Le basi storiche del razzismo sono antiche e ovvie: l’”altro”, il diverso, doveva essere inferiore, per legittimare guerre ed oppressione. Ma il patriottismo, o nazionalismo, hanno origini del tutto simili, anche se più variegate: a volte la lingua comune (ma non sempre), a volte l’esistenza di confini geografici per definiti (lo spartiacque alpino, un’isola….), a volte una dominanza politico-militare opprimente (la liberazione dall’imperialismo). L’internazionalismo proletario (ed anarchico) è la prima contestazione storica del nazionalismo. Quello dei libero mercato mondiale (la famigerata “globalizzazione”) è buona seconda.

Come si vede, nessuno di questi due concetti ha basi in qualche modo scientifiche. L’unica razza a cui davvero apparteniamo è quella dell’”homo sapiens sapiens”, e forse anche qui c’è un po’ da discutere, con qualche animalista radicale o induista…..

Il superamento del razzismo come idea accettabile, si badi, è più recente del sorgere di istanze internazionaliste: Lincoln giudicava la razza bianca indubitabilmente superiore a quella nera, ma non riteneva questa una buona ragione per non abolire la schiavitù. Churchill era esplicitamente razzista (definì gli indiani “un popolo bestiale con una religione bestiale”). Gli inglesi nell’’800 scrissero trattati scientifici sull’inferiorità della razza irlandese.

E le possibili ragioni del nazionalismo tendono nel tempo ad evolvere ed a evaporare del tutto: le contaminazioni linguistiche (con i francesi che “proibiscono” l’uso di parole di origine inglese…), gli spartiacque non convincono troppo, molti confini storici sono stati cambiati ancora recentemente, le “enclaves” geografiche di minoranze sono numerosissime e variopinte, e le guerre contribuiscono vivacemente a unificare nazioni divise e dividere nazioni unificate. Chi vince decide, la superiorità militare non sembra un pilastro di razionalità.

Ma vediamo i simboli ancora fortissimi del nazionalismo-patriottismo: l’inno, la bandiera, il tifo sportivo (chi ne è del tutto esente?). Ma anche il cibo (quello italiano è senz’altro il migliore, lo si ripete anche di fronte all’evidenza del contrario….). I francesi sono mangiarane per gli inglesi, e i tedeschi mangiapatate. O i persistenti luoghi comuni: italiani imbroglioni, greci mentitori (nei paesi anglosassoni), irlandesi ubriaconi e rissosi, scozzesi, ebrei e genovesi avari. Terroni, e adesso extracomunitari, che minacciano il sole sorgente della Padania. I bavaresi sono considerati stupidi dai tedeschi del nord, come i belgi dai francesi. Poi i marò prigionieri in India sono senz’altro innocenti, neppure l’ipotesi che possano essere degli assassini può essere avanzata. E anche i militari americani non possono essere processati all’estero, qualsiasi cosa abbiano fatto (cfr. Cermis).

Ai tempi di mio nonno, la parte sud di Milano era considerata infrequentabile, data la gente che ci viveva.

Poi ci sono le “accoppiate storiche” di nazionalismo e razzismo: noi europei abbiamo la vergogna della Shoa, ma gli africani hanno ammazzato un bel po’ di commercianti indiani (“si arricchivano alle loro spalle”, come facevano gli ebrei per i tedeschi). E gli indonesiani hanno ammazzato con le stesse motivazioni “solo” seicentomila cinesi, non molti decenni fa, e cose simili sono successe con i “boat people” in Vietnam dopo la guerra.

Un’altra variante è quella nazionalistico-religiosa, una specialità delle religione monoteistiche (se dio è uno solo, non può averla raccontata giusta a te e a me separatamente): cattolici irlandesi e protestanti orangisti nel nord dell’Irlanda, ma anche guerra dei trenta’anni in Europa. E poi indù ed islamici tra India e Pakistan, e tra sciiti e sunniti in tutto il medio oriente. E che dire, nella stessa zona, tra israeliti e musulmani, per non essere da meno? Più recentemente, abbiamo giulivi massacri tra buddisti (pacifisti per principio) e mussulmani nel nord di Myanmar, ex-Birmania.

Che cosa concludere? Credo che dovremo ricorrere ad un filosofo super- reazionario, Karl Schmitt, molto amato dai nazisti: le scimmie umane tendono a rafforzare la loro incerta identità con l’appartenenza, definendo dei “noi” e dei “loro”, tendenzialmente da odiare, e se le circostanze appena lo consentano, da uccidere.

Ne discende che tra razzismo e nazionalismo (con la variante edulcorata del patriottismo) non sembra esserci nessuna differenza di fondo.

“Dulce et decorum est pro patria mori”…..”Ricorda a Sparta che qui giacciamo, o viaggiatore, per aver obbedito alle sue leggi…”, ma evviva la suprema sintesi di Bertold Brecht “il patriottismo è l’ultimo rifugio del vigliacchi”.

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