Con l’autonomia, i dirigenti scolastici hanno acquisito un ruolo cruciale in tutti gli aspetti di gestione della scuola. Ma non sembrano avere capacità manageriali adeguate rispetto ai colleghi di altri paesi. Il contesto istituzionale, le buone pratiche e gli effetti sui risultati degli studenti.
di Adriana Di Liberto, Fabiano Schivardi, Marco Sideri e Giovanni Sulis (Fonte: lavoce.info)

Il ruolo del Ds

Le comparazioni internazionali offrono da diversi anni un quadro piuttosto preoccupante delle capacità analitiche degli studenti italiani. Secondo i dati Ocse-Pisa del 2009 il valore medio del test di lettura colloca l’Italia al ventitreesimo posto su trentaquattro paesi Ocse e nei test di matematica e scienze la posizione degli studenti italiani è ancora peggiore. Comprendere quali sono i fattori che incidono su questi risultati potrebbe aiutare a migliorarli.Un ruolo importante potrebbe essere svolto dai quello dei dirigenti scolastici.

Con la riforma dell’autonomia scolastica del 2000 la figura del dirigente scolastico ha ricevuto poteri sempre più ampi, assumendo un ruolo importante non solo in ambito educativo, ma in tutti gli ambiti di gestione della scuola in quanto “(…) responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio”. È dunque importante misurare la qualità delle pratiche manageriali dei Ds e analizzare se e quanto queste contino nella determinazione dei risultati degli studenti.

I confronti internazionali

In un recente lavoro analizziamo se le pratiche manageriali adottate dai Ds delle scuole secondarie superiori italiane influenzano gli esiti degli studenti nei test di matematica somministrati dall’Invalsi. (1) Per misurare le pratiche manageriali dei Ds abbiamo utilizzato la metodologia di rilevazione sviluppata all’interno del progetto World Management Survey (Wms) basata su un questionario a risposta aperta che valuta in una scala da 1 (qualità peggiore) a 5 (qualità migliore) le soluzioni attuate dai manager nel risolvere specifici problemi gestionali . La stessa metodologia è stata utilizzata in altri paesi. (2) 

L’indagine sulle pratiche manageriali dei Ds italiani evidenzia innanzitutto un gap notevole rispetto ad altri paesi sviluppati per i quali esistono dati confrontabili, raccolti in precedenti lavori: Canada, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Svezia. I nostri dirigenti, che hanno un’età media maggiore di quasi dieci anni rispetto ai loro colleghi stranieri, ottengono infatti un punteggio medio di 2, mentre negli altri paesi il valore è compreso fra 2.5 (Germania) e 3 (Regno Unito). (3) 

In secondo luogo, i dati indicano che la bassa efficienza delle pratiche manageriali non è in prima battuta attribuibile al contesto istituzionale. Molti degli aspetti analizzati nella ricerca, come il reclutamento di nuovo personale e il licenziamento di quello esistente, risentono fortemente dei vincoli istituzionali a cui sono sottoposti i dirigenti scolastici, che non hanno autonomia di assunzione o licenziamento. Altri, come il monitoraggio dei risultati della scuola o la definizione e il raggiungimento di obiettivi specifici, dipendono interamente dalla volontà e capacità dei singoli. Rispetto agli altri paesi osservati, le pratiche manageriali adottate dai Ds italiani risultano peggiori anche in ambiti in cui i vincoli istituzionali sono poco rilevanti: ciò segnala una carenza intrinseca di competenze manageriali. Inoltre, la ricerca suggerisce che l’utilizzo di buone pratiche manageriali influenza positivamente i risultati degli studenti.

Le stime riportate nel nostro lavoro indicano che un aumento unitario dell’indice di qualità manageriale dei dirigenti scolastici italiani, che corrisponde alla differenza tra la qualità manageriale calcolata per i nostri dirigenti e quelli del Regno Unito, aumenta il punteggio medio degli studenti nei test Invalsi di matematica di circa il 4,6 per cento. Se confrontato con i risultati dei test internazionali Pisa, questo aumento permetterebbe agli studenti italiani di chiudere il gap rispetto alla media Ocse nei test di matematica. 

Ulteriori analisi suggeriscono inoltre che le buone pratiche manageriali hanno un effetto negativo sul ritardo scolastico degli studenti, mentre non si osservano effetti differenziati tra studenti svantaggiati e studenti bravi. Infine, i dati indicano che, quanto a capacità manageriali, la selezione dei Ds italiani è cambiata, in meglio, nel tempo. I dirigenti scolastici entrati dopo la riforma dell’autonomia scolastica adottano pratiche manageriali migliori rispetto a quelli pre-riforma e le stime effettuate su questo sottocampione di dirigenti indicano un effetto ancora maggiore sui risultati degli studenti.

