Sos mamme in città. L’allattamento al seno è un diritto dei bambini e delle madri ancora violato nel mondo se praticato in pubblico. Il 29 aprile a Nottingham 70 mamme hanno allattato al seno i loro figli dentro il negozio di abbigliamento Sports Direct in segno di solidarietà verso una donna di 25 anni che due mesi prima era stata cacciata dai proprietari per aver dato la poppata al seno al suo neonato. Le proteste del marito non erano valse a nulla.

Il petto nudo femminile scatena il voyeurismo sessuale. Oppure è un tabù. O proprietà privata del compagno. Per rompere lo stigma il fotografo statunitense Hector Cruz ha lanciato la campagna “Breastfeeding”: protagonisti i padri, fotografati a torso nudo con in braccio i loro figli e la scritta “If I could, I would” (cioè “Se potessi, lo farei”, ndr). A Cruz l’idea è venuta in mente dopo che gli hanno proibito di assistere al corso di allattamento al seno a cui si era iscritta la moglie in attesa della primogenita. “Credo che l’unico modo per iniziare davvero ad abbattere il pregiudizio sull’allattamento al seno in pubblico deve partire dagli uomini – Cruz lo scrive in una mail inviata all’Huffington Post. Se educhiamo gli uomini, diamo un sostegno alle donne e lo stigma cade”.

Spie che rivoluzioneranno le abitudini delle donne italiane: i baby-pit-stop urbani. Un progetto di Unicef Italia in collaborazione con Asl, Province e Comuni per individuare almeno mille spazi, pubblici o privati, dedicati all’allattamento materno. E segnalati su una mappa online. Milano è il centro più virtuoso con oltre 50 spazi selezionati già dal 2010. All’iniziativa hanno aderito farmacie, estetiste, librerie, bar, negozi per bambini, locali in co-working e l’aeroporto di Malpensa.

Aumentano gli sforzi a livello locale per non costringere le mamme all’invisibilità. A Trieste, l’adesivo “Bebènvenuti” è esposto sulle vetrine di bar, ristoranti, negozi che offrono alle mamme uno spazio per l’allattamento. “Punto allattamento al seno” è l’iscrizione adottata a Pistoia. Mentre “Via Lattea” è il piano di Modena. Radiomamma, sito web per i genitori che abitano a Milano, assegna il bollino di qualità family-friendly. Recentemente se lo è aggiudicato anche lo stadio di San Siro, che mette a disposizione marsupi di cortesia per consentire alle mamme con neonati di muoversi con facilità tra le tribune e nel museo interno. Quando non ci sono le partite di calcio, nella sala dirigenti di Milan e Inter viene allestita una soft room per cambio pannolino e poppata.

Tra i servizi a prova di bambino indicati dal sito, il “cinemamma” al cinema Anteo, zona Moscova, sempre a Milano: due mercoledì al mese riservati a mamme con figli da 0 a 18 mesi, con possibilità di parcheggio passeggini, fasciatoio, salviette, pannolini, scaldapappa, biberon, luci tenui e volume basso. Il “cinemamma” sta prendendo piede in molte città: da Bologna e Rimini, a Roma, L’Aquila, Torino e Padova. L’alternativa al nido invece è il co-baby dentro il co-working. Un esempio è l’associazione “Piano C”, che a Milano offre uffici per genitori e una baby sitter per i figli (fino a 3 anni) dalle 9 alle 19. Un’altra soluzione è la”tagesmutter” (mamma di giorno, in tedesco): tate professionali che badano fino a 5 bambini per volta a casa loro.

Altra impresa da mamma: conciliare lavoro e famiglia. Un anno fa Radiomamma ha promosso il progetto “Io concilio” finanziato da Palazzo Marino: scuole aperte dopo l’orario scolastico per l’autogestione condivisa dei figli. “Nel 2010 cinquemila mamme lombarde, di cui 1700 milanesi, hanno lasciato il lavoro dopo la nascita del primo figlio – spiega Carlotta Jesi, fondatrice del portale – Molti genitori non partecipano alle riunioni di scuola perché non sanno a chi affidare i fratellini più piccoli”. Da qui l’esigenza di aiutarli garantendo aule aperte durante riunioni, udienze o dopo la fine delle lezioni, e turni di genitori volontari. Coinvolte finora una decina di istituti, tra nidi, materne e scuole primarie, dai Navigli alla Barona.

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