Una lezione di notevole portata ai commentatori neoliberisti che affollano con i loro commenti in genere insulsi e ripetitivi questo ed altri blog viene da una rivista statunitense fra le principali, Time, la quale dedica ampio spazio a Karl Marx. Il giornalista Michael Schuman sostiene in effetti che il grande pensatore tedesco, il quale dovrebbe ritenersi morto e sepolto specie dopo il crollo dell’Unione Sovietica, acquista invece una forte attualità nel mondo attuale. Mondo contrassegnato, secondo Schuman, da crisi prolungata, disoccupazione, redditi insufficienti per i lavoratori. I ricchi si arricchiscono ulteriormente, prosegue il giornalista statunitense, mentre si impoveriscono i poveri e la classe media. Per effetto delle crescenti diseguaglianze assistiamo al ritorno della lotta di classe. Significativo il fatto che nella nazione-guida del mondo capitalistico, gli Stati Uniti, due terzi delle persone interpellate ritengano l’esistenza di un conflitto tra ricchi e poveri. Come pure il contrasto tra Obama e i repubblicani può essere analizzato sulla base di tale conflitto. Lo stesso accade in Francia. E perfino in Cina. 

E in Italia? Nel Paese ipocrita per antonomasia ci pare di capire, siamo ancora lontani da simili livelli di coscienza. Peccato, sarebbero il migliore antidoto anche al dilagare dei suicidi “economici” che colpiscono peraltro anche Stati come la Spagna, dove si sono suicidate per motivi legati alla crisi oltre venti persone solo quest’anno.

Di fronte a questa riacutizzazione, ancora largamente embrionale della coscienza di classe, colpiscono i livelli di inadeguatezza dei partiti e sindacati tradizionali della sinistra, chiaramente incapaci di contrapporsi alla lotta di classe che, come hanno spiegato studiosi come Luciano Gallino e Owen Jones, viene combattuta solo da una parte, quella dei padroni.

I lavoratori e le lavoratrici combattono questa lotta con gli occhi bendati e le mani legate. Perché stupirsi se a vincere, per il momento, sono solo e sempre i padroni? Ed è significativo, e per certi versi paradossale, che proprio la svalutazione del lavoro di fronte al capitale costituisca la principale causa della crisi.

Un sistema avvitato su se stesso che viaggia verso la sua autodistruzione, con alla guida pochi settori privilegiati, irresponsabili e profondamente stupidi. Sarebbe ora di far discendere dalla predizione di Karl Marx, che si ravvisa giusta e lungimirante, tutte le conseguenze necessarie, slegando le mani e sbendando gli occhi di chi soffre la presente situazione. 

La concezione del mondo che hanno queste forze dominanti è estremamente meschina e distruttiva. L’unica cosa che loro interessa è il profitto e ciò spiega anche il boom della finanza, con gli ulteriori effetti devastanti sull’economia reale. Il bieco utilitarismo dei padroni è un’ideologia mortifera che va estirpata dalla coscienza sociale. Bisogna essere consapevoli al riguardo di quanto ebbe ad affermare Hanna Arendt: “Se ci ostiniamo a concepire il nostro mondo in termini utilitaristici, intere masse di persone saranno rese superflue”.

Il rispetto per le persone, tutte le persone ma anzitutto quelle più fragili: bambini, donne, disabili, anziani, immigrati e richiedenti asilo, deve costituire il nuovo paradigma di riferimento per ogni governo che voglia risultare degno di questo nome. Quelli esistenti, tuttavia, con poche eccezioni, si caratterizzano invece, al di là delle ipocrisie e della propaganda, come gli strumenti dell’oppressione dei forti sui deboli.  Non solo non fanno nulla per arginare la diseguaglianza crescente ma la alimentano a loro volta. Esemplare da questo punto di vista è il governo delle larghe intese guidato da Letta junior. 

Rispettare le persone e promuovere l’eguaglianza costituisce anche la migliore ricetta per combattere la crisi. A tale scopo occorre mettere i capitalisti nella condizione di non nuocere, espropriando i mezzi di produzione e provvedendo alla loro rieducazione, al fine di guarirli dalla malattia mentale (ossessione del profitto) che sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta.

 

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