Quando sostenevo, già molti anni fa, che bisognava arrangiarsi da soli e smettere di cedere al cinico ricatto della pensione (per il banale motivo che non l’avremmo mai avuta), venivo sistematicamente attaccato. “Fai del terrorismo!” “La pensione è un diritto acquisito!” A me pareva evidente che chi oggi ha meno di quarant’anni, la pensione non l’avrà, ma sarà vissuto per una vita sotto ricatto, vittima di una truffa di Stato.

La nuova versione della manovra (la terza…) prevede l’annullamento del calcolo degli anni di università e servizio di leva. Non dai denari (e vivaddio!), ma dagli anni. Vuol dire che se avete maturato 40 anni e state per andare in pensione ma nel calcolo ci mettete dentro anche 5 anni di università e 1 di servizio di leva, in pensione non ci andate più. Non ora, almeno. Al massimo fra 6 anni. Forse…

Già… forse. Eh sì, perché di anno in anno le cose cambiano. Un po’ come da bambini, quando la partitella di calcio non finiva fino a che la squadra del più prepotente non aveva pareggiato o segnato il goal della vittoria. Cambia l’età pensionabile: era 40 anni, pensioni baby, quando ho iniziato a lavorare, poi sono diventati 55, poi 60, ora 65, ma Tremonti ammonisce che i primi due anni non viene data. Ma allora dite subito 67 no?! Che fate, prendete per i fondelli? Cambia anche il sistema di calcolo, nel corso del tempo, che vuol dire molti meno soldi in busta (ma quelli versati non ritornano indietro). Ora cambiano anche gli anni di calcolo: fuori università e militare. Domani cambierà qualcos’altro, statene certi.

Il gioco somiglia al paradosso di Zenone: Achille non raggiungerà mai la tartaruga, perché per quanto più veloce di lei, quando lui sarà dov’è lei adesso, lei si sarà mossa, anche di poco. Così per noi, mentre lavoriamo e andiamo avanti nell’anzianità contributiva, le regole cambiano. Quando avremo 65 anni + 2 qualcuno avrà cambiato le regole. Non ne basteranno più 67, ce ne vorranno 70, oppure 75.

Il tutto è legato al fatto che di soldi non ce n’è. Se li sono trinciati e poi rollati e poi fumati durante la Prima Repubblica, quando l’unica cosa che contava era non cadere sotto l’ombrello comunista. A qualunque costo. Dunque mano libera ai politici italiani democristiani e socialisti, alla creazione di un debito pubblico fantastiliardario, al depauperamento sistematico del Paese. Ma c’è anche qualcos’altro, di cui nessuno parla…

Negli Usa lo chiamano Demographic Risk, ovvero l’enorme impatto della generazione nata negli anni ’50 e ’60 (i baby boomer) che si avvicina sempre di più alla pensione. Se vedeste una proiezione demografica la vedreste come un’onda anomala, uno tsunami, che avanza di età in età. Quella generazione è 8-10 volte superiore, per numero di nati, a tutte le generazioni precedenti e seguenti. Una marea di gente che oggi ha circa 49-59 anni. Usciranno tutti insieme dal lavoro: impossibile dare la pensione a tutti. Impossibile rimpiazzarli nei ruoli chiave del Paese (dai medici agli insegnanti, dagli operai specializzati agli artigiani), anche perché nessuno si pone il problema e nessuno corre ai ripari su come passare il know-how da loro a chi verrà.

E’ per quest’onda anomala in arrivo che si cambiano le regole di anno in anno. Si spera così di allontanare almeno il problema. Si spera di tirarla il più in lungo possibile, augurandosi che di baby boomer ne muoiano un po’ lungo la via, mentre rincorrono (ignari) la chimera di un diritto per cui sono stati schiavi una vita intera.

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