Quello relativo al nucleare sembra un argomento in grado di scaldare gli animi come pochi altri. Un tema terribilmente ideologizzato (almeno in Italia, nazioncina che vediamo essere ormai fuori dal tempo, in cui chi afferma che il nucleare è una boiata si sente dare ancora del “comunista”); un argomento che riesce meglio di ogni altro a mostrare come gran parte delle persone, nel Bel Paese, parli solo ed esclusivamente per partito preso. O peggio, per sentito dire. Soprattutto ora che il Forum Nucleare Italiano finge di promuovere un dibattito a riguardo.

Sentire negli anni politici ed economisti di ogni fazione, colore e background culturale affermare che il futuro economico e quello industriale dell’Italia sono legati all’energia nucleare, che questa soddisferà il fabbisogno energetico italiano, o che non è dannosa per l’ambiente, può causare in una persona a cui è rimasto un briciolo di indipendenza di pensiero reazioni di vario tipo: può lasciare perplessi, può far paura, può fare arrabbiare, può far ridere. Dipende dalla propria indole. Pensare che ritrovarsi a produrre delle scorie che rimangono radioattive per migliaia di anni e che nessuno al mondo sa come gestire (visto che non è possibile smaltirle) non sia dannoso o rischioso per l’ambiente, o meglio, per la salute di ogni essere su questa Terra, può far sentire quanto meno presi in giro.

Del resto la nascita di bambini deformi e menomati in prossimità di ogni posto colpito più o meno volontariamente da radiazioni è solo un trascurabile particolare, secondo i più convinti nuclearisti. Gli aborti spontanei verificatisi in prossimità delle centrali atomiche anche. I bambini nati dopo il disastro di Chernobyl (la cui visione in immagini o filmati richiede una notevole forza d’animo e di stomaco) sono solo rari incidenti di percorso sulla strada dell’atomo. E in un paese in cui si è in piena quanto vergognosa emergenza rifiuti (quelli “normali”), di incidenti, di cattiva gestione degli impianti, di discariche abusive dei suddetti rifiuti e chi più ne ha più ne metta, di sicuro non si corre alcun rischio… Se già i rifiuti stanno creando così tanti problemi, anche alla salute delle persone, immaginate cosa potrebbe accadere se un’analoga situazione si verificasse con scorie radioattive. E si verificherebbe, nel Bel Paese.

Moltissimi italiani trovano assurdo pagare una bolletta più salata di un francese o di uno svizzero, anche a causa del rifiuto dell’Italia nel 1987 di non produrre più energia nucleare, quando allo stesso tempo si compra dagli stessi svizzeri e francesi l’energia elettrica che viene pericolosamente prodotta al di là delle Alpi. Pagare di più per condividere gli stessi rischi fa spesso sentire stupidi, come italiani. Quando però si inizia a pensare non per sentito dire, ma con la propria testa, venendo magari a conoscenza di un paio di aspetti non trascurabili riguardanti la questione nucleare, si potrebbe anche cambiare idea (sempre che si sia immuni dalle prese di posizione di cui sopra).

L’energia nucleare, al mondo, soddisfa solo il 7% del fabbisogno energetico, senza considerare il fatto che con l’atomo si può produrre solo energia elettrica, mentre avremmo bisogno (e non solo in Italia) di un ridimensionamento della fornitura energetica su ben più vasta scala. Basti pensare ai trasporti o al riscaldamento.

La costruzione delle quattro nuove centrali di cui da anni straparla il governo del (non) fare, il cui costo sarebbe di oltre trenta miliardi, porterebbe per altri quindici o venti anni non solo a non cambiare la situazione, ma anche a sottrarre tempo ed ingenti somme di denaro (ovviamente pubblico) allo sviluppo ed all’implementazione di altre forme ben più sensate di fornitura (e di risparmio) di energia.

Se durante questi anni si orientassero invece tali risorse verso lo sviluppo delle rinnovabili, o se prima e ancor meglio si usassero questo tempo e questi soldi per rendere più efficiente il sistema energetico attuale, per esempio diffondendo la micro-cogenerazione diffusa – una mossa che potrebbe dare anche alla Fiat molte speranze di sopravvivenza – ufficializzando a livello nazionale la certificazione energetica ecc., non ne beneficerebbero le lobby nucleari, ma i portafogli degli italiani, oltre che la loro salute e qualità di vita.

La microcogenerazione, per esempio, non rende solo il 38% di energia come una grande centrale (senza considerare ciò che si disperde sulle linee elettriche). Oppure, isolare o coibentare una casa in modo appropriato fa risparmiare molto di più delle centrali atomiche, e crea molti meno problemi. E così via. È così assurdo pensare di investire questi trenta miliardi in incentivi e sovvenzioni che ne aiutino lo sviluppo?

Quando si dichiara di volere tornare al nucleare per permettere soprattutto alle famiglie disagiate di avere bollette meno care da pagare, probabilmente non si è o non si vuole essere al corrente di altre forme di “risparmio” energetico. Si sa, in politica tutto ciò che ha senso e che a una persona normale appare perfettamente logico non viene nemmeno preso in considerazione. Ma riuscire a continuare a far credere all’opinione pubblica che è meglio aumentare l’offerta di energia piuttosto che diminuirne la domanda, è un’impresa possibile (guarda un po’) solo a chi detiene il potere su gran parte dei media ufficiali. Un potere che, finalmente, sembra iniziare a sgretolarsi.

Nessuno sembra poi prendere in considerazione un altro aspetto particolarmente importante: quello del “terrorismo”. I media ufficiali occidentali, compresi quindi quelli italiani, hanno speso gli ultimi anni provando ed in qualche modo riuscendo ad inculcarci l’irrazionale paura del cosiddetto terrorismo islamico e dei suoi estremisti. Viene quindi da pensare perché le centrali nucleari ed i loro depositi di scorie radioattive non dovrebbero suscitare quel panico da attacco terroristico che invece dovremmo provare quando prendiamo una metropolitana o un aereo.

C’è poi un altro interessante particolare riguardante l’attuale questione nucleare italiana: il fatto che poche persone stiano provando a decidere deliberatamente di andare contro l’esito di un referendum in cui gli italiani nel 1987 decisero di denuclearizzare il Paese. Un atteggiamento un tantino arrogante, o anti-democratico, direbbero alcuni. Ma forse, nonostante la martellante campagna mediatica pro-nucleare in corso da tempo, i nuclearisti al potere sanno bene che gran parte degli italiani (e delle Regioni, di ogni colore) non sarebbe così contenta di avere un colabrodo di radioattività vicino a casa… Ed è forse per questo che sono così infastiditi dal fatto che un altro referendum sul nucleare si dovrà fare questa prossima primavera (salvo elezioni anticipate).

Ma siccome non ci si può aspettare nulla né da Berlusconi, impegnato com’è nel governare festini e bunga bunga, né da una sinistra che è tutto tranne un’alternativa al governo di veline che ci ritroviamo, ciò di cui abbiamo veramente bisogno in Italia è una nuova coscienza. Dire che bisognerebbe diminuire la domanda di energia piuttosto che aumentarne l’offerta implica il bisogno di una nuova mentalità, che ci permetta di cambiare i nostri stili di vita spreconi, e magari di riprendere in mano non solo il nostro Paese, ma anche le nostre vite. Non vuol dire iniziare a vivere di stenti, ma a fare più attenzione. E questo deve partire da noi. Può sembrare ancora più difficile che gestire delle scorie radioattive, e forse lo è. Ma è anche più possibile, più realizzabile.

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