Quali implicazioni per le politiche scolastiche?

Quanto descritto in precedenza ha implicazioni importanti per il dibattito sulla riforma della scuola in generale e della dirigenza scolastica in particolare. Un aspetto molto discusso è quello dell’autonomia scolastica. La letteratura recente sulle determinanti della performance degli studenti ha posto l’accento su tre aspetti: concorrenza, indipendenza, responsabilità. (4) 

Sistemi scolastici in cui le scuole godono di autonomia gestionale, in cui competono per gli studenti e sono premiate o penalizzate a seconda dei risultati degli studenti, tendono a generare livelli di apprendimento superiore rispetto a quelli centralizzati. Tuttavia, questo principio vale solo in presenza di una infrastruttura istituzionale ben funzionante, senza la quale gli effetti della decentralizzazione potrebbero essere negativi. Aumentare il grado di autonomia delle scuole in presenza di una dirigenza scolastica poco preparata a gestirla comporta il rischio di ridurre il livello medio di apprendimento e aumentare il ritardo delle Regioni con risultati peggiori. I dati sulle capacità manageriali dei Ds italiani indicano infatti una significativa eterogeneità per macro-area e sembrano rispecchiare i differenziali osservati a livello territoriale nei risultati degli studenti nei test standardizzati. Il passo propedeutico all’autonomia scolastica è un processo di formazione, selezione e, nei casi di performance negative, di rimozione dei Ds che sia in grado di garantire buone competenze manageriali.  

Ma perché i nostri Ds difettano di competenze manageriali rispetto ai loro colleghi di altri paesi? L’analisi suggerisce che gli attuali criteri di accesso non sono in grado di imporre uno standard minimo di capacità manageriali con evidenti differenze regionali. Il processo di selezione gioca dunque un ruolo cruciale. Da questo punto di vista, i problemi di gestione dell’ultimo concorso, già evidenziati nel contributo di Patrizia Cocchi su lavoce.info, indicano che c’è ancora molta strada da fare anche nella sola definizione delle modalità di svolgimento della selezione.

L’ultimo concorso nazionale ha tuttavia accresciuto l’importanza delle competenze manageriali e ha abbassato la soglia minima legata all’anzianità di servizio nella valutazione dei candidati. Sarà interessante vedere se il personale selezionato con queste nuove modalità è dotato di capacità manageriali superiori di quello che ha avuto accesso con i concorsi precedenti. Un ultimo aspetto che merita di essere analizzato è la formazione. I Ds italiani provengono per la maggior parte dalla carriera dell’insegnamento. Oltre all’esperienza come insegnante, sarebbe invece importante che i Ds coltivassero le loro capacità gestionali attraverso una formazione specifica. La scuola è troppo importante per farla gestire a Ds autodidatti dal punto di vista delle pratiche manageriali.

(1) Il lavoro è stato finanziato dalla Regione autonoma della Sardegna, fondi legge 7/2007, e dalla Fondazione Giovanni Agnelli, che ha anche contribuito all’attuazione del progetto.I dati sono stati raccolti per un campione di 338 dirigenti, rappresentativo delle scuole secondarie di secondo grado. Si vedano Di Liberto, A., Schivardi, F. e Sulis, G. (2013) “Managerial Practices and Students’ Performance” Working Paper N. 49, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino; Di Liberto, A., Schivardi, F., Sideri M. e Sulis, G. (2013) “Le competenze manageriali dei dirigenti scolastici italiani” Working Paper N. 48, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino.
(2) In circa dieci anni dall’inizio del progetto Wms sono state intervistate quasi 10mila organizzazioni comprendenti sia il settore privato (manifatturiero e commercio) che alcuni settori della pubblica amministrazione (scuole e sanità). La metodologia è quindi ampiamente testata anche nell’ambito della dirigenza scolastica. Si veda Bloom N., e Van Reenen J. (2007) “Measuring and explaining management practices across firms and countries”, Quarterly Journal of Economics, vol. CXXII (4), 1351-1408.
(3) Per I dati internazionali si veda Bloom N., Genakos C., Sadun R., Van Reenen J. (2012), “Management practices across firms and countries”, The Academy of Management Perspectives, 26 (1). pp. 12-33.
(4) Hanushek, E., Link S., Woessmann L. (2012), “Does school autonomy make sense everywhere? Panel estimates from Pisa”, NBER Working Papers, No. 17591.

 

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