di Enza Plotino

Arriva un “monarca” nei Parchi naturali. E’ stata incardinata in Commissione Ambiente del Senato, primo firmatario il senatore di Fratelli d’Italia, Gianni Rosa, la proposta di riforma della legge 394 del ’91 sulle aree protette. Una legge che, quando è entrata in vigore, nel 1998, ha rappresentato una svolta importante nella tutela di vaste aree naturali sensibili del Paese, legiferando la loro protezione dall’aggressione antropica e cementifera.

Con la riforma presentata in Senato, la finalità di preservare l’habitat naturale e la biodiversità della nostra penisola, garantendo uno sviluppo ecosostenibile di aree anche molto fragili del territorio italiano, attraverso un sistema democratico di gestione laddove, con la legge 349, concorrevano al piano decisionale, vari organismi di vertice e di controllo, viene meno e si delinea un sistema in cui il Presidente dell’Ente parco diventa il “monarca” assoluto. Infatti, la questione che salta agli occhi ad una prima lettura delle modifiche alla 394 è l’eliminazione del sistema di “pesi e contrappesi” e la creazione di una figura del presidente che concentra su di sé tutto il potere sia di indirizzo che di gestione. Un “mostro” giuridico.

Si parte dalla nomina del presidente stesso, che prevede per la Regione (o le Regioni coinvolte) solo la possibilità di dissenso sulla terna di nomi “esplicitando le ragioni che motivano il diniego dell’intesa con specifico riferimento a ciascuno dei nomi ricompresi nella terna”, proposta dal ministro. Ma questo dissenso non è ostativo o vincolante poiché il Ministro può andare avanti con la nomina anche con il “dissenso” delle Regioni. Ad accrescere il potere nelle mani del Presidente concorre anche la soppressione del Consiglio direttivo, un organismo che nella legge 394 era deliberante e chiamato ad esprimersi attraverso una votazione su indirizzo e gestione. Rimane la Comunità del Parco alla quale vengono affidate alcune prerogative del Consiglio direttivo, limitatamente al Piano del Parco, di cui la Comunità del Parco continua ad avere, ancora di più nella riforma (vista la soppressione del Consiglio direttivo) un ruolo preponderante.

Da una prima analisi si ha la netta sensazione che venga meno completamente il pregio della Legge 394 di aver voluto ben armonizzare le competenze tra Stato e Regioni, di aver mantenuto un bilanciamento dei ruoli coerente con una democrazia e di aver creato le condizioni per cui anche in una materia sensibile come la protezione di vaste aree del Paese, non si determinasse un accentramento dei poteri in un unico “monarca”. Con questa riforma si vuole smantellare proprio quell’ingranaggio delicato e democratico che distribuisce le responsabilità decisionali, accrescendo l’egemonia del singolo. Nessuno di noi pensa che la Legge 394 sia intoccabile, poiché tutto è cambiato da quel lontano 1998.

Ma certo nessuno di noi pensa che l’accentramento di poteri sia il cambiamento primario di cui questa legge ha bisogno!

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