Uno sportello pubblico per accogliere uomini violenti. Si chiama “Liberiamoci dalla violenza” ed è il progetto attivo da quasi un anno presso la Ausl di Modena in collaborazione con la regione Emilia Romagna. Unico in Italia nel suo genere, ha già assistito ventisette utenti. E se di solito le etichette utilizzate sono quelle di “mostri, assassini o carnefici”, l’esperienza di Modena vorrebbe offrire una strada alternativa per affrontare una delle piaghe della società contemporanea: la violenza sulle donne, tanto diffusa quanto poco denunciata.

“A noi non piace, – dice Monica Dotti, coordinatrice del progetto pilota, – l’appellativo “mostro”. Semplicemente riteniamo che le persone che si rivolgono a noi siano uomini che hanno scelto di utilizzare la violenza per risolvere i loro problemi. Sono proprio loro gli stessi che possono scegliere di non usare più quegli strumenti: noi siamo qui per ribadire che hanno una scelta e possono cambiare”. Il progetto realizzato grazie ad una collaborazione tra la Ausl di Modena e la Regione Emilia Romagna è nato alla fine del 2011, ma è il frutto di un lungo lavoro sul territorio per cercare di prevenire e curare la violenza sulle donne. A essere preso come esempio, il centro di Oslo in Norvegia dal nome “Alternative to Violence”, dove sono assistiti migliaia di uomini e che ha permesso di fare scuola e formazione anche alla realtà modenese. “All’inizio, – continua Monica Dotti, – ci occupavamo di formare gli operatori dei servizi sociali o sanitari per affrontare situazioni simili. Poi è avvenuto l’incontro con la realtà norvegese; la voglia della regione di investire in un progetto sperimentale ha fatto il resto. È un risultato importante che ci sta dando grandi soddisfazioni”.

Lo sportello “Liberiamoci dalla Violenza” è aperto dal 2 dicembre scorso. Ospitato nel Consultorio Familiare di Modena, accoglie gli “uomini violenti” ogni venerdì pomeriggio, ovvero quando l’affluenza è minore e possono avere una maggiore riservatezza. 3665711079 è invece il numero del centralino che permette di contattare gli operatori tutti i giorni dalle 13 alle 15. Giorgio Penuti, Alessandro De Rosa, Paolo De Pascolis sono i tre psicologi che lavorano presso lo sportello e che accompagnano gli utenti in un lento percorso di riabilitazione. Chiunque può rivolgersi al servizio, anche se è richiesto a tossicodipendenti e alcolisti di disintossicarsi in precedenza. Il percorso di “cura” segue diverse tappe, dagli incontri individuali fino a quelli collettivi e gli operatori sono periodicamente formati dagli esperti stranieri provenienti da tutta Europa.

“La nostra, – continua Monica Dotti, – è stata una sfida fin dall’inizio. Non sapevamo quanti uomini sarebbero venuti e i risultati sono stati sorprendenti. Abbiamo fatto una grande operazione di informazione nei servizi perché tutti fossero a conoscenza dell’opportunità: è importante che gli uomini vengano per loro volontà, è il primo passo verso il cambiamento. Non dimentichiamo che occupandoci degli uomini violenti, tuteliamo in primo luogo donne e minori”. Ad essere assistiti fino adesso circa 27 uomini, per la maggior parte italiani (solo due gli stranieri registrati) e di età che stanno nella fascia 36\50 anni. Il livello di educazione in questi casi non supera il diploma di scuola media e il ceto sociale caratterizzato è quello medio-alto. Analisi statistiche molto difficili da fare in un contesto in cui in primo luogo regna il sommerso, come ricorda la responsabile: “L’Emilia Romagna stando ai dati è la regione con il numero più alto di feminicidi, ma non dimentichiamo che in Italia il 96% delle donne non denuncia la violenza subita da uomini, padri o mariti. È un dato molto pericoloso, che impedisce a servizi e operatori di intervenire concretamente. Per questo raggiungere gli uomini violenti potrebbe permettere di arrivare là dove la paura di denunciare ci toglie qualsiasi strumento d’azione”.

A fare formazione agli operatori dello sportello modenese sono gli esperti del centro di Oslo, che sottolineano l’importanza di una cultura contro la violenza che sia insegnata nelle scuole e negli ambiti familiari. “Il problema è che in Italia, – conclude Dotti, – siamo molto indietro sulla faccenda. Non esistono centri pubblici di questo tipo e soprattutto siamo in un contesto culturale in cui la violenza è largamente tollerata. Se cominciamo a chiudere gli occhi su piccoli episodi, poi non sappiamo più qual è il limite tra cosa è violento e cosa non lo è”. Educazione e cultura per prevenire e uno sportello per assistere i responsabili di violenze su donne e minori: sono gli ingredienti di un progetto sperimentale che da Modena spera di estendersi progressivamente in tutta l’Italia. 

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