Subito dopo la lettura dei cartellini che ne avevano decretato la prima sconfitta in carriera, Tyson Fury era subito partito all’attacco: “Voglio la rivincita”. Il campione unificato dei pesi massimi Oleksandr Usyk ha subito acconsentito. E non poteva fare altrimenti. Per un motivo molto semplice: la rivincita era già fissata nel contratto che faceva da base alla sfida di sabato scorso a Riyad. E c’è anche la data: 12 ottobre 2024, stessa ora, stesso posto, ovvero di notte alla Kingdom Arena della capitale saudita. Quindi è tutto già definito? Nella boxe il concetto di imprevedibilità è sempre da tenere presente. Di certo la clausola dovrà essere rispettata, e non solo per una questione contrattuale: non è difficile immaginare, del resto, che il return-match tra Usyk e Tyson Fury comporterà un giro d’affari ancora più considerevole della prima sfida, che, vale la pena ricordarlo, ha avuto un valore storico per il pugilato: dopo 25 anni, infatti, è stata unificata la categoria regina, con un solo pugile a detenere tutte le cinture. Non succedeva dal 1999, ovvero da quando Lennox Lewis sconfisse Evander Holyfield.

Al netto della storia della boxe e dei milioni di dollari che muoverà il secondo match tra l’inglese e il campione ucraino, dal punto di vista tecnico l’incontro offrirà tutta una serie di spunti. Innanzitutto uno: in caso di seconda sconfitta, la carriera di Tyson Fury subirebbe un ridimensionamento forse definitivo. L’inglese ha 35 anni, l’occasione di riprendersi tutte le cinture (con gli interessi) è ghiotta, ma in caso di ko il rischio di non combattere più per i massimi livelli è molto alto. In tal senso, c’è un precedente recente che non gioca a favore del britannico. Olexandr Usyk, infatti, è diventato campione per la prima volta il 26 settembre 20121 sconfiggendo il superfavorito Anthony Joshua a Londra. Per molti si trattò di un caso fortuito, di un incidente di percorso (l’ennesimo) nella carriera di Joshua, che aveva perso le cinture col messicano semisconosciuto Andy Ruiz (poi battuto nel return match). Molti altri, invece, evidenziarono la qualità pugilistica nel successo di Usyk, che aveva dominato e non solo battuto il campione in carica. La conferma arrivò il 22 agosto 2022, un anno dopo, a Jeddah, proprio durante la rivincita prevista dal contratto della prima sfida. Usyk vinse di nuovo, con merito, al netto del tabellino discutibile di un giudice che aveva visto incredibilmente vittorioso il britannico. E con la seconda sconfitta di seguito la superiorità del cosacco fu chiara davvero a tutti, con la carriera di Joshua (che oggi ha 34 anni) a imboccare se non la strada del tramonto, di certo quella di un ridimensionamento (che continua tuttora).

Ricapitolando: Joshua favorito, poi sconfitto, chiede la rivincita, perde di nuovo, ridimensionamento (forse definitivo). È ciò che rischia anche Tyson Fury? Difficile dirlo dopo aver visto il match di Riyad. Fino alla ottava ripresa il britannico era in totale controllo del match, poi completamente stravolto dal gancio sinistro di Usyk, che alla fine ha vinto ai punti. Cosa potrà succedere nella rivincita? Molto presto per dirlo, anche perché bisognerà capire quando saliranno sul ring (non è detto che la data del 12 ottobre venga rispettata) e in che condizioni fisiche sarà Tyson Fury. Che al contrario del connazionale Anthony Joshua ha un precedente migliore con le rivincite. Il riferimento è alla triade contro Deontay Wilder: prima sfida in pareggio (contestatissimo), secondo match vinto da Fury, terzo stradominato da Gipsy King. Il quale, però, a ottobre partirà sfavorito contro il campione unificato. Che si chiama Olexandr Usyk e non ha nessuna intenzione di mollare le cinture.

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