Francesco Paolo e Leonardo Palmeri, arrestati nell’operazione di oggi della Dda di Palermo, si “stavano interessando anche del versante politico”. Per questo motivo il 14 settembre del 2020 incontrano Davide Faraone, senatore di Italia Viva, considerato un vero e proprio console di Matteo Renzi in Sicilia. Alla fine, però, Faraone si rifiuterà di aiutarli: va sottolineato che il senatore è completamente estraneo alle indagini. Un incontro mediato da un altro renziano, Felice Coppolino, presidente regionale della Unicoop Sicilia, molto noto a Palermo, anche lui estraneo all’inchiesta.

Ma chi sono esattamente i fratelli Palmeri? Accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio, secondo le indagini sono loro ad acquisire “la titolarità esclusiva delle quote sociali della società Grande distribuzione Sicilia s.r.l., società alla quale invece partecipavano in modo occulto anche Salvatore ed Andrea Angelo, Antonio Vincenzo Lo Piccolo e Bartolomeo Anzalone (anche loro arrestati oggi ndr), costituita al fine di acquisire la titolarità dei supermercati a marchio Coop aperti nel territorio della Sicilia occidentale”. Supermercati e non solo: “La società ha anche il fine di realizzare altro genere di investimenti a Castelvetrano”, scrive la gip Antonella Consiglio. Per questo i Palmeri parlano con Stefano Dall’Ara, direttore generale delle partecipate Coop che dà loro una delusione: è cambiata la dirigenza e l’affare non si può più fare.

Nonostante l’accordo di assumere il fratello di Faraone, stando a quanto riferito da Leonardo Palmeri a Dall’Ara, in una conversazione intercettata: “Alla notizia replicava precisando – si legge nell’ordinanza – che tra gli accordi propedeutici alla stipula del contratto di acquisizione del marchio Coop vi era anche l’eventuale assunzione del fratello del Senatore del movimento politico Italia Viva Davide Faraone ovvero Gianluca Faraone, già presidente di Coop Alleanza Sicilia”.

“Il dato che deve essere qui evidenziato è che i fratelli Palmeri hanno partecipato alla riunione con un esponente politico di livello nazionale accompagnati da Bartolomeo Anzalone, loro socio occulto nonché pregiudicato per gravi delitti commessi in concorso con Giovanni Domenico Scimonelli (imprenditore nel settore della distribuzione alimentare vicino a Matteo Messina Denaro e condannato per associazione mafiosa e omicidio). Nei giorni successivi, come si è anticipato, si apprendeva che il Senatore Faraone non era intenzionato a fornire il proprio appoggio all’operazione dei fratelli Palmeri”, scrive la giudice. “Ci hanno ‘infamato’, ti hanno ‘infamato’, ti hanno ‘infamato’ e non sappiamo quello che ha raccontato questo bastardo alla Coop per non darti più confidenza, gli ha dovuto dire sono mafiosi, questi hanno Palermo in mano, hai capito cosa dico, hanno tutte cose”, diceva intercetatato Anzalone, chiamato anche “il ministro degli esteri”, con Leonardo Palmeri. Erano queste le cause che avevano fatto saltare l’accordo con la Coop, secondo Anzalone.

D’altronde, era lui stesso a sostenere come le forze dell’ordine gli stessero addosso perché convinti che lui potesse condurli da Messina Denaro, all’epoca latitante. “Questo lo sai a chi appartiene? Al gruppo di Ultimo” quelli che cercano i latitanti”, diceva sempre l’uomo. E Palmeri: “Cercano qualche latitante importante … solo quello è”. Intanto, l’incontro infruttuoso era avvenuto tramite altri passaggi: “Le intercettazioni telefoniche e ambientali si dimostravano determinanti per identificare tutti i soggetti a vario titolo coinvolti in questa nuova manovra Palmeri infatti si rivolgeva al pregiudicato carinese Tommaso Scalici, gestore del Bar Manhattan Cafè 48 all’interno del centro commerciale Poseidon, lo stesso Scalici fungeva da tramite per un incontro con una persona vicina a Renzi, poi identificata per il palermitano Felice Coppolino, presidente regionale della Unicoop Sicilia. Sarà proprio quest’ultimo a mediare a sua volta un incontro tra i fratelli Palmeri e Faraone che poi rifiuterà di dare il suo appoggio ai Palmeri”.