È accusato di aver usato l’auto blu per portare il gatto dal veterinario. Ma anche di aver inviato l’autista da Cefalù fino a Palermo per consegnare un bidone di benzina alla moglie rimasta in panne, per accompagnare il suo factotum o per farsi portare due teglie di pasta al forno il giorno del suo compleanno. Sono queste le contestazioni avanzate dalla procura di Palermo Gianfranco Micciché, già ministro con Silvio Berlusconi e presidente dell’Assemblea regionale siciliana. All’attuale deputato regionale di Forza Italia è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù: è indagato per peculato, truffa e false attestazioni. Miccichè è accusato di aver utilizzato per fini personali l’auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali. L’indagine nasce da accertamenti più ampi su reati contro la pubblica amministrazione commessi da politici regionali. Miccichè ha negato ogni addebito: “Io e il mio staff abbiamo sempre lavorato ed agito con la massima trasparenza e rigore. Sono pronto a chiarire tutto davanti gli organi competenti”.

L’indagine per droga – L’utilizzo anomalo dell’auto blu da parte di Miccichè era emerso da un’indagine per spaccio di droga. Gli investigatori avevano fotografato il politico a bordo del veicolo istituzionale mentre si recava a Villa Zito, noto ristorante palermitano, per acquistare dosi di cocaina dal gestore, Mario Di Ferro, arrestato per spaccio nel 2023. Ora la procura di Palermo contesta a Miccichè di aver confermato le false missioni di servizio dichiarate da Maurizio Messina, dipendente Ars che gli faceva da autista. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro. Il gip ha disposto il sequestro di 2138 euro a carico dell’ex presidente dell’Ars: si tratta del costo dell’utilizzo improprio dell’auto blu.

E Miccichè dice: “Me la possono sucare” – Ma Miccichè non sembrava preoccupato, neppure dopo la pubblicazione delle notizie sull’inchiesta sul pusher che riforniva il politico. “Stai tranquilla che sul peculato, proprio, na puonnu (ce la possono, ndr) sucare altamente”: diceva il deputato regionale, tranquillizzando una delle sue collaboratrici preoccupata che l’attenzione degli inquirenti fosse concentrata sul suo impiego del veicolo. “Ma non ci sono dubbi, ma dai! Ma dai, ma se solo ascoltassero tutte le volte in cui abbiamo fatto attenzione all’utilizzo della macchina, ma veramente spero che abbiano ascoltato le telefonate, te lo giuro, non facevo altro che dirglielo: ‘mi raccomando, mi raccomando'”, diceva lei. E Miccichè rispondeva: “Di più, infatti” . Ma per il gip la conversazione è un tentativo “maldestro di far apparire come corretto l’utilizzo dell’autovettura di servizio che in realtà finisce per corroborare in via ulteriore la distrazione dell’autovettura, attuata in via prolungata”.

33 viaggi a sbafo – La procura contesta al politico di aver usato in maniera illecita l’Audi della Regione per 33 volte, tra marzo e novembre del 2023. L’avrebbe usata per fare viaggi privati, visite mediche, ma anche per accompagnare – nel tragitto Palermo – Cefalù e viceversa – i componenti della sua segreteria, familiari e persone assunte nello staff politico e in realtà impiegate nelle più disparate mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione. Secondo l’accusa il veicolo è stato utilizzato per portare al politico la cocaina e per fargli recapitare il cibo acquistato al ristorante dell’amico Di Ferro. L’Audi faceva la spola tra Palermo e Cefalù anche per fare avere a Miccichè medicine e oggetti vari. Il gip scrive chiaramente che Miccichè aveva “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura”. Secondo il giudice il deputato ha adibito il suo autista, dipendente dell’Ars “di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore”. Gli elementi raccolti, secondo il giudice, “restituiscono un quadro a dir poco desolante, caratterizzato da un costante piegamento all’assolvimento di interessi del tutto privati di un bene in dotazione a una pubblica amministrazione e con una regolamentazione del suo utilizzo a destinazione pubblicistica”. Per il gip Micciché “serbando il tipico atteggiamento ‘uti dominus‘ sulla vettura di servizio, si è di fatto appropriato della stessa non solo a suo piacimento del mezzo e del relativo autista per le più varie esigenze di carattere personale ma consentendo anche che ne disponessero un analoga maniera i suoi familiari (la moglie) e i suoi collaboratori domestici”.

