Da “Bronx” a isola felice. Un rione nato per essere auto servito e che sta vivendo una grande evoluzione. È la storia del quartiere popolare a sud di Trieste, Borgo San Sergio, progettato negli anni ’50 come cellula urbana autosufficiente e popolare, dove lo spazio dell’ex Casa del Popolo è diventato un cantiere progettuale permanente e inclusivo. Tutto grazie a un progetto gestito dalla cooperativa La Collina che, a partire dal 2022, ha promosso attività collettive, socializzanti e pre-professionalizzanti per un gruppo di ragazzi e ragazze under 35 in difficoltà. In poco più di un anno sono stati realizzati interventi di manutenzione, sono stati riorganizzati gli spazi interni e promosse le nuove attività, trasformando la Casa del Popolo “Palmiro Togliatti”, centro della comunità operaia nata nel 1972, in un laboratorio a cielo aperto.

Fin dagli anni ’70, infatti, gli operai delle vecchie fabbriche (San Marco, Arsenale, Porto) vennero ad abitare nel quartiere, aggiungendosi ai lavoratori della zona industriale e a numerose famiglie di esuli istriani. È stato questo il successo della Casa del Popolo: un luogo dove dialogare, discutere e socializzare perché, di fatto, “non esisteva in quel momento un’istituzione popolare che rispondesse al meglio a questa esigenza”, spiega Luca Gabrielli, tra i responsabili dello spazio.

Dopo anni di inattività, nel 2020, la struttura oramai abbandonata è stata acquisita dalla cooperativa con un progetto di ristrutturazione e rilancio. Lo spazio situato nella periferia sud-est della città, in un’area disomogenea e ricca di contrasti dal punto di vista urbanistico, è diventato così il luogo per mettere in pratica nuove e specifiche azioni per contrastare la povertà educativa e rafforzare le azioni di accompagnamento al lavoro per adolescenti e giovani adulti.

I primi percorsi attivati si sono incentrati su una serie di piccoli interventi di manutenzione degli spazi e sulla ri-progettazione degli arredi interni ed esterni. Il gruppo di lavoro è composto da ragazzi dai 20 ai 30 anni, tutti con un passato difficile alle spalle. C’è chi ha una storia di adozione e problemi di tossicodipendenza, chi con diagnosi psichiatrica, chi è seguito dal centro di salute mentale o dal dipartimento delle dipendenze. Grazie ai lavori sono state effettuate manutenzioni straordinarie, come la tinteggiatura integrale di pareti, soffitti, infissi, il rifacimento di intonaci interni, la verniciatura delle porte e la sostituzione delle serrature. Oggi lo chiamano Strambo, un “cantiere progettuale permanente e inclusivo”, dove è stato curato il verde, sono state costruite aiuole con erbe aromatiche, sono stati ridefiniti gli spazi per il centro estivo e quello per la ristorazione.

Il primo lotto di spazi rigenerati ha ospitato infatti il progetto “Che fare a Borgo #minori”: un’iniziativa educativa sperimentale per giovani in situazioni a rischio di marginalità scolastica e sociale dagli 11 ai 14 anni, con una serie di esperienze diffuse e itineranti, tra visite ai musei, gite, laboratori di artigianato 2.0. I ragazzi, scelti con la collaborazione dei servizi sociali del Comune e dell’Istituto Comprensivo Valmaura, sono accomunati da un contesto sociale e familiare altamente svantaggiato, contraddistinto da povertà educativa, scarsità di stimoli, incuria genitoriale e difficoltà economiche. C’è chi ha perso il padre a 6 anni, chi ha genitori con problemi di dipendenza da alcol, chi è figlio di genitori occupati tutto il giorno da una serie di lavori precari, chi è stato sfrattato e ora vive con la nonna. “Il camp ha dato loro un’alternativa fatta di attività, esperienze pratiche, sperimentazione, cura, presenza e ascolto – ricorda Luca –. I ragazzi e le ragazze ospitate hanno fatto gite in posti che non avevano mai visto, conosciuto nuove persone, sperimentato e costruito oggetti, piantato piante, disegnato, personalizzato la struttura e preso parte a un progetto che è nato con loro e che tutt’ora ha bisogno del loro contributo e della loro presenza per continuare”.

Tra i servizi più apprezzati in questi mesi c’è il doposcuola gratuito per le famiglie fragili del quartiere. Ma gli obiettivi futuri sono ambiziosi: l’attivazione di un servizio di ristorazione e di ospitalità sociale; l’attivazione di un laboratorio permanente, ibrido e multifunzionale dove svolgere attività educative, culturali, artistiche; lo sviluppo di una falegnameria e di un centro di autoproduzione. Iniziative che fanno dell’ospitalità e della determinazione il motto per rafforzare la proposta culturale del territorio. Perché, come si legge nel murales che campeggia all’ingresso della Casa, dipinto dagli stessi ragazzi, “l’amicizia è un posto sicuro”.

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