Anche Google sembra aver ceduto alle richieste dei tanti paesi “allergici” alla libertà d’espressione in Rete. La notizia, rimbalzata sul Web a una sola settimana dall’annuncio di Twitter, ha messo in allarme blogger e attivisti di tutto il mondo. La piattaforma Blogger reindirizzerà le pagine a domini “locali” consentendo così di esercitare censure “su richiesta” dei singoli paesi. Ma di cosa parliamo esattamente? Il sistema, molto simile a quello adottato da Twitter, prevede la possibilità che un post (o un tweet) venga oscurato in un determinato paese. Questo significa che un eventuale blocco in Italia, impedirebbe la visualizzazione agli utenti italiani, ma non a quelli che si collegano da una qualsiasi altra parte del mondo. Insomma: un sistema di censura “selettiva” che suona come una concessione a tutti quei regimi infastiditi dalla potenza di comunicazione dimostrata dai social network e dalla Rete in generale nelle primavere arabe.

In realtà, il sistema di censura basato sulla posizione geografica dei visitatori è facilmente aggirabile. Basta, per esempio, utilizzare un server Proxy collocato in un paese “terzo” e il gioco è fatto. Google, in un post sul suo blog ufficiale, ha sottolineato come sia possibile disattivare il reindirizzamento usando il suffisso “NCR” (No Country Redirect) al termine dell’URL. Ma simili accorgimenti non sono alla portata di tutti e la censura selettiva rischia comunque di depotenziare le capacità di comunicazione di Internet. Senza contare che per decidere di aggirare la censura, bisogna sapere che questa sia in atto. Cosa tutt’altro che scontata.

Nel giudizio sulle politiche adottate da Google e Twitter, il Web si è spaccato. La logica dietro i “cedimenti” di entrambe le società è piuttosto chiara: meglio assecondare le smanie di censura che rischiare il completo oscuramento. Una posizione che anche molti attivisti sostengono di comprendere, visto che si parla sempre di imprese private che non possono permettersi di perdere fette di mercato. La differenza di stile, però, non sfugge. Twitter, infatti, ha annunciato pubblicamente la sua decisione dandole la massima pubblicità in home page e insistendo su alcuni dettagli piuttosto rilevanti, come il fatto che i tweet censurati verranno comunque visualizzati con la dizione “Tweet bloccato” o “Utente bloccato”. Insomma: una scelta che, per lo meno, è orientata alla massima trasparenza e che rappresenta al tempo stesso una forma di denuncia delle restrizioni eventualmente imposte . Diverso l’atteggiamento di Google, che si è limitata a inserire l’informazione della nuova funzione di reindirizzamento all’interno della sezione Help di Blogger. Stando alla data riportata sulla pagina, l’aggiornamento è stato pubblicato il 9 gennaio scorso. Ma il fatto che nessuno fino a oggi se ne fosse accorto la dice lunga sulla sua visibilità.

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