Cosa sappiamo dell’esplosione del ponte
Sono almeno tre le persone rimaste uccise nell’esplosione di questa mattina sul ponte di Kerch, che collega la Russia alla Crimea. Lo rende noto la commissione d’inchiesta russa nominata da Putin subito dopo la notizie dell’attacco al viadotto. Presumibilmente si tratta di persone che erano a bordo di un’auto che viaggiava vicino al camion esploso. Stando a quanto reso noto, “sono stati recuperati i corpi di due vittime, un uomo e una donna”. Sin da subito Mosca e i vertici russi in Crimea hanno puntato il dito su un camion bomba ucraino. Secondo alcune notizie trapelate è stato identificato il proprietario del mezzo pesante: “Si tratta di un residente del territorio di Krasnodar, sono state avviate azioni investigative nel suo luogo di residenza mentre sono allo studio il percorso del veicolo e la relativa documentazione”, ha affermato la Commissione in una nota. Anche numerosi media ucraini hanno intestare l’atto di sabotaggio ai servizi segreti dello Sbu di Kiev, senza smentite da parte del governo. Tutto questo mentre diversi esponenti di Kiev hanno commentato sui social la notizia dell’esplosione del ponte tra esultanze e ironia. Intanto il premier della Crimea, Sergey Aksyonov, ha annunciato l’inizio immeditato dei lavori per il ripristino del viadotto e dei tratti crollati, assicurando anche la ripresa, già in serata, del traffico ferroviario e smentendo problemi ai rifornimenti nella penisola. Aksyonov ha anche annunciato nel pomeriggio la riapertura al traffico per i mezzi leggeri e gli autobus. E da Mosca arriva anche la notizia che il comando delle operazioni in Ucraina è passato nelle mani del generale Serghei Surovikin. A fine giugno l’intelligence britannica aveva già riferito della nomina di Surovikin a capo del gruppo dell’esercito meridionale (Sgf), al posto del generale Alexander Dvornikov. Già comandante delle truppe russe in Siria e considerato un “falco“, il 55enne colonnello generale è stato finora a capo delle forze aerospaziali. Secondo Londra il nuovo responsabile militare dell’offensiva è “da trent’anni bersaglio di accuse di corruzione e brutalità“.