“Meglio morto che pentito”. La t-shirt con l’inequivocabile messaggio mutuato dai codici camorristici è in vendita a Castellammare di Stabia nel napoletano. E’ la città in cui il clan D’Alessandro è andato a bussare alla porta della redazione del quotidiano locale, Metropolis, e ad intimidire gli edicolanti, per chiedere che il giornale non venisse venduto e scomparisse dalle esposizioni. Motivo? Il clan non aveva gradito la notizia di prima pagina: “Nozze in carcere del ras pentito”.

La parola “pentito” attribuita a uno di loro ha fatto scattare la reazione. E la netta smentita della sorella del collaboratore di giustizia: “Non è pentito, così mettete a rischio la nostra incolumità”. Il ras in questione è Salvatore Belviso, cugino dei tre figli del boss storico di Castellammare di Stabia, Michele D’Alessandro, nonché imputato dell’omicidio del consigliere comunale del Pd Luigi Tommasino. Un omicidio per il quale la Dda di Napoli ha individuato, catturato e fatto rinviare a giudizio gli esecutori materiali. Ma resta il mistero sul movente, non del tutto chiarito, e su eventuali mandanti esterni.

Proprio Metropolis stamane ha pubblicato la foto di questa maglietta, che nei giorni scorsi era in vetrina in una boutique nei pressi di piazza Spartaco, a poca distanza dalle Ferrovie dello Stato. Zona commerciale e di supermercati, di intenso traffico automobilistico e pedonale. Quella dei negozianti è stata una provocazione? Sono stati mossi dalla voglia di suscitare clamore e pubblicità? Sociologi ed esperti di marketing avranno di che discettare su quella che a prima vista appare come la plastica testimonianza del clima e del brodo di coltura del territorio in cui è maturata una delle più forti intimidazioni alla stampa mai avvenute nella zona.

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