di Antonio Deiara

Una delle più perfide menzogne sulla scuola, utilizzata a piene mani dalla destra delle peggiori ministre della Pubblica Istruzione, Letizia Moratti e Mariastella Gelmini, è l’eccessivo peso della spesa per la scuola sul bilancio dello Stato.

La “spesa”, o meglio gli “investimenti” per la formazione delle nuove generazioni, quindi per il futuro dell’Italia, in realtà devono essere calcolati non come cifra assoluta ma in percentuale rispetto al Pil. Il confronto tra le percentuali di Pil destinate alla scuola da parte dei diversi Paesi europei ci permette di comprendere quanto un governo, al di là delle chiacchiere destituite di fondamento, voglia curare concretamente l’istruzione di bambini, ragazzi e giovani.

I dati veri, pubblicati dalla testata OrizzonteScuola l’11 maggio 2024 in un articolo firmato da Antonio Fundarò, infatti, raccontano un’altra storia rispetto alle fake governative: “L’Italia investe il 4,2% del suo Pil nell’istruzione, che è inferiore alla media Ocse del 5,1%. La spesa per studente è di 11.400 Usd, rispetto alla media Ocse di 12.600 Usd. Questo indica una minore disponibilità di risorse finanziarie per gli studenti e le istituzioni educative rispetto ad altri paesi Ocse. […] Paesi come la Svezia e la Danimarca superano il 6% del Pil investito in istruzione, riflettendo un forte impegno nei confronti dell’educazione pubblica e un investimento sostanziale nei sistemi educativi”.

Mi permetto di ricordare che il Pil dell’Italia è pari a 1.900 miliardi di euro; un punto di Pil, pertanto, vale 19 miliardi di euro. Il nostro Paese, quindi, per adeguare l’investimento sulla scuola almeno alla media “dignitosa” degli Stati europei, dovrebbe aggiungere 17 miliardi e 100 milioni di euro annuali all’attuale budget. Se, invece, il modello fosse quello virtuoso di Svezia e Danimarca, per raggiungere il 6% del Pil il nostro Paese sarebbe costretto a stanziare 34 miliardi e 200 milioni di euro in più.

Dove prendere i soldi necessari? Se si avesse la volontà di agire, il catalogo è questo: tassare gli extra-profitti di banche, assicurazioni, petrolieri, venditori di armamenti e industrie farmaceutiche; recuperare le tasse non pagate senza nuovi condoni ma con i controlli incrociati, secondo il modello che mette in gioco “stile di vita” e reddito dichiarato. Ovviamente, ripristinare il taglio dei vitalizi e congelare la restituzione di quelli cancellati dal governo Conte ai politici pregiudicati come Formigoni; confiscare i beni ai corrotti e ai corruttori, etc.

Visti i dati reali sulla percentuale Pil spesa dal governo, in carica “pro tempore”, per la scuola, lancio una sfida alla premier Meloni e al ministro Valditara: poiché il meglio è nemico del bene, avete il coraggio di mantenere quantomeno le cattedre e i posti Ata esistenti oggi a organici invariati per l’anno scolastico 2024-2025, e diminuire il numero di alunni per classe nei prossimi anni scolastici, fino alla fine della legislatura? Parliamo di un Decreto Legge da promulgare prima delle Elezioni Europee.

Qualora non venisse promulgato, capiremmo in tantissimi, elettrici ed elettori, che il non aver diminuito gli organici per il 2024/25 è solo una mossa elettorale, finalizzata a “catturare” i voti di oltre un milione di docenti e personale Ata. E, “in cauda venenum”, per il 2025/26 prevederei una mattanza di posti di lavoro nelle scuole di ogni ordine e grado, “stile” Berlusconi-Gelmini: ricordiamoci del taglio di 100.000 docenti e 45.000 applicati di segreteria e collaboratori scolastici e della nascita di classi-pollaio, brodo di coltura del bullismo, e istituti-monstre ingovernabili…

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