“Si spranghino le porte, si chiudano le finestre a morto!” I lupi stanno scendendo a valle, sospinti dal vento del nord.

Non agitatevi, gli Ulver (lupi in norvegese) sono in realtà una band di avant-garde metal proveniente dalla Norvegia, le cui “orme” si snodano dentro le trame inestricabili del sottobosco musicale che regola questo tipo di sonorità. Kristoffer «Garm» Rygg risulta essere “il capo branco” di una nobile famiglia: Jørn H. Sværen è a tutti gli effetti un polistrumentista, Tore Ylwizaker suona le tastiere, mentre Daniel O’Sullivan si divide tra chitarra e basso. La lista però, è ancora lunga: Ole Alexander Halstensgård muove il tappeto elettronico delle composizioni, e se Tomas Pettersen «pesta» alla batteria, Kristin Bøyesen sovrasta il tutto con le sue visualizzazioni.

Contenti? Nemmeno per sogno! Gli Ulver non sono un gruppo come gli altri, non gravitano intorno alle consuetudini commerciali di certa musica, anche se l’inizio del loro cammino (1994) avrebbe potuto traghettarli dentro le aride distese della scena metal degli anni 2000. Così non è stato, Garm e soci hanno saputo canalizzare il proprio talento  dentro i percorsi  apparentemente tortuosi della sperimentazione. Il manto scuro che avvolge gli inizi della carriera si arricchisce molto presto delle gialle velature della musica folk. Una sfida che regala – da subito – grosse soddisfazioni; la congiunzione di due mondi così apparentemente distanti genera un suono che non ha nulla di rassicurante eppure – a tratti – illumina.

La trilogia degli esordi è un testamento apocrifo nel quale attingere per scoprire capolavori manifesti. Ma quello che sembra un amabile sentiero in divenire, “con il fare della sera” diviene un viottolo oscuro e cieco.

Il buio non aiuta ma, facendo attenzione, si possono ritrovare  le loro tracce, apparentemente confuse dentro gli stravolgimenti inattesi della formazione; il capo branco mal sopporta la “rigidità del metallo” e quindi procede a una lenta quanto inesorabile selezione naturale. La fine del percorso ridona luce e speranza, nel nome del cambiamento avviene la catarsi. La band – riveduta e corretta – torna più affamata che mai. “Le impronte” – adesso ben visibili – si manifestano  nei territori sommersi dell’elettronica.

Un cambiamento che rimette in moto il branco, inerpicatosi tra le lande sterminate del suono sintetico: dark – post-rock – trip hop, in altre parole, il vangelo secondo Garm. Una rivoluzione pagana, che i fan della prima ora non perdonano. Poco male, il gruppo fa nuovi proseliti e comincia a inanellare capolavori in serie. “Il black metal degli esordi si è reso necessario per la nostra evoluzione”, ulula Garm. Così, chi li ha frettolosamente rinnegati, lentamente si ricrede. Nei dischi successivi le sonorità  si dividono tra la musica Industrial degli Einsturzende Neubauten e il suono oscuro dei Coil, anche se le trame rarefatte degli Autechre ispirano e soprattutto permeano il tutto.

Ai giorni nostri gli Ulver cercano riparo nei teatri più importanti d’Europa. In Italia suoneranno a novembre, il 10 all’Espace di Torino, l’11 al Circolo degli Artisti di Roma e infine, il 12, al Teatro Regio di Parma.

Fate attenzione, saranno giorni di luna piena.

9 canzoni 9… ululando alla luna

Lato A

Eos • Ulver

Panic • Coil

Post Mortem • Spk

Juke Joint Jezebel • Kmfdm

Lato B

Jesus Built My Hotrod • Ministry

March of the Pigs • Nine Inch Nails

Dream Long Dead • Godflesh

Alles Wieder Offen • Einsturzende Neubauten

Kerosene • Big Black

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