La pasta al forno in auto blu – Nell’ordinanza dell’inchiesta il gil scrive che “rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell’autovettura), Miccichè disponeva che l’autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un “bidone di benzina” o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell’iPad”. “Così, nei 33 episodi considerati, non v’è chi non veda – prosegue il giudice – come sia stata sviata la funzione istituzionale dell’automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione, consentiva all’autista di ottenere una retribuzione supplementare per l’attività effettuata). Non c’è da stupirsi, allora, che l’autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall’arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l’uso e l’abuso dell’auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: ‘Presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare“. Erano i giorni successivi all’arresto del ristoratore Mario Di Ferro e l’autista si sfogava con una sua amica: “Mi siddiò (mi sono stufato ndr), finiu l’America, pi tutti”. La donna rispondeva: “Io ti direi di non rischiare in questa situazione”. “Ora vediamo – rispondeva lui – parlo chiaro ‘Presidente, questo non lo possiamo fare”. Secondo gli investigatori per 76 volte l’ex ministro di Silvio Berlusconi ha confermato missioni mai effettuate dal suo autista, coindagato con l’accusa di truffa, facendogli ottenere rimborsi che andavano da meno di cento a quasi 400 euro. Condotte che comportano per il politico l’accusa di truffa in concorso. L’autista, infine, per 209 ore totali avrebbe dichiarato la propria presenza in servizio mentre era a giocare al Bingo o da amiche, intascando i soldi dell’intera giornata lavorativa pur essendosi assentato e avendo dunque coperto un orario inferiore. La somma illecitamente guadagnata si aggira attorno ai 10mila euro.

La preoccupazione dei collaboratori – Che ci fosse preoccupazione sull’indagine si coglie anche da una conversazione della collaboratrice con il factotum del politico: “Non è che Maurizio (l’autista del deputato ndr) può andare là (a Cefalù, ndr) a portare i farmaci, ci dobbiamo scordare questo sistema…”. “Stanno indagando, è venuta la Finanza in Ars e starebbero…stanno facendo, a quanto pare, una verifica sull’utilizzo delle auto blu, cosa che avresti voluto tu alla fine della legislatura”, tornava a dire allarmata la donna.

“Prassi delittuosa consolidata senza controlli” – L’indagine si è basata anche sull’analisi dei dati del gps dell’auto blu assegnata al deputato, come previsto il regolamente dell’Ars per tutti gli ex presidenti dell’Assemblea che sono anche deputati in carica. Dai lavori dell’Ars è emerso che la necessità di ripristinare la previsione di un’auto di servizio a beneficio dell’ex presidente dell’Ars che sia anche deputato regionale fosse stata sollecitata dallo stesso Miccichè, quando era presidente dell’Assemblea, abolendo la regola della preventiva richiesta di autorizzazione, fino a quel momento in vigore. Il giudice ha sottolineato l’inesistenza di controlli da parte di Palazzo dei Normanni. “La sicurezza dell’impunità dal punto di vista disciplinare ed amministrativo ha portato – e presumibilmente continua a portare – gli indagati a tenere comportamenti abusivi con modalità plateali, connotati, come si è visto, dal non preoccuparsi minimante dell’uso e dell’abuso che dell’autovettura è stato fatto. Dinanzi a tale quadro si constata l’inefficacia o inesistenza dei controlli spettanti ai vertici amministrativi dell’ente, con la conseguente assoluta libertà degli indagati di autodeterminarsi in ordine all’utilizzo dei mezzi messi a loro disposizione fino all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa o l’allontanamento illegittimo dal posto di lavoro”. Il gip sottolinea poi che “le condotte poste in essere dagli indagati, peraltro estremamente recenti, non hanno mancato di evidenziare profili di pressocché costante ripetitività, tanto da costituire, come più volte sottolineato, una vera e propria prassi delittuosa consolidata”.

Micciché: “Io innocente, non capisco il divieto di dimora” – Il diretto interessato ha negato le accuse: “Mai portato il gatto dal veterinario con l’auto blu, questo è certo. Se ci sono stati altri episodi saranno chiariti. Ho la sensazione che questa vicenda sia la prosecuzione del massacro mediatico che ho subito qualche mese fa”, dice Miccichè. “Sinceramente – ha aggiunto – non capisco il divieto di dimora a Cefalù, lì c’è la casa dove vivo e dove sono residente. L’auto blu raggiungeva Cefalù solo per venirmi a prendere a casa e portarmi in Assemblea”.

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