il dovere di farti da parte rispettando la linea del partito”. E alla fine ribadisce un concetto già espresso dai suoi alfieri in mezzo alle polemiche sulla sostituzione di Mineo e Vannino Chiti: “Il Pd che noi vogliamo discute fino in fondo, trova posizioni di mediazione ma un partito democratico non consente a nessuno di diventare anarchico e indipendentemente da Fi e dalla Lega va con una voce sola e non fa dipendere la sua idea di riforme dall’idea di un singolo senatore, se stai in una comunità ci devi stare”. O prendere o lasciare, ma “se davanti agli elettori delle primarie e delle europee non andiamo avanti con le riforme per un senatore, ci prendono per matti e ci ricoverano tutti. Un senatore può esprimere le sue posizioni in Aula, non espelliamo nessuno ma in commissione è doveroso che ci siano i numeri per rispetto della volontà dei cittadini. Il tempo delle mediazioni è finito”. Renzi è sicuro, quei senatori votino pure in libertà di coscienza, ma “i voti ci sono anche senza di loro”.  

Per portare a casa queste benedette riforme istituzionali Renzi è disposto a tutto. Non solo a “sacrificare” qualche senatore lungo il percorso, ma anche a incontrare per l’ennesima volta – la terza – Silvio Berlusconi: “Non sento Berlusconi da oltre un mese, non credo che la posizione di Fi sia cambiata, se è cambiata ce lo diranno”, ma “se c’è da incontrare Berlusconi o altri leader di forze politiche” per discutere di riforme “sono pronto, ma al Pd va data la responsabilità di cambiare il Paese”.

Il corso renziano non deve avere ostacoli.  “Non ho preso e il Pd non ha preso il 40,8% per stare a vivacchiare. Quel risultato serve per cambiare l’Italia e la cambiamo” non come quando si dicevano “parole parole parole e si facevano zero riforme”. Bisogna “cambiare le cose”, ha ancora detto. E questo vale anche per Orsoni, al quale il presidente del Consiglio non può che rispondere con un tono adeguato dopo che il sindaco dimissionario di Venezia a un’intervista a Repubblica aveva dato del “fariseo”. “Quello che mi ha veramente amareggiato di tutta questa storia”, aveva detto Renzi, è “il comportamento inaccettabile del Partito democratico, il modo superficiale e farisaico con cui hanno trattato la mia vicenda, e in particolare mi riferisco al suo vertice, Matteo Renzi”. Il riferimento è probabilmente a quell’uscita di Luca Lotti: “Orsoni? Non è un iscritto al Pd”. “Non guardiamo in faccia nessuno – è la replica del capo del governo e segretario del partito – Con Orsoni il Pd è stato chiaro. Comprendiamo il suo dramma umano ma, con tutto il rispetto nonostante le sue frasi incredibili verso di me, nel momento un cui uno patteggia è del tutto evidente che non può fare il sindaco“. 

E a proposito di scandali finalmente il governo ha dato il via all’Agenzia anticorruzione, guidata da Raffaele Cantone. Sono stati nominati anche gli altri 4 membri: il consigliere di Stato Michele Corradino, il docente di diritto amministrativo Francesco Merloni, la costituzionalista Ida Angela Nicotra e la giurista Nicoletta Parisi. E poi i poteri. L’agenzia vigilerà sui contratti pubblici, a cominciare da quelli legati ad Expo, con la possibilità di ordinare ispezioni, ma soprattutto con il potere di proporre commissariamenti ad hoc non dell’azienda, ma di singoli appalti sospetti, redigendo una contabilità separata. Un super-ispettore, insomma. Tutte le prerogative finora in capo all’Authority sugli appalti pubblici, come era emerso già in giornata, passeranno all’Anticorruzione nel giro di pochi mesi e comunque entro la fine dell’anno. Per farlo, avrà un rafforzamento di uomini e strumenti. 

Poi tutto il resto. Quella che viene definita “rivoluzione della pubblica amministrazione“: il dimezzamento dei permessi sindacali, la mobilità a 50 chilometri, con “norme su ricambio generazionale, che permettono di creare 15 mila posti con la modifica dell’istituto del trattenimento in servizio”. Impresa: “Le Pmi risparmieranno il 10% sulle bollette”, “la riduzione del 50% del diritto camerale” (cioè quanto pagano le imprese alle Camere di commercio). Fisco: si punta a farlo diventare più leggero e semplice per cittadini e imprese, tra l’altro con il 730 precompilato direttamente a casa. Agricoltura: via libera al piano “#campolibero” che prevede azioni per giovani, lavoro, semplificazioni, competitività e sicurezza in campo agroalimentare. Ma Renzi non ha intenzione di fermarsi: “Confermo entro giugno la riforma del welfare e della giustizia, lo Sblocca Italia entro luglio e un provvedimento ad hoc sulla scuola”. Revisione della spesa: gli avvocati dello Stato vedranno ridotti i propri compensi con un calo dal 75% al 10% del premio per le liti e sono stati eliminati anche i diritti di rogito dei segretari comunali. Ambiente: estensione delle indagini nella Terra dei Fuochi in Campania, semplificazione delle procedure per le bonifiche, messa in sicurezza e recupero di rifiuti anche radioattivi, requisizione degli impianti di rifiuti in caso di grave pericolo anche potenziale, semplificazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti. Sanità: le  ricette per i malati cronici avranno validità di 6 mesi. Ma Renzi non ha intenzione di fermarsi: “Confermo entro giugno la riforma del welfare e della giustizia, lo Sblocca-Italia entro luglio e un provvedimento ad hoc sulla scuola”.

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