Il Consiglio nazionale dei notai ha reso noti i dati relativi alle compravendite in Italia nel 2023. Si tratta di dati interessanti che impongono una riflessione approfondita.
I notai affermano che nel 2023 sono state rilevate 1.030.507 compravendite immobiliari di fabbricati rispetto alle 1.108.081 compravendite registrate nel 2022, nel 2021 erano state rilevate 1.058.732 compravendite. C’è da rilevare che nel 2021 si veniva dagli anni dell’emergenza sanitaria quando gli atti notarili di acquisto erano stati: nel 2020, 786.599 e 853.247 nel 2019.

Per quanto attiene il settore abitativo e alle compravendite avvenute nel 2023 in questo comparto, si evidenzia un calo delle vendite rispetto al 2022, trend che pertanto continua in ambito negativo anche rispetto al 2021. In particolare, nel 2023 sono state rilevate 547.838 compravendite di fabbricati abitativi rispetto alle 589.486 compravendite registrate nel 2022, un trend negativo anche rispetto alle 628.137 compravendite di immobili abitativi, rilevate nel 2021.

La Regione nella quale vengono scambiati più immobili è la Lombardia, con il 19,52%, seguita dal Piemonte con il 9,29% e dal Veneto con un 9,11%. La Valle d’Aosta, in linea con gli anni precedenti è la Regione ad avere il tasso più alto per compravendite/abitanti, facendo registrare una punta di ben 4.088 compravendite ogni 100.000 abitanti (ma erano state 4340 compravendite ogni 100.000 abitanti del 2022, questo pur essendo la Regione dove avviene la minor percentuale di vendite, lo 0,37% del totale delle compravendite italiane. Seguono la Liguria (con 3.234 compravendite ogno100.000 abitanti) e il Piemonte (con 2.988 compravendite ogni 100.000 abitanti), mentre la Lombardia ha fatto registrare 2.677 compravendite ogni 100.00 abitanti (contro le 2.807 compravendite ogni 100.000 abitanti del 2022).

Dalle tabelle per genere e per fasce d’età sempre relativamente al II semestre 2023, emerge che la fascia d’età in cui viene effettuato un maggior acquisto di fabbricati si conferma quella tra 18-35 anni, con una percentuale nell’intero 2023 pari al 26,67%, in calo a fronte del 28,57% rilevato nel 2022, mentre la fascia 36-45 anni riporta una percentuale del 22,32% (anche qui in diminuzione rispetto al 23,43% rilevato nel 2022 e al 24,79% rilevato nel 2021). L’analisi dei notai evidenzia il dato che ad acquistare sono maggiormente i soggetti nella fascia 18-35 anni, mentre a vendere sono maggiormente i soggetti nella fascia 56-65 anni.

Le tabelle sull’agevolazione prima casa evidenziano che nel 2023 su 547.838 immobili abitativi, ben 278.266, il 50,8% del totale, sono stati acquistati usufruendo dell’agevolazione prima casa. Un dato comunque in riduzione rispetto all’anno 2022, quando su 589.486 immobili abitativi, 313.147, il 53,12% del totale, erano stati acquistati usufruendo dell’agevolazione prima casa.

Questi dati sulle compravendite come si relazionano con le erogazioni di mutui? Anche su questo il Consiglio nazionale dei Notai fornisce dati interessanti.

Il 2023 vede un netto calo dei mutui. Il numero dei mutui vede il 2023 caratterizzato da una netta flessione di circa il 26%, un dato inferiore, addirittura, a quelli pre-pandemia. Infatti nel 2023 sono stati erogati circa 322.000, a fronte di oltre 435.000 nel 2022 e 386.000 nel 2019. Sono le regioni Lombardia e Friuli Venezia Giulia le regioni dove si fa maggiore ricorso al credito anche se a posizioni invertite rispetto al 2022.

Nel 2023 la Lombardia primeggia con una media di 767 finanziamenti ogni 100.000 abitanti, che supera di poco il Friuli-Venezia Giulia che si ferma ad una media di 754 finanziamenti ogni 100.000 abitanti, attenzione nel 2022 quest’ultima Regione aveva registrato una media di 1.037 finanziamenti ogni 100.000 abitanti. Al terzo posto sale la Valle d’Aosta, che supera di poco l’Emilia Romagna. Fanalino di coda sempre la Calabria.

Questi dati ci riportano ad una realtà che, al di là delle suggestioni del governo, continua a mandare segnali preoccupanti. Del resto il forte calo delle compravendite, unito alla riduzione significativa degli importi dei mutui, combacia con la condizione economica generale delle famiglie, sulle quali, nel settore della compravendita, solo in parte incide l’aumento dei tassi di interesse sui mutui. In realtà a fronte di una popolazione che già al 78% è proprietaria di almeno prima casa, la restante popolazione in gran parte è in grave disagio abitativo sociale ed economico.

Se è vero che circa 1 milione di famiglie sono in povertà assoluta in affitto; che 4 milioni di lavoratori sono poveri pur lavorando, se 650.000 famiglie hanno redditi così bassi che possono solo partecipare a quella lotteria che si chiama bandi per case popolari, se, infine, 40.000 famiglie ogni anno subiscono una sentenza di sfratto al 90% per morosità incolpevole. Davvero ci stupisco i dati resi noti dai notai?

Siamo dentro una bolla immobiliare speculativa che non consente l’accesso non solo all’affitto ma anche all’acquisto. Se si volesse affrontare la criticità di famiglie monoreddito o con redditi precari, anche pensionati a basso reddito, (alle quali ovviamente il sistema bancario non eroga mutui) servirebbe un intervento shock. Perché a livello di governo e di forze parlamentari non si pensa a prevedere che sia Cassa Depositi e Prestiti, pubblica, e che raccoglie il risparmio postale, guarda caso di pensionati e lavoratori, a erogare mutui con un tasso di interesse all’’1% o anche meno e con rate sostenibili a famiglie con redditi bassi, precari o da pensione?

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

La Commissione Ue alza le stime per la crescita italiana 2024 a + 0,9%. Soffre la Germania che si ferma a + 0,1%

next
Articolo Successivo

Unicredit: “Stipendi italiani calati dell’8% in 4 anni”. Pesano l’assenza di un salario minimo e rivendicazioni timide

next