La caldaia per scaldarsi e la jeep per affrontare neve e freddo. Franco Fiorito (Pdl) non badava a spese per il suo benessere. Peccato che i soldi utilizzati dall’ex capogruppo regionale del Lazio fossero “drenati” dai conti del partito: denaro pubblico. L’inchiesta sui fondi della regione Lazio finiti nelle tasche di “Er Batman” e dei suoi colleghi eletti alla Pisana fa il salto di qualità. Proprio con l’arresto da parte degli  uomini del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza del principale protagonista dello scandalo che ha travolto il partito di Silvio Berlusconiha portato nei giorni scorsi alle dimissioni della presidente Renata Polverini. Sui fondi, rubati sperperati o fatti sparire, è stata aperta una inchiesta anche dalla Procura di Viterbo, in cui Fiorito è indagato per i reati di falso e calunnia. Il politico, che aveva annunciato che si sarebbe ricandidato alle prossime elezioni è indagato per peculato e ora si trova nel carcere romano di Regina Coeli in una cella singola e sorvegliato da agenti. Gli è contestata l’appropriazione di 1,3 milioni di euro.

Il gip: “Progetto criminale”. “E’ evidente che tutto questo rilevante movimento di denaro in uscita dal conto del gruppo Pdl e a favore di Fiorito costituisca il capitolo finale di quella preordinata azione di spoglio posta in essere dall’indagato fin dalla data di assunzione della carica: l’accelerazione finale si spiega agevolmente con l’approssimarsi della discoperta delle ruberie e, quindi, con la necessità di completare, in maniera frettolosa e patente – il progetto criminale“. E’ una delle riflessioni del giudice per l’udienza preliminare di Roma Stefano Aprile che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare su richiesta del procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna e del pm Alberto Pioletti. Secondo il gip avrebbe messo in atto un “inquinamento probatorio” attraverso “il depistaggio mediatico nei confronti dei testimoni a suo carico” (ha “frapposto seri e concreti ostacoli all’indagine”). Ma non solo; c’è il pericolo di fuga, in relazione ai suoi conti correnti all’estero, e il pericolo di reiterazione del reato. Al consigliere viene contestato di “non essere stato prontamente reperibile” in occasione della perquisizione del 14 settembre scorso. In quell’occasione, si legge nel provvedimento, i finanzieri non avevano trovato la documentazione sottratta al gruppo Pdl della Regione, che invece lo stesso ex capogruppo aveva consegnato ai magistrati cinque giorni dopo. Per la procura di Roma e il gip, inoltre, riveste tuttora dei ruoli politici: è ancora consigliere regionale ed è capo della Commissione Bilancio. A pesare su Fiorito, poi, c’è il precedente per tentata concussione contestatagli dalla procura di Frosinone, quando era sindaco di Anagni, che il 28 agosto ha chiesto il rinvio a giudizio”Concreto ed attuale è  il pericolo che Fiorito possa tornare a compiere, se in libertà, delitti contro la pubblica amministrazione. Continua – scrive il gip nell’ordine di cattura – a ricoprire la qualifica di pubblico ufficiale, come anche a disporre del denaro pubblico”. C’è stato “un sistematico e spregiudicato asservimento delle risorse comuni all’interesse privato utilizzando a fini personali ingenti risorse pubbliche per oltre due anni approfittando della carica istituzionale che rivestiva”. Ma non solo; la stessa villa al Circeodi Fiorito, acquistata per 800 mila euro, sarebbe stata pagata con denaro pubblico. “Gli ingenti trasferimenti di denaro del Gruppo Pdl a favore dei conti correnti personali di Fiorito e i vari prelievi, anche per contanti, dallo stesso effettuati sui conti del gruppo Pdl – è scritto – rendono verosimile ritenere che la provvista utilizzata per pagare l’intero prezzo della villa sia comunque proveniente dai delitti contestati”. In un solo giorno, il 2 luglio scorso, Fiorito ha versato centomila euro provenienti dai conti del gruppo sui suoi conti correnti, attraverso 6 bonifici nazionali e 7 esteri. 

L’inquinamento probatorio. Tutta la documentazione di Fiorito, aggiunge Aprile, “viene rinvenuta nell’appartamento di via Micheli 90 nel tritacarte e nella pattumiera. Si tratta di frammenti di fatture destinate al gruppo consiliare del Pdl”. Un aspetto che secondo il gip “merita una disamina perché costituisce la ‘pistola fumante’ del comportamento mistificatorio dell’indagato e della specificazione di inquinamento probatorio posta in essere”. Nell’ordinanza di custodia cautelare, si legge che la documentazione ha come oggetto “cravatte di seta, sciarpe in lana-seta e portadocumenti in pelle”. E’ infatti lungo l’elenco delle boutique e dei negozi in cui sono stati spesi soldi con il bancomat intestato al gruppo Pdl tra l’aprile 2011 al maggio 2012: dai 263,87 euro spesi al supermercato Auchan di Fiumicino, ai 1010 euro pagati in un negozio Hermes. Ci sono poi acquisti fatti da Montblanc, all’Unieuro ed Euronics. Oltre 2500 euro sono stati spesi in un negozio di ceramiche e in uno di tessuti per i bagni e i tendaggi delle sedi di Frosinone e Anagni del Pdl. “Come se gli arredi di una sede locale del partito politico – ragiona il gip Aprile – corrispondano agli scopi istituzionali del Gruppo consiliare istituito presso il Consiglio Regionale della Regione Lazio. Non è il caso di dilungarsi sulla disamina degli acquisti presso note boutique del centro di Roma, salvo a voler ritenere che rientrino nel concetto di corretto funzionamento dell’organo assembleare gli abiti e le penne di marca”. Il gip poi contesta all’ex consigliere Pdl “di non essere stato prontamente reperibile in occasione della perquisizione del 14 settembre scorso”. Quel giorno, è scritto nel provvedimento, “la Guardia di Finanza non ha trovato la documentazione sottratta al gruppo Pdl della Regione, che invece lo stesso ex capogruppo ha consegnato cinque giorni dopo”.

Quasi 200 bonifici. Sono 193 i bonifici, per 1.380 milioni di euro appunto, finiti sui suoi conti, anche se complessivamente Fiorito ha movimentato, in due anni, 6 milioni di euro. Di questi soldi 4 milioni sarebbero di soli bonifici e in questi passaggi la cifra contestata è finita nei conti personali dell’ex capogruppo. Sui quelli all’estero, aperti in Spagna, sarebbero confluiti circa 350 mila euro mentre poco più di un milione sarebbe stato girato nei conti correnti italiani. Secondo gli inquirenti non aveva diritto a triplicare la propria disponibilità di fondi in base al cumulo delle cariche. In virtù di questa cumulabilità percepiva 300 mila euro l’anno, oltre lo stipendio, perché capogruppo e presidente commissione. Non solo indennità che non gli spettavano, Fiorito con il denaro del partito ha acquistato una caldaia per la villa al Circeo.  Tra le spese con i soldi pubblici c’è anche l’acquisto, per poco più di 35 mila euro, di una Jeep Wrangler. A colpire l’attenzione dei magistrati della procura di Roma è che l’acquisto è avvenuto lo scorso febbraio in coincidenza con la grande nevicata che ha messo in ginocchio la capitale per alcuni giorni. Il parco macchine del consigliere consisteva anche di altre autovetture: una Smart e una Bmw che l’esponente politico si è intestato subito dopo le dimissioni dalla carica con un atto piuttosto singolare, risultando allo stesso tempo venditore e acquirente. “Le ragioni dei bonifici che ho disposto dai conti correnti intestati al gruppo consiliare ai miei conti correnti personali devono individuarsi nella scelta del gruppo di attribuire alla mia persona un’indennità doppia oltre a quella che già godevo ai sensi dell’art.8” si era giustificato Fiorito durante l’interrogatorio del 19 settembre scorso. Dichiarazioni che il gip nell’ordinanza definisce “del tutto pretestuose e illogiche nonché smentite dalla prassi, dai testimoni e dalla legge”. 

La tripla quota. “Mi attribuivo mensilmente una quota di 4.190 euro per la mia carica di consigliere e di 8.390 euro per le due cariche di presidente di commissione e di capogruppo”. La scelta di attribuirsi questa “tripla quota”, ha spiegato Batman ai pm, “non è stata deliberata dal gruppo consiliare ma risponde ad una prassi, sempre seguita sia nel gruppo del Pdl sia negli altri gruppi”. Fiorito ha aggiunto però che “non tutti i componenti del mio gruppo consiliare erano a conoscenza di questa prassi e delle modalità con cui mi attribuivo la tripla quota”. “Non si deve peraltro ipotizzare che Fiorito sia afflitto da totale ignoranza – prosegue il giudice – sia in ragione della significativa esperienza politica acquisita sia perché le persone che avrebbero dovuto confermare l’adagio ‘così fan tutti’, non solo l’hanno smentito (e non poteva essere altrimenti), ma anzi sono proprio coloro che politicamente hanno contestato proprio la gestione illecita delle risorse”. Il gip stigmatizza il comportamento del consigliere scrivendo anche che:”Fiorito sin dall’inizio della consiliatura ha inteso le sovvenzioni pubbliche previste dalla leggi regionali e le realizzazioni di interessi e utilità pubbliche, come il proprio personale portafoglio“. 

Guerra politica e dossier. Alcune fatture sono state falsificate infine per “formare dossier riguardanti i suoi più diretti avversari politici nell’ambito del Gruppo consiliare e consegnarli agli organi di informazione”. Il gip spiega che la fattura riguardante una prestazione effettuata dal Gruppo consiliare, e per la quale sta indagando la procura di Viterbo, è “correttamente pagata per l’importo originario e non per quello alterato e che l’intera documentazione era nella disponibilità di Fiorito”. Da ciò, desume il giudice, “Fiorito o i suoi correi hanno alterato la fattura regolarmente saldata e l’hanno consegnata alla stampa per avviare la campagna di fango”. 

Fiorito: “In carcere non troverò gente peggiore”. “Urlo forte la mia innocenza. Su cosa punterò per difendermi? Sulla verità”, ha detto Fiorito all’Ansa mentre attendeva formalizzazione dell’arresto:“Mi devono prendere le impronte digitali e poi fare la foto segnaletica”. Ha poi aggiunto: ‘Non ho paura del carcere, sono un uomo forte e mi sento innocente, sono certo che verrà dimostrato. E poi in carcere non credo che troverò gente peggiore di quella che ho frequentato in regione e nel partito. Anzi”. L’ordinanza si basa su un ipotetico pericolo di fuga e sul fatto che essendo ancora consigliere e presidente della Commissione bilancio potrei reiterare il reato: ma Consiglio e Commissione sono ufficialmente sciolti. Di certo non mi aspettavo di essere arrestato, e non credo che sia giusto”.  Ma per il gip i fatti contestati all’indagato “sono connotati, per come sono stati compiuti, da un’inappagata sete di arricchimento personale … Ha commesso i fatti in modo preordinato, scientifico e reiterato, circondandosi di correi e persone compiacenti in grado di fungere da bracci operativi delle azioni illecite disposte ed architettate da lui stesso, nonché da schermo delle medesime e, all’occorrenza, in grado di sottrarre e custodire la documentazione da cui emergono le responsabilità dell’indagato”.

“Festini e gnocche”. I primi accertamenti degli inquirenti e degli investigatori (l’inchiesta è nata da una segnalazione dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia) avevano attestato a poco meno un milione di euro l’ammontare di fondi passati dai due conti del gruppo regionale ai suoi. In una intervista al Fatto Quotidiano Fiorito aveva “confessato” che i soldi, che dovevano essere destinati ai consiglieri per la loro attività politica, venivano spesi in “festini” e “gnocche”. A scandalo deflagrato però Fiorito aveva detto di aver la coscienza tranquilla e che avrebbe restituito il maltolto. Nel corso degli interrogatori aveva anche puntato il dito contro i compagni di partit0, indicati come dei veri e propri stalker: “Ero perseguitato, tutti mi chiedevano soldi”. Agli inquirenti aveva raccontato che su 17 consiglieri che formavano il gruppo Pdl alla Regione sette avrebbero presentato fatture false. Il consigliere aveva consegnato anche le ricevute rimborsate agli ex colleghi durante l’interrogatorio con gli inquirenti durato sette ore. Le indagini all’inizio si erano concentrate su gli oltre 100 bonifici che avevano portato 753mila euro dalle casse del partito su conti esteri intestati al consigliere o ai familiari, ma la contestazione presente nell’ordinanza fa lievitare di quasi il doppio la somma dei soldi “rubati”. Nell’ambito dell’inchiesta è stata sentita l’ex fidanzata Samantha Reali cui erano stata bonificata una somma come compenso per il suo impegno in campagna elettorale. La donna, però, ha dichiarato di non sapere da dove provenissero i soldi. 

L’avvocato Taormina: “Ora gli altri”. “Lasciando perdere le espressioni sentite nell’opinione pubblica in questi giorni, sul piano tecnico non si può parlare di peculato per una giurisprudenza ormai costante”, afferma l’avvocato Carlo Taormina annunciando ricorso contro la decisione del gip – Se ci si trova davanti a un reato questo è quello di appropriazione indebita, dove l’arresto non è consentito. Mi auguro che questo rappresenti una svolta e che quindi adesso anche gli altri 70 consiglieri della Regione Lazio abbiano lo stesso trattamento”. Taormina poi aggiunge: “Si aspettava e si temeva per la pressione dell’opinione pubblica e per il dibattito che è nato. L’arresto di Fiorito per l’ipotesi di peculato non è pertinente. C’è una giurisprudenza che dice che quando questo denaro pubblico entra nelle tasche di un partito, piaccia o non piaccia, diventa denaro privato – sostiene il legale  a Tgcom24 – Inoltre c’è da dire che se hanno arrestato Franco Fiorito, mancano all’appello gli altri 70 consiglieri della Regione Lazio“. Sulle esigenze per procedere all’arresto aggiunge: “Noi abbiamo avuto un interrogatorio dove abbiamo depositato tutti gli atti. Pericoli di fuga non ce ne sono mai stati, per cui sotto tutti i profili, parlando di esigenze cautelari per l’arresto, queste non c’erano”. “Sorpreso e profondamente dispiaciuto”; Fiorito secondo l’avvocato Enrico Pavia, non si aspettava di finire in galera. “Una situazione che addolora” perché “l’arresto si poteva evitare” dice a TgSky24

L’inchiesta si sta allargando ulteriormente. Continua a essere oggetto di approfondimento investigativo la posizione di Bruno Galassi e Pierluigi Boschi segretari, in epoche diverse, dell’arresto. Entrambi sono indagati per peculato. I due, quando sono stati sentiti come persone informate sui fatti, si sono giustificati dicendo di aver eseguito degli ordini e di aver rispettato la legge vigente. Allo stato non sarebbero stati accertati episodi di arricchimento personale, ma le indagini puntano a fare luce proprio su questo aspetto. Boschi risulta essere il cugino di Fiorito. 